La sesta vittoria consecutiva in campionato è arrivata a Palermo, sotto una pioggia mazzarriana e un campo che rallentava un gioco già poco esaltante. Il Palermo ha infatti  mirato solo a difendersi per tutta la gara, incapace di imbastire trame di gioco accettabili, a parte i primi 5 minuti in cui si è presentato ben tre volte nei pressi dell’area nerazzurra. La “sesta” rappresenta anche un utile determinante per poter restare competitivi, in vista di un eventuale rush per il terzo posto.  L’Inter infatti sta portando a casa legna per i tempi più duri, approfittando di un calendario favorevole. Il campionato ormai è diviso in tre, con nove squadre in corsa per un posto in Europa, otto che racimolano punti di tranquillità e tre squadre già virtualmente retrocesse, una delle quali era l’avversaria di ieri. Vincere è importante sempre e comunque, anche se l’Inter ha l’antico vizio di adattarsi all’avversario che incontra, trasformando partite contro squadre ampiamente alla portata in sofferenze evitabili e dall’esito non scontato.

Non è stata una partita esaltante, giustificata da un campo pesante e un modello di pioggia più vicino al torrenziale,  che ha imbastito entrambe le squadre e causato parecchi errori di controllo e misura. Pioli ha deciso di provare Banega dal primo minuto e davvero non conosco i motivi che lo stanno rendendo tanto anonimo. Il tecnico lo ha spiegato con uno scarsissimo movimento degli uomini davanti ma il talento argentino, che negli ultimi anni aveva un rendimento straordinario, da vero campione, oggi è imprigionato in un tipo di calcio ministeriale, privo di lampi e guizzi, sprovvisto di anima. Quando è entrato Joao Mario la differenza si è vista, non solo con il gol segnato; resta il mistero sui motivi che rendono Banega così bolso. Lo dico dopo averlo ammirato e sinceramente accolto con entusiasmo la notizia del suo arrivo a inizio stagione.

Senza mai aumentare la velocità anche l’Inter ha giocato una partita ordinaria, mostrando il divario enorme con i siciliani, ringalluzziti comunque dalle parate di Posavec nel primo tempo e dall’imprecisione degli attaccanti interisti. Alla fine da un cross di Candreva è arrivato il gol di Joao Mario, meritato e atteso troppo a lungo. Meno appariscente la prestazione di Gagliardini, senza Kondogbia e con a fianco un Brozovic svogliatissimo. La conclusione che tutti sembrano trarre da questa vittoria viene dal numero di successi consecutivi e il trend di Pioli. C’è una rincorsa che trovo isterica nel voler spiegare i segreti che stanno portando l’allenatore ad incidere così tanto. Forse perché di alti salutati con titoli che proclamavano al miracolo sportivo e di bassi che spingevano l’Inter in un baratro senza ritorno, ne ho visti tanti ma resta il fatto che non penso ci sia da esaltarsi per aver vinto queste partite, specie se ti chiami Inter e non ti puoi certo accontentare di aver superato il Milan e aver avvicinato la Lazio, restando al quinto posto. Non lo puoi fare perché, dopo la partita col Pescara terminerà il calendario agevole e solo sei anni fa abbiamo vissuto una stagione con lo stesso tipo di situazione. Prima Gasperini/DeBoer e il disastro, poi l’arrivo di Ranieri/Pioli, i normalizzatori. 

All’inizio col tecnico romano arrivarono sette vittorie consecutive e la stampa celebrò Ranieri come l’allenatore che mancava all’Inter, calmo, riflessivo e di grande esperienza. Poi l’Inter infilò una serie di nove partite consecutive senza vittorie e l’allenatore venne giubilato e rinnegato fino all’esonero. Aspetto dunque di scavallare il quarto di coppa Italia con la Lazio e la partita con la Juventus a Torino per poter tessere lodi e magnificare la nuova Inter. Intanto va dato atto alla squadra di aver finalmente sfruttato l’occasione con una serie di prestazioni all’altezza della rosa. 

Chiudo con l’incredibile doppia espulsione di Ansaldi e Pioli, in una sola azione di gioco. L’arbitro si è inventato un secondo giallo, del tutto incongruo con il gesto del terzino nell’intervento su Nestorovski, poi ha espulso Pioli per essere uscito dall’area tecnica durante le proteste. L’arbitro è Irrati che dimostra come si possa rovinare, quanto un giocatore, una partita ben diretta con un momento di follia. L’Inter ha comunque ben gestito l’inferiorità numerica e controllato fino al termine. Una soddisfazione.

Amala

Sezione: Editoriale / Data: Lun 23 gennaio 2017 alle 00:00
Autore: Lapo De Carlo / Twitter: @LapoDeCarlo1
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