Dopo il 2-2 di Torino, sponda granata, l'Inter è quinta a otto punti dal Napoli, terzo. Mancano nove giornate al termine del campionato e solo realizzando ventisette punti, ossia bottino pieno, si potrebbe ancora sperare di scavalcare i partenopei, che dovrebbero naturalmente perdere lo scontro diretto al Meazza e qualche altro punto lungo la strada, magari già dopo la sosta, quando al San Paolo sbarcherà la Juventus capoclassifica. “Nulla è impossibile per questa Inter”, disse in telecronaca il 9 gennaio 2005 il buon Roberto Scarpini dopo il gol di Recoba alla Sampdoria che sancì il 3-2 a seguito di una rimonta storica della Beneamata, visto che i blucerchiati erano in vantaggio di due reti a tre minuti dal termine. Mai dire mai, dunque. Ma è anche meglio essere realisti per non arrivare a valutazioni errate dopo una non vittoria in questo momento della stagione. L'Inter di Torino non mi è piaciuta, ma in quello stadio ha vinto solo la Juventus, soffrendo, nel derby. In altri tempi avremmo elogiato la squadra per non aver perso la partita, pareggiando subito dopo il vantaggio granata maturato in quell'inizio di secondo tempo coinciso con il momento peggiore della squadra. Adesso, invece, un pareggio in trasferta contro una formazione non eccelsa come quella allenata da Mihajlovic, ma che ha costruito la sua classifica tranquilla realizzando la maggioranza dei punti proprio tra le mura amiche, viene bollato come una sconfitta e tornano a galla i soliti discorsi sul reale valore dei giocatori e del tecnico. Parliamo di Ivan Perisic. Confesso, l'ho