Raccontare robe come quelle viste sabato sera a Stoccolma non va bene, fa male alla salute ed allontana i bambini dal gioco più bello del mondo, il calcio. Sì, perché oggi no, oggi non parliamo di Inter; magari un accenno in chiusura, tanto siamo nella settimana di sosta dove si racconta la qualunque per cercare di interessare l’utente finale sciorinando una lunga serie di amenità sportive da far rabbrividire gli attori o gli istrioni dei peggiori teatrini di provincia, che menarla coi bar di Caracas mi ha pure rotto le palle. Oggi chiacchieriamo di Nazionale, nello specifico italiana.
Ne ho viste di nazionali, di commissari tecnici, di guerre intestine vere o presunte, di perché ha convocato quello e non l’altro ma, sono sincero, con tutta probabilità questa è la più triste squadra che a memoria ricordi e la memoria, Vi assicuro, mi porta lontano nel tempo. Un gruppo senza forma, povera Italia, senza idee, senza gioco, senza attributi, senza senso: insomma, senza. L’accoppiata Tavecchio-Ventura non ha prodotto nulla da tramandare ai posteri; eppure, lo scrivo oggi quando sparare sul pianista è più facile che mai, allorché il presidente federale annunciò al mondo intero il buon Giampiero da Genova quale nuova guida tecnica azzurra, ebbi una reazione per niente sconfortata. Insegnante di calcio, uomo di principi, esperienza da vendere, discreta capacità di relazionarsi coi media, carattere forgiato da anni trascorsi sulle panchine di mezza penisola; quindi, in fondo, perché no. Ma, pian piano, le certezze iniziali andavano scemando di fronte a prestazioni scarse, insufficienti e di basso (in alcuni casi bassissimo) profilo.
Parliamoci chiaro; se oggi siamo ancora in corsa per un posto a Russia 2018 lo dobbiamo ad un girone di qualificazione di una modestia a dir poco disarmante, opposti a vere e proprie scuole calcistiche mondiali come quella macedone, israeliana o, se volete, del Liechtenstein; pensate, Spagna a parte (siamo andati lì a giocarcela, com’è finita lo ricordiamo tutti) l’avversaria più pericolosa su cui fare la corsa era l’Albania, qualificata per la prima volta nella sua storia ad una fase finale degli Europei proprio in occasione dei più recenti, Francia 2016, con festa nazionale annessa, giustamente aggiungo. Cioè, in soldoni, fossimo capitati in un girone più complicato - e nel panorama ce n’erano - oggi, dopo aver osservato le peripezie pallonare azzurre, non aspetteremmo lunedì 13 novembre come l’Armageddon calcistico; saremmo a casa da tempo, frustrati da una involuzione tecnico tattica davvero complicata da raccontare, o da spiegare. Ventura, spezzando le reni alle Nazionali succitate grazie ad un modulo innovativo (secondo lui), il 4-2-4 che tanto assomiglia al 5-5-5 di banfiana memoria, ci ha raccontato che tutto andava bene, che la squadra apprendeva e metteva in pratica situazioni di gioco importanti (mah), che il cammino era stato tracciato e non si sarebbe tornati indietro visti i risultati conseguiti; con l’appoggio e l’avvallo di Tavecchio, vero regista nemmeno occulto di questa Nazionale fino ad oggi poco convincente, per usare un eufemismo che dire imbarazzante suona male. E non ne farei una questione di uomini, di scelte sbagliate in fase di convocazione; tuttalpiù si può discutere su un paio di elementi, ma questo oggi passa il convento e su questo bisogna lavorare. Casomai è il come sono messi in campo che non si capisce.
