Non sarebbe stata l'Inter se quel trionfo di sette anni fa fosse stato “goduto” fino in fondo. Le parole di Milito a fine gara su un futuro incerto, l'addio di Mourinho che non va nemmeno a Milano per alzare la Champions al Meazza, la sensazione di essere vicini all'addio di qualche "mammasantissima". Così non è stato, guardando al terzo e ultimo aspetto, e invece forse si sarebbe dovuto intervenire. C'era appagamento in quel gruppo, nonché qualche acciacco di troppo, unito all'impossibilità di aggiungere nuova linfa attraverso ulteriori campioni, perché il traguardo del Fair Play Finanziario cominciava ad incombere e il disavanzo era consistente.

Il grande errore è stato probabilmente farsi spaventare da questo spauracchio posto dall'Uefa. Non è stato considerato, purtroppo, che il miglior modo per coprire certe spese sarebbe stato quello di investire ancora per rimanere nell'Europa che conta, quella che ti permette di avere soldi in mano. Nell'estate successiva all'apoteosi di Madrid in pratica non è stato fatto mercato, prendendo un allenatore come Benitez che al contrario voleva si investisse per lui (non una richiesta così stramba, a ben guardare). Qualche ritocco è stato apportato una volta esonerato lo spagnolo, a fine dicembre, in conseguenza al celebre sfogo post-Mondiale per club. La sessione con Ranocchia, Pazzini, Nagatomo e Kharja che sbarcano alla Pinetina è forse l'ultimo tentativo di immettere forze importanti in squadra (fino all'estate scorsa), anche se nessuno dei quattro è andato oltre sei mesi fatti come si deve, rincorrendo una vetta sfiorata in Serie A e alzando al cielo la Coppa Italia.

Poi c'è stato il vuoto. Un abisso fatto di Jonathan, Alvarez, Zarate, Palombo, Juan Jesus, Forlan, Schelotto, Kuzmanovic, Botta, Taider, tanti altri in fila. Quanto accaduto a PSG e Manchester City negli anni scorsi è stato rivelatorio di come non ci fosse abbastanza forza nelle segrete stanze dell'Uefa per opporsi ai grandi club europei e l'Inter allora lo era a tutti gli effetti. Si sarebbe potuto e dovuto investire, restare in alto e ammazzare ogni velleità di riscossa della concorrenza, non facendo sì che ci potessero essere anni di transizione. Si è invece pensato che si potessero sempre centrare colpi come Maicon a sei milioni, Cambiasso a zero. Non la regola, ad altissimi livelli, ma l'eccezione. L'Inter se n'è accorta a proprie spese. E ora ha bisogno di ricostruire per essere quel che è stata fino alla fantastica notte del 22 maggio 2010. A chi ci si affiderà per il manico non è ancora dato saperlo. E' invece certo che servirà dargli una fuoriserie. Nel frattempo l'Europa, anche il prossimo anno, dovrà aspettare il ritorno in auge dei nerazzurri.

Sezione: Editoriale / Data: Mar 23 maggio 2017 alle 00:00
Autore: Mattia Todisco
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