Bastonata nel giro di quattro giorni dalla Juventus in Coppa Italia e dal Milan nel derby di campionato, l'Inter sembra tornata improvvisamente quella squadra senza capo ne coda delle ultime stagioni. Addio sogni di gloria, tutti colpevoli, ma l'Italia pallonara e in gran parte anche quella interista, ha deciso che uno sia il più colpevole di tutti. Si chiama Roberto Mancini. Incapace, viziato, presuntuoso, maleducato e...  sì, anche un po' frocio. E lui, il signor Mancini, invece di considerare l'epiteto, rivolto a mò di insulto da un collega che dice di leggere Bukowski, come una normale cosa di campo, si è anche permesso il lusso di denunciare l'accaduto in televisione.

Domenica sera i tifosi del Milan lo insultano a loro volta dopo l'espulsione nel derby e lui che fa? Invece di ringraziare con un bel sorriso, alza il dito medio. Veramente scostumato. Anche se poi ammette l'errore senza se e se ma e chiede scusa. No, le scuse valgono solo per gli altri, quelle del Mancio non possono essere sincere. Intervenga la Federcalcio, tuona il Codacons. E non finisce qui. Perché poi il tecnico dell'Inter sbaglia per davvero quando risponde male alla collega Michaela Calcagno (alla quale ha chiesto scusa nel modo più cavalleresco: con dei fiori) di Mediaset che cercava di capire se Icardi nel derby avesse tirato il rigore sul palo per colpa di Mancini che dopo il Carpi lo aveva attaccato per un gol sbagliato, dicendo che lui, a 50 anni, lo avrebbe segnato. Sì sono tutti, giustamente, indignati per la risposta villana. Come mai però quando la stessa collega era stata sbeffeggiata in diretta da altri due importanti allenatori, non abbiamo assistito alla stessa crociata?

Roberto Mancini ha un carattere forte, si piace, sa di essere stato un fuoriclasse in campo, pensa anche di essere un grande allenatore. Come si fa per capire se sia vero? Basta guardare l'almanacco, strumento che parla attraverso i numeri. E i numeri dicono che dovunque abbia allenato, il Mancio abbia vinto. Anche l'Inter del Triplete forgiata da Mourinho aveva le basi gettate dallo jesino. “Vincere aiuta a vincere” disse nel lontano 2004 quando arrivò alla corte di Moratti che sino a quel momento aveva alzato solo una Coppa Uefa. Poi la storia la conosciamo, Calciopoli pure, e in casa Inter sono finalmente arrivati scudetti, Coppe Italia e supercoppe nostrane. Nel 2008 il rapporto si interruppe e pure in malo modo dopo l'autoesonero seguito all'eliminazione in Champions League ad opera del Liverpool, ma Roberto Mancini è stato poco tempo senza lavoro. Il Manchester City, da sempre succube perdente dello United, lo sceglie per riscrivere la storia della città patria degli Oasis. Fortuna volle che il club fosse in mano agli sceicchi, è vero, ma è stato Roberto Mancini il tecnico del City campione d'Inghilterra dopo 50 anni. Ha vinto anche al Galatasary, ha guadagnato tutto quello che ha voluto, poteva oziare o lavorare a seconda dell'umore giornaliero. E invece che fa questo signore sempre elegante, con il sorriso beffardo e il ciuffo da ragazzino? Dice sì al cuore. Per metà blucerchiato e per metà nerazzurro.

Il presidente Thohir lo chiama al capezzale della creatura malata che nessuno voleva più vedere guidata dal predecessore, lo informa che a causa del Financial Fair Play non sarebbe stato possibile acquistare Messi e Cristiano Ronaldo , che in Italia gli stadi sono sempre più vuoti, che chi dirige il nostro calcio e spesso impegnato nelle aule di tribunali. Motivi per dire: no grazie. E invece Roberto Mancini accetta spiegando: “Non avrei mai pensato di tornare a Milano, ma se ti chiama l'Inter non puoi dire di no”. Di colpo riporta entusiasmo, un pò meno i risultati, all'Inter del dopo Mazzarri bisognava ricostruire una mentalità, sia in campo che nella stessa società. Ci voleva tempo. È vero, Mancini ha voluto all'Inter giocatori poi bocciati senza appello. Lui ti ama e poi ti scarica, forse anche in modo un pò infantile, se si accorge che, nonostante il nome, non sai stoppare il pallone. Ma intanto ha riportato l'Inter al centro del villaggio, come diceva qualcuno. Se Mancini alza il telefono l'interlocuore ascolta, prepara la valigia e si veste di nerazzurro . Sempre che l'operazione sia in linea con i parametri economici imposti della società.

Non è merito da poco, tant'è che dopo una estate passata a suon di sconfitte, l'Inter ha azzannato il campionato che guidava da prima in classifica fino allo scorso 6 gennaio. Poi un crollo difficilmente o facilmente spiegabile. Fate voi. Ma l'allenatore elogiato per aver intuito come fosse necessario cambiare spesso formazione e modulo per sorprendere l'avversario, che aveva costruito una squadra che, pur oggettivamente inferiore ad altre, riusciva a vincere una marea di partite per 1-0, che ha riportato 40 mila tifosi di media al Meazza, ora è divenuto la causa di tutti i mali. In sei mesi non ha dato un gioco alla squadra, abbiamo letto ieri su un importante quotidiano sportivo. I continui cambi hanno tolto certezze ai giocatori con cui litiga pure e rompe così il giocattolo. Tutto facile, dunque. Abbiamo trovato il colpevole. Come colpevoli sono tutti gli allenatori dell'Inter che non vincono. Ma anche un certo Mourinho faceva storcere il naso a qualcuno, pure interista, nonostante i trionfi in serie.

Roberto Mancini sta sicuramente sbagliando, come tutti quelli che lavorano. Ma l'Inter è ad un punto dal terzo posto, obiettivo dichiarato a inizio stagione. A mio avviso Roberto Mancini resta la chiave giusta per tornare a vincere. Da stasera contro il Chievo, anche se non sarà in panchina. Basterebbe avere un pò di pazienza. Sperando che continui ad averne anche lui. Gli avanti un altro tanto per, all'Inter, finora hanno prodotto solo danni.

 

 

 

Sezione: Editoriale / Data: Mer 03 febbraio 2016 alle 00:00
Autore: Maurizio Pizzoferrato
vedi letture
Print