"Abbiamo sentito più Pioli in questi primi 32 minuti che in tre mesi De Boer". Lo raccontava martedì sera durante Inter-Bologna il bordocampista della Rai, che per i diritti telesivi della Tim Cup poteva finalmente seguire un match di questa stagione dei nerazzurri stando vicino alla panchina. Premesso che l'olandese per indole non possa essere accostato né a tecnici come Trapattoni né a uno come Allegri (le urla del primo arrivavano persino ai suoi collaboratori seduti nelle tribune, mentre l'altro nonostante ce la metta tutta non riesce ancora a richiamare l'attenzione del quarto uomo), uno dei limiti di Frank è stato proprio nel dialogo sterile con i suoi uomini, mentre fra i grandi meriti di Pioli c'è quello di aver fatto della comunicazione uno dei termini fondanti del suo lavoro.

Se De Boer si è sforzato per tre mesi di imparare l'italiano, arrivando comunque a esprimersi molto meglio di Delneri, al contrario l'ex tecnico di Bologna e Lazio vuole che tutti i giocatori si sforzino per parlare la stessa lingua in campo, e per fortuna non è la solita metafora sacchiana. "Tutti devono parlare in italiano, se ognuno parla la sua lingua non si va da nessuna parte". Questo il segreto svelato da Pioli che potrebbe stare dietro alla nuova compattezza ritrovata dall'Inter. Dimenticati i pizzini di Mancini e i "go" del successore, i giocatori ascoltano Pioli e Pioli vede e sente in allenamento i suoi giocatori, in un'intesa chiara ed efficace che sin dalle prove ad Appiano alle uscite in partita ha già offerto dei frutti evidenti. Un input ulteriore è stato dato con l'innesto di Gagliardini, talento cristallino e italiano che si è subito inserito alla perfezione negli ingranaggi dell'Inter. Dopo averlo visto in campo qualche nostalgico dei top player stranieri ha pensato subito a Gerrard, altri addirittura a Pogba, modello eletto dallo stesso neo numero 5 nerazzurro. Io ho pensato invece a Lucas Leiva, con il sollievo di avere in squadra al suo posto l'ex atalantino.

Proseguendo nel gioco dei paragoni, si parla già di un Pioli alla Mourinho, vista la media da 2,37 punti a partita vicinissima a quella da 2,45 del portoghese. Insomma non sono bastati Benitez, Leonardo, Gasperini, Ranieri, Stramaccioni, Mazzarri, Mancini, De Boer e Vecchi per scacciare via l'ombra del mister del Triplete. Troppo semplice se Pioli anziché essere lo Special Tenth avesse viaggiato alla media Pioli, come se Gagliardini potesse essere Gagliardini e basta, quello "non funzionale" per la politica della Juventus. Per fortuna in estate arriverà Verratti, italiano anche lui, però con un curriculum pesante soprattutto all'estero. Suning vorrebbe farne il simbolo della nuova Inter-nazionale. Con Pioli alla guida, se confermerà la media da Champions League, e Gagliardini che è già diventato inamovibile dal centrocampo nerazzurro. Nel frattempo anche gli altri avranno imparato meglio l'italiano, perché come ha capito Pioli il cammino per la rinascita passa anche dal vocabolario.

Sezione: Editoriale / Data: Ven 20 gennaio 2017 alle 00:00
Autore: Daniele Alfieri / Twitter: @DaniAlfieri
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