Dal 29 ottobre, data dell’ultima vittoria con la Sampdoria in casa, non si festeggiavano i tre punti in casa Inter. Un mese dove è successo di tutto, a partire dal cambio in panchina. Un mese burrascoso da cui i nerazzurri sperano, con la partita di ieri, di iniziare a tirare fuori la testa. La versione europea degli “azzurri” (per l’occasione) incassa la qualificazione come prima del girone ai sedicesimi della competizione. Undici punti non possono che far sorridere tifosi, società e nuovo allenatore (che ringrazia WM per un cammino, almeno internazionale, che lasciava grande tranquillità al successore).
Ma se è vero che il Mancio ha portato una ventata di entusiasmo intorno a tutto l’ambiente, nei giocatori, in campo e fuori, è davvero il caso di vedere il bicchiere mezzo pieno alla vigilia della trasferta all’Olimpico? Si può davvero guardare alla crisi come passato, vicino, ma definitivamente alle spalle? La risposta potrebbe iniziare ad arrivare proprio dalla capitale.
I freddi numeri della qualificazione, vittoria in inferiorità numerica, e pareggio nel derby inviterebbero a dire di sì. La realtà dei fatti, se guardata con oggettività non così tanto. Con una pagina che non si riesce a voltare del tutto, ancora. Mancini ha e avrà tutto il tempo di conoscere quella che di fatto non è la sua squadra (mancano i profili adatti per il suo gioco). Le novità si sono viste e subito. In primis in campo, dove più conta, nel modulo, a quattro dietro e tre davanti, senza scordare un modo di giocare più verticale e volitivo, almeno negli approcci alle gare. Un calcio che, come normale, si vede solo a lampi, momenti. Impossibile prevedere qualcosa di diverso.
Ma l’analisi che scaturisce dalla prova di ieri, test probante pre-Roma, smorza un po’ il sorriso, che giustamente è tornato sui volti dei tifosi. Impossibile avere giudizi definitivi sugli esperimenti del nuovo tecnico dopo così poco tempo. Ma non mancano le incognite per il Mancio, che continua a racimolare dati utili per far crescere la squadra, in corsa per ottenere il piazzamento europeo più importante in campionato. Il 4-3-3 dà qualche garanzia in più alla difesa a 4, ancora sperimentale e troppo spesso “ballerina”, ma i profili adoperati da esterni alti hanno tutti, chi più chi meno, palesato difficoltà a interpretare un ruolo molto lontano dal proprio (l’unico a conoscere questo tipo di gioco è Palacio, che paga però una condizione non ottimale). Tutto senza contare gli infortuni, cruccio perenne in questa stagione. E proprio quando l’infermeria stava per svuotarsi, Hernanes e Nagatomo si sono bloccati nella serata gelida, almeno atmosfericamente, del Meazza, salutando o quasi le chance di prendere parte alla trasferta coi giallorossi. Due pedine importanti, se non fondamentali, nel nuovo schieramento. Un rischio far giocare tutti i titolari in una partita non così determinante? Forse, ma d’altro canto serviva accumulare minuti, certezze, col nuovo impianto di gioco. Ennesimo bivio, nessuna risposta certa. La realtà però non sorride, in questo senso, al tecnico jesino.
E così, messa alle spalle la questione Europa, la nuova Inter di Mancini si butta a capofitto sull’"operazione Roma". Con l’entusiasmo che c’è già e verrebbe certamente raddoppiato con un risultato importante nella capitale. Per voltare definitivamente pagina con l’atmosfera cupa che aleggia dalle parti di San Siro da mesi. Una vittoria che riporta il sorriso. Non di più. Un bicchiere da vedere mezzo pieno o mezzo vuoto. Il campo riporta infatti subito alla realtà. A un cantiere ancora apertissimo, con molti esperimenti in corso e che restano da fare. E una squadra che pare essere ancora lontana da quella che ha in mente il nuovo tecnico. Dubbi che solo la capitale può iniziare a togliere...
Autore: Luca Pessina / Twitter: @LucaPess90
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