Mi spiego meglio, o cerco di farlo; se tu vai a Madrid e cerchi l’impresa, quale causa scatenante ti impone di giocare con Spinazzola titolare dopo che il ragazzo era fermo da tempo senza minuti nelle gambe? E per quale insano motivo continuare ad insistere sulla coppia d’attacco Belotti-Immobile, che passa il tempo a pestarsi i piedi e non costituisce nessun imbarazzo per gli avversari? Se convochi Insigne, puoi pensare di relegarlo in una posizione defilata dal gioco in attesa non si capisce bene di cosa? Cioè, la lista delle scelte tattiche incomprensibili sarebbe lunghissima, occorrerebbero pagine e pagine per elencarle e dissertare amabilmente su di esse, oltre ad una sana dose di pazienza e qualche caffè di tanto in tanto per combattere il sonno. Però, siamo sinceri, alcune cose le capisce pure il sciur Peppino che si spara un caffè corretto grappa alle otto del mattino al bar dello sport; grappa o sambuca, vedete Voi. Non occorre il Supercorso di Coverciano o di Cogollo del Cengio (un saluto agli amici) per evitare errori ed orrori tanto evidenti. E faccio fatica a capire come Giampiero Ventura, possiamo discuterlo finché volete ma sempre uomo di decennale esperienza rimane, non si renda conto di questi obbrobri pallonari, di queste incongruenze che non ci portano da nessuna parte.
Ma, è assai evidente dopo le dichiarazioni post-Svezia, siamo di fronte ad un uomo confuso, che si attacca all’arbitro come nella peggior tradizione italiota; ora, che il direttore di gara turco non sia stato impeccabile è corretto, ma se non produci una mazza per novanta minuti, se in campo hai lo stesso numero di idee di un acaro della polvere, se ti muovi che in una gara sui cento metri un bradipo potrebbe darti filo da torcere beh, inizierei a pensare che l’arbitro c’entra ma fino ad un certo punto. Così come vorrei finirla di ascoltare fantasiose leggende sull’esterofilia calcistica dei nostri club che pregiudica la buona crescita del prodotto indigeno; qualcuno, per piacere, avverta Tavecchio che la Liga, la Bundesliga, la Premier e perfino la Ligue1 sono infarcite di stranieri. Eppure, a memoria, mi sembra di ricordare che le nazionali di quei paesi si siano qualificate per Russia 2018, anche senza troppi patemi d’animo.
Gli svedesi, opinione personale sia chiaro, son davvero poca cosa, tanto agonismo e zero tecnica; ecco il motivo per il quale sono convinto che ai mondiali possiamo andarci tranquillamente; ma serve non la partita perfetta, semplicemente una partita, nient’altro. Lo confesso; a me se l’Italia non arriva al mondiale mi girano le palle, pure vertiginosamente. Dopodiché, comunque vada a finire nella fredda serata di domani, Tavecchio e Ventura dovrebbero dimettersi entrambi il mattino dopo, salutando distintamente o meno dipende da loro. Perché continuando a percorrere la stessa strada esplorata finora non si va a finire da nessuna parte, isole comprese. E ai mondiali questa squadra, per quanto ci ha offerto – aggiungerei purtroppo - collezionerebbe una lunga serie di pessime figure che Brasile e Sudafrica sarebbero state passeggiate di salute in confronto.
Sia chiara una cosa in conclusione del pistolotto dettato assai dall’incazzatura, io mi sento tifoso dell’Italia e non sopporto l’idea di non vederla in Russia; in campo ci vanno sempre i giocatori, sempre, al Meazza gli scarpini e le maglie non le indosseranno Tavecchio-Ventura. E alcuni del Ventura di turno non ne avrebbero nemmeno bisogno. Così come noi sportivi veri non abbiamo bisogno di certe scenette degne del miglior Busquets, già dato e non interessa, grazie.
Pensierino finale sull’Inter; ho letto dissertazioni di pochissimo interesse da parte di alcuni presunti tifosi dopo il pareggio casalingo di domenica scorsa; vero, non abbiamo disputato novanta minuti che finiranno nella memoria storica del club, ma non scordiamoci di aver prodotto sei occasioni da rete, due pali e due grandi parate di Sirigu, che non faceva così bene dai tempi della seconda guerra punica. Non siamo da scudetto, lo ripeto da tempo, ma i ragazzi stanno dando il 110% ogni volta; poi, lo sappiamo, hanno dei limiti, altrimenti non lotteremmo per un posto in CL ma saremmo campioni d’Europa in carica. Amatela, sempre. Buona domenica a Voi!
Autore: Gabriele Borzillo / Twitter: @GBorzillo
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