Continua la prolifera campagna di gennaio; in barba agli esperti analisti finanziari e a tutti quelli che, prossimi all’ulcera, sdottorano inventandosi direttori de Il Sole 24 Ore o Milano Finanza. I cui redattori, detto per inciso, non mi sembra proprio paventino una qualunque ipotesi di fallimento. Siamo nel campo del "abbiamo fatto tutti la Bocconi", pertanto non crogiolatevi in un futuro prossimo ricco di soddisfazioni, quanto preparatevi al peggio.
Tra una compressa di Malox e l’altra.
Mi piace, adoro questo chiacchiericcio del nemico sportivo. Perché, tra le righe, non è altro che una sottolineatura di quanto bene si stiano muovendo i vertici della Beneamata. L’ultimo colpo, in ordine di tempo, è Marcelo Brozovic. Ventiduenne di bellissime speranze, centrocampista di qualità e quantità (più la prima della seconda), titolare inamovibile di quella Croazia scesa al Meazza a dare una piccola lezione di gioco del calcio alla nostra nazionale. Nel disegno tattico di Niko Kovac è sistemato al fianco di tale Modric, uno che farebbe le fortune di qualunque club di cui vestisse la maglia. Il ragazzo ha ottimi piedi, buona visione di gioco, gran senso dell’inserimento senza palla. Detto in soldoni, è uno bravo.
Sia chiaro, non aspettiamoci Cambiasso o Matthäus. Ha bisogno di ambientarsi, di conoscere il calcio italico, i suoi ritmi e le sue pressioni. Ma fa parte di quel processo di ringiovanimento che ET e la dirigenza nerazzurra avevano chiaramente fatto intendere di voler perseguire. Capiterà di vederlo sbagliare, dovrà acclimatarsi. Ragion per cui, se possibile, eviterei di fischiarlo al primo appoggio errato o alla prima cappellata. Perché accadrà, siamone certi.
Con altrettanta certezza mi sento di espormi al pubblico ludibrio: Brozovic non sarà l’ultimo colpo di un mercato che ci sta riservando emozioni come non succedeva da anni. Non tanto per il numero di giocatori acquisiti (ricordiamoci che l’Inter ha di fatto tesserato il centrale del Granada Murillo, altro ventiduenne di cui si parla un gran bene), quanto per la qualità di questi ultimi. L’esempio più evidente lo abbiamo negli occhi; palla a Poldi che va a fare la punta centrale, gran difesa della sfera, taglio di Shaq Attack, tacco del tedesco e gol dello svizzero. Azione che sola vale per intero il prezzo del biglietto. Azione che non ricordavo dai tempi di Milito ed Eto’o. un gran bel vedere. Da due ragazzi che sono ancora, parole di Mancini, indietro di preparazione e con una sessantina – forse – di minuti nelle gambe.
Questo gesto tecnico, questo dai e vai di fattura internazionale, ho notato con estremo disappunto che non è stato particolarmente evidenziato dai cronisti che imperversano su una lunga serie di canali. Troppo impegnati a sottolineare la grande (?) prova difensiva della Sampdoria, con un muro eretto davanti a Romero in grado di tenere, in inferiorità numerica, per ben settanta minuti prima di capitolare. Dimentichi del fatto che, già nel primo tempo, l’Inter avrebbe potuto tranquillamente chiudere con un paio di gol di vantaggio senza suscitare il benché minimo disappunto. Il rumore dei nemici.
Adesso arriva il bello. O il difficile. Là fuori c’è una lunga lista di gufi ed avvoltoi. Che non vedono l’ora di un nostro inciampo. Di una partita giocata sotto tono, vedi Empoli. Di uno sbaglio nel mettere in campo la squadra. Sono pronti, così attenti a fiutare l’odore del sangue di una preda ferita. Ma fa tutto parte del gioco, e Mancini è il primo a essere consapevole di avere di fronte un plotone pronto a far fuoco al primo balbettio. Che ci sarà, che capiterà durante quest’anno improntato alla crescita. Quando il nostro mister parla di lotta per lo scudetto la prossima stagione… beh, io non penso che ammicchi a sproposito. Le basi si stanno gettando adesso.
Personalmente non mi fanno paura i nemici sportivi. Per assurdo ho più paura di tutti quei tifosi interisti pronti a criticare. A prescindere. Qualunque cosa venga fatta. E non lo scrivo tanto per. Ho già avuto modo di constatarlo, chiacchierando con qualcuno. Qualcuno che fino a venti giorni fa denigrava ET, definendolo un presidente povero, uno che non avrebbe portato niente e nessuno ai nostri colori. Oggi, gli stessi, hanno cambiato registro. Non si parla più di un povero, adesso il leit motiv è: ci porterà al fallimento. Cari amici, Vi consiglio di guardare meno televisione e stare più vicini alla squadra e ai colori del cielo e della notte.
Abbiamo gioito e goduto quando si è vinto. Abbiamo fischiato, forse con troppa prevenzione (curva esclusa, sia chiaro) quando non giocavamo a calcio ma ci si passava il pallone noiosamente per vie orizzontali, mettendo a dura prova le palpebre che lentamente cadevano portandoci verso un sonno profondo. Ma, nel bene o nel male, non ci siamo mai disamorati dei nostri colori, sopportando tutto quello che c’era da sopportare.
Adesso, più che mai, facciamo sentire a squadra e società quanto amiamo la nostra maglia. Adesso, più che mai, tiriamo fuori sciarpe e bandiere. Adesso, più che mai, stiamo vicini a dei giovanotti che potrebbero portarci grandi soddisfazioni in un futuro molto più prossimo di quanto possiamo immaginarci. Io, nel mio piccolo, lo grido e lo canto. Sono interista. E me ne vanto.
Su la testa!!!!
Buona domenica a Voi.
Autore: Gabriele Borzillo / Twitter: @GBorzillo
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