È notizia degli ultimi giorni quella della sospensione della coppia Moro-Meta dal Festival di Sanremo. L’accusa è di plagio. L’ufficio stampa della Rai ha infine deciso di reintegrare la canzone e mantenerla in concorso. Che c’entra l’Inter? Niente, ma di plagio si rischia di peccare anche in casa Inter. Il buon interista Fabrizio Biasin ha riportato nel suo editoriale su Tuttomercatoweb un interessante quanto lapidario dato sulla tendenza dell’Inter ad autodistruggersi nel girone di ritorno:

2011/12 14esimi; 

2012/13 15esimi; 

2013/14 decimi; 

2014/15 ottavi; 

2015/16 sesti;

2016/17 settimi;

2017/18 12esimi.

Se sbagliare è umano, perseverare non solo è diabolico, ma rischia di diventare un cliché prettamente nerazzurro. Tante sono le giustificazioni attribuite ad ogni annata: nel 2011/12 “Squadra attempata, Forlàn il più giovane”, nel 2012/13 “Eravamo forti ma una calamità ha fatto sí che Benassi e Pasa diventassero titolari”, nel 2014/15 “Eravamo forti ma poi ha iniziato a piovere” e via discorrendo. Anche quest’anno si rischia di entrare nel vortice di un ritornello già sentito e intonato, anno dopo anno, dai vari Ranieri, Stramaccioni, Mazzarri, Mancini e soci. L’ammonizione mossa da questo editoriale è la stessa che la Rai ha avanzato alla coppia Meta/Moro: plagio. Destinatario Spalletti. Proprio lui che questa tendenza l’aveva avvertita prima di tutti quando disse che “all’Inter è come se si abbia quella rassegnazione, da eliminare, che le cose debbano andare male per forza”. Di buono c’è che la prima strofa della stagione 2017/2018 è risultata brillante e c’è ancora tutto il tempo per intonare un ritornello nuovo che porti all’epilogo sperato dai tifosi, che stavolta sia originale come chi verrà premiato da Baglioni e dalla Hunziker: la Champions League. Con una buona presenza scenica e leggiadro movimento di bacchetta, Spalletti si dimostrò abile direttore d’orchestra quando lui e il suo gruppo registrarono “Inter Bells”.Il fatto è che la squadra, quest’anno, a differenza di quelli precedenti, ha dimostrato di avere una vitalità ben diversa, di avere degli ingranaggi che vanno a tempo, a ritmo di 3 punti, da far sembrare Spalletti una sorta di Beppe Vessicchio. 

Cos’è successo? Le percussioni di Perisic e Candreva si sono inceppate, Icardi ha il mal di gola e gli acuti sono venuti a mancare, Borja “metronomo” Valero batte colpi a rilento. Come detto da Spalletti, però, sono ancora diverse le cartucce da potersi giocare per dare di nuovo verve a questo spartito: Rafinha potrebbe mettere un po’ di samba in più e aumentare i giri di un motore che da 9 partite va a ritmo di Ballo del Qua Qua. La difesa regge tuttora bene i colpi con in prima linea uno slovacco che ha la continuità di una marcia tedesca. 

Quanta intensità avrebbe portato Pastore allo spartito non ci è dato saperlo, visto che “El Flaco”, tipico strumento argentino da anni accostato alla banda nerazzurra, non ce lo si può permettere. E allora resta a Spalletti l’onere e l’onore di vincere il Festival della Champions con un budget buono appena a comprare una pianola per seguire le lezioni di musica alle elementari. L’impressione è che dopo una buona prima parte di concerto con tanto di televoto favorevole da parte degli addetti ai lavori, ed essersi resa conto di trovarsi in cima, a questa squadra siano venute le vertigini. Come se si esprimesse al meglio quando non c’è nulla da perdere, e al contrario implodesse quando c’è da difendere ciò che è stato guadagnato. È un brutto segnale, questo, tipico dei gruppi fragili, con poco carattere e resilienza. 

E chi, meglio di Spalletti, autore dell’epiteto “Uomini forti, destini forti”, potrebbe strutturare il gruppo e non renderlo debole, come chi ha paura della proprio ombra proiettata più in là, verso le zone alte. È vero che in cima non ci si arriva da tanti anni, ma se la cima sarebbe utopistica, accamparsi fino al termine della stagione in zona Europa che conta è quantomeno doveroso. Bisogna tenere il passo, restare compatti e marciare ad un ritmo che non sia quello del Ballo del Qua Qua. È il momento di intonare un ritornello diverso, nuovo. Perché la questione plagio assume diversa importanza a diverse latitudini: se a Sanremo “Sono solo canzonette”, a Milano stavolta ci si gioca tutto.

 

Sezione: Editoriale / Data: Ven 09 febbraio 2018 alle 00:00
Autore: Fabrizio Longo / Twitter: @fabriziolongo11
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