Dalle ore 23 di mercoledì 31 gennaio, ultimo giorno della finestra invernale di mercato, è partita la crociata anti-Suning. Il colosso cinese che nel giugno 2016 ha acquistato le quote di maggioranza di Fc Internazionale, alleggerendo in modo sensibile la complicata, per usare un eufemismo, situazione finanziaria del club, sembra aver perso ogni credibilità al cospetto di una tifoseria che sognava in grande dopo la pirotecnica conferenza stampa nella lontana Nanchino che sanciva ufficialmente l'insediamento del gruppo asiatico. “Riporteremo l'Inter in cima al mondo”, la sintesi del discorso del patron Zhang Jindong, sguardo severo, ma rassicurante. “Benvenuto Zio Zhang”, scrivevano molti tifosi felici sui social. Dopo la parentesi Thohir, che non si è chiusa definitivamente avendo il tycoon indonesiamo ancora il 30% delle quote del club, Zhang Jindong appariva come il Moratti dei tempi moderni, il grande timoniere che sarebbe stato in grado di tenere testa ad emiri e potentati economici alla guida dei più blasonati e vincenti club europei. L'inizio è stato scoppiettante: 45 milioni spesi per il fresco campione d'Europa Joao Mario, quasi 30 per Gabriel Barbosa detto Gabigol, giovane attaccante brasiliano conteso, ci hanno detto, da Barcellona e Juventus e presentato a Milano come il nuovo Ronaldo (quello vero). Che poi due si siano rivelati un flop lo ha detto il campo e non indossano più la maglia dell'Inter. Ma la cifra spesa per acquistarli garantiva sulla volontà di Suning di voler investire pesantemente sulla squadra. Suning ha investito forte anche sul fronte aumento di capitale, prestiti e sponsorizzazioni, come ha ricordato ieri l'ottimo Marco Iaria dalle colonne della Gazzetta dello Sport: sono finora 530 i milioni complessivi messi sul tavolo.

Questi sono fatti, non passibili di interpretazioni. Tutto bene dunque? No. Perché poi abbiamo assistito ad una brusca, clamorosa e inaspettata frenata. Improvvisamente ci siamo accorti che gli impedimenti dettati dal Financial Fair Play non erano assolutamente superati, anzi. E visto che c'eravamo, dalla Cina sono giunte anche le notizie riguardanti il giro di vite dettate dal governo, a cui Suning è legato a doppia mandata. Pechino ha chiesto, meglio dire ordinato, di non esportare capitali all'estero per questioni come il calcio che non risultano più prioritarie, nonostante il loro sogno dichiarato di primeggiare anche nel football, magari vincendo, un giorno, un mondiale. La campagna acquisti estiva, orfana degli annunciati top player, ma poi definita funzionale, è stata figlia di questo brusco ridimensionamento. Volere non è stato, in questo caso, potere. L'Inter del colosso Suning sarebbe dovuta andare avanti con l'autofinanziamento, con le plusvalenze, con la politica dei prestiti con diritto di riscatto. L'allenatore di turno, Luciano Spalletti nella circostanza, un top, ne ha dovuto prendere atto e pensare solo al campo. I tifosi hanno dato retta alla passione e hanno iniziato a riempire il “Meazza” come nemmeno ai tempi del Triplete.

La squadra, ben allenata, ha iniziato a vincere e sino a Natale il malcontento era stoppato dai risultati. Ma poi il motore nerazzurro ha cominciato a battere in testa, il successo manca da due mesi e cresce il timore che non si riesca a fine stagione a raggiungere un'obbligatoria qualificazione in Champions League. Ci si è aggrappati quindi al mercato di gennaio, pensando che in fondo Suning, nonostante gli impedimenti di cui sopra, potesse piazzare il colpo vincente. Lisandro Lopez, indispensabile per completare numericamente il pacchetto arretrato e il brasiliano Rafinha, bloccato sul più bello dagli infortuni, ma pronto a riprendersi la scena, sembravano indicare una certa voglia di fare. Ma le grandi delusioni riguardano i mancati arrivi di Ramires, che “zio Zhang” vuole ancora allo Jiangsu e Javier Pastore. “Non ci sono state trattative, non c'erano le condizioni economiche”, ha tagliato corto Piero Ausilio. In verità era tutto apparecchiato per l'arrivo in prestito oneroso dell'argentino ex Palermo, ma il Psg si è impuntato sull'obbligo di riscatto e Suning ha detto no. L'Uefa osserva compiaciuta per tanta osservanza delle regole, ma forse anche sorpresa che una proprietà cosi forte non si sia inventata nulla per portare lo stesso a Milano un giocatore di alto tasso tecnico, quello che sarebbe servito a quest'Inter monotematica, senza stravolgere gli equilibri di bilancio. Tant'è. Marcelo Brozovic, già in procinto di salire su un aereo destinazione Siviglia, rimane in nerazzurro. Con quali motivazioni? Vedremo.

Ieri in conferenza Luciano Spalletti ha detto che i tifosi dovevano essere protetti dalle illusioni di mercato. Giusto, giustissimo. Ma i nomi che circolano dalla scorsa estate non sono invenzioni dei giornalisti. Ricordate quando Walter Sabatini aveva detto che l'Inter era pronta a lanciarsi con arroganza verso i fuoriclasse in circolazione e che Di Maria non sarebbe stato acquistato solo perchè serviva un esterno in grado di segnare più gol dell'argentino? Sicuramente in quel momento i dirigenti nerazzurri erano in buona fede, sicuri della possibilità di poter sparare i fuochi d'artificio. Ma poi la situazione è cambiata, drasticamente, ed era in quel momento che il club avrebbe dovuto proteggere i tifosi convocando una conferenza stampa e facendo chiarezza sui cambiamenti in atto. Intanto gli stessi tifosi si presenteranno anche questa sera in cinquantamila al Meazza contro il Crotone guidato da un figlio dell'Inter, alias Walter Zenga, che avrà la meritata accoglienza. Mancherà per infortunio Maurito Icardi, ci dovrà essere la squadra. Imperativo: conquistare i tre punti che mancano da una vita, dimenticando per una notte promesse, conti e bilanci.

Sezione: Editoriale / Data: Sab 03 febbraio 2018 alle 00:00
Autore: Maurizio Pizzoferrato
vedi letture
Print