Ieri, uno ieri di sette anni fa, l'Inter volava in finale di Champions League, poi alzata al cielo in quel di Madrid dopo 45 anni di attesa, eliminando il Barcellona. La Beneamata riuscì a resistere eroicamente al Camp Nou che in quel periodo non faceva prigionieri. Dopo il 3-1 ottenuto al Meazza i catalani annunciavano sicuri la remuntada. Gerard Piqué, nella conferenza stampa di vigilia, disse che i giocatori dell'Inter si sarebbero pentiti di aver scelto quel lavoro. José Mourinho sorrise sornione come da par suo e replicò così: ”Per il Barcellona la Champions League è un ossessione, per noi è un sogno”. Nel ventre del tempio del Barça, di fronte ad un numero impressionante di giornalisti provenienti da tutto il mondo, Mou iniziò a vincere la sfida che portava a Madrid. Quel Barcellona era più forte tecnicamente, quell'Inter era più forte mentalmente.

Sette anni dopo siamo ancora alla ricerca disperata di quel modo di pensare, che era direttamente proporzionale al modo di stare in campo. Dopo il Triplete non sono spariti solo i grandi campioni che firmarono quell'impresa. È sparita quella mentalità che li accompagnava. Quella voglia di portare a termine una sorta di missione come ha raccontato il grande Samuel Eto'o, in Tv, all'interista Cattelan. Questa Inter ha ottenuto la miseria di due punti nelle ultime cinque partite, ponendo fine dunque alla rincorsa al terzo posto che prima del pareggio in casa del Toro non sembrava impossibile da raggiungere e mettendo poi a rischio anche l'approdo in Europa League. Se il campionato finisse ora l'Inter, settima, nella prossima stagione giocherebbe solo in campionato. Mancano cinque partite per centrare almeno il sesto posto con tanto di preliminari che intralcerebbero però i programmi estivi che prevedono una visita a Nanchino, quartier generale di Suning, con tanto di derby compreso nel prezzo per la gioia dei tifosi cinesi simpatizzanti del rossonerazzurro.

Perché l'Inter di Stefano Pioli è crollata proprio sul più bello? Perchè la squadra passa in vantaggio e poi si fa rimontare in modo assurdo, compiendo errori di concetto e individuali che sino alla gara di Torino, sponda granata, non commetteva? Anche Pioli ha sicuramente commesso errori, ma non tali da giustificare un cammino così deprimente e che lascia senza parole i tifosi, i quali, prigionieri di una fede che ha pochi eguali, si presenteranno in sessantamila anche domenica sera al Meazza contro il Napoli per una sfida che, al momento, sembra impari a favore dei partenopei. Ho il sospetto che la barca nerazzurra abbia iniziato ad affondare una volta pubblicata la notizia dell'interesse del club per Antonio Conte. Di Simeone si parlava già da tempo e non era un'indiscrezione shock. Naturalmente i giornalisti che hanno scritto della vicenda non hanno nessuna colpa, il compito di un cronista è quello di dare notizie. Notizie vere, certo. Non storie montate ad arte per destabilizzare. Ma l'interesse dell'Inter per l'attuale tecnico del Chelsea non è una storia inventata, è pura verità.

Probabilmente a farne le spese è stato Pioli che, improvvisamente, non è stato più visto dal gruppo come il leader, come l'uomo da seguire ovunque e comunque. Qualcuno ha incosciamente mollato la presa, la squadra ha smesso di essere tale. L'io è tornato a vincere sul noi, mentre Pioli si era presentato alla Pinetina proprio con lo slogan che recitava il contrario. E per qualche mese la truppa aveva recepito e i risultati arrivavano, seppur senza particolare avanzamento in classifica a causa dei mancati cedimenti di Roma e Napoli. All'Inter, a questa Inter, manca dunque la mentalità vincente. Quella che ti porta a lottare su ogni pallone a prescindere da chi è il tuo allenatore e, nel caso specifico, chi lo sarà nella prossima stagione. Una mentalità che dovrebbe essere ingrediente di un club come l'Inter solo per l'importanza della maglia che indossi. La squadra è forte, diffidate da chi parla di giocatori scarsi. Quando decide di giocare segna a chiunque. Quando spegne l'interruttore subisce da chiunque. E allora, perché ad un certo punto il film nerazzurro cambia completamente la sceneggiatura lasciando interdetti gli spettatori?

Firenze è stato l'esempio emblematico di quanto appena detto. Tutto e il contrario di tutto. Segni quattro gol in trasferta, Icardi fa tripletta portandosi a quota 24, ma la partita la vince la Fiorentina in svantaggio dopo il primo tempo. Mancano cinque gare alla fine del campionato, domani si inizia con il Napoli che davanti sa fare molto male. La squadra arriva all'appuntamento dopo un ritiro prolungato, a parte una sosta pomeridiana nella giornata di giovedì e con il susseguirsi di voci e indiscrezioni su cosa succederà nella prossima stagione. Conte? Simeone? Spalletti? Resta Pioli? Torna Oriali? Suning ha tutto il diritto, ma soprattutto il dovere di presentare ai nastri di partenza una società e una guida tecnica degna di un'Inter che vuole tornare a vincere. Ancora prima dell'acquisto di top player. Ma gli attuali giocatori che indossano la maglia nerazzurra hanno il dovere di onorarla fino all'ultimo minuto di questa ennesima stagione da dimenticare. Perché chi poi sarà scartato e andrà a giocare da un'altra parte, magari si pentirà. Perché l'Inter targata Suning tornerà ad essere Beneamata.

Sezione: Editoriale / Data: Sab 29 aprile 2017 alle 00:00
Autore: Maurizio Pizzoferrato
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