Si fa presto a parlare di senso di appartenenza. A due giorni da Juventus-Inter, l'argomento torna prepotentemente alla ribalta chiamato in causa dalla supersfida che mette di fronte due nobili del calcio italiano che aderiscono a valori inalienabili profondamente diversi. Da una parte la Vecchia Signora, la squadra più tifata e odiata del belpaese, che vanta il maggior numero di titoli nazionali, e che dagli anni '20 è guidata dalla dinastia Agnelli; dall'altra la Beneamata, il club che si fregia orgogliosamente di non essere mai retrocesso in Serie B, e che dopo aver vissuto l'era Moratti spera di aver trovato in Suning una famiglia tanto munifica quanto legata alle tradizioni dei Bauscia.
E proprio da questa espressione dialettale, che tradisce le radici dei nerazzurri, deve cominciare il recupero delle tradizioni da parte della proprietà cinese, che ha per le mani un potere economico talmente sterminato da poter dare un senso differente a un termine che in passato è apparso spesso vanaglorioso (il significato letterale è sbruffone).
Dopo tanti anni, Zhang Jindong può dare concretamente forma ai sogni di gloria di milioni di tifosi nerazzurri che hanno fermato il tempo del massimo godimento al maggio 2010, a quel Triplete che può essere definito come la madre di tutte le rivincite contro le angherie nemiche e il destino funesto. Quel trittico di vittorie stagionali è uno dei decori più preziosi che l'Inter ostenta in faccia soprattutto alla Juve, mai riuscita in questa impresa, e in più sbeffeggiata non più tardi di un anno e mezzo fa per colpa di quel traguardo che a 90 minuti dal suo raggiungimento è diventato ossessione all'Olympiastadion di Berlino contro il Barcellona.
Per questi motivi l'Inter è una creatura che per DNA è differente dalle altre. 'Mai stata in B', 'l'unica squadra italiana ad aver centrato il Triplete' sono le medaglie che sono diventate emblemi negli anni, onorificenze che nessuno si è ancora azzardato a strappare dal petto di una società che li mostra sempre come distintivo di unicità.
La storia, d'altronde, non la si può cancellare, semmai ora è arrivato il tempo scrivere un nuovo futuro cominciando a cambiare il presente. Quest'ultimo, prima della sfida di domenica, parla di un divario di nove lunghezze (virtualmente dodici) in classifica in questo campionato, un'inezia se si considera la forbice spaventosa di 136 punti accumulati nell'ultimo lustro e qualche mese. Il passato è immodificabile, non è un mistero, ma sembra così lontano da non far più così paura. La dittatura tecnica, economica e mediatica della Madama bianconera, ormai è evidente, comincia a scricchiolare nelle diverse sfere del potere: in campo le quattro sconfitte nel torneo, una delle quali a San Siro contro l'Inter, informano che la banda Allegri non è così invincibile come la classifica tende a sottolineare in maniera perentoria; sul mercato, dopo i due colpi Higuain e Pjanic della scorsa estate, il monopolio di Marotta è stato messo in discussione dall'acquisto da parte di Suning di Roberto Gagliardini, uno che per intenderci, in pieno clima Derby d'Italia, ha risposto “Non lo so e non mi interessa” a chi gli chiedeva se fosse mai stato vicino a vestire i colori bianconeri.
Messaggio che sul piano della comunicazione si traduce più o meno così: 'Noi siamo l'Inter, la Juve non la prendo neanche in considerazione'. Proprio come dopo Calciopoli, quando Buffon e compagni si esibivano nella Serie cadetta, mentre la squadra di Roberto Mancini vinceva a mani basse il tricolore.
Ora però il film è ben diverso: la Juve non solo partecipa al massimo campionato, ma lo domina tenendo fede a quello motto poco decoubertiano che recita così: 'vincere non è importante, ma è l'unica cosa che conta'.
Un motto che i tifosi dell'Inter si augurano diventi anacronistico già a partire da domenica, in una notte che potrebbe colorarsi​ con il nero e l'azzurro su uno sfondo d'oro di stelle, proprio come il cielo che 108 anni fa faceva da tetto ai padri fondatori del club. Nel giorno in cui nasceva il senso di appartenenza dei Fratelli del mondo.

Sezione: Editoriale / Data: Ven 03 febbraio 2017 alle 00:00
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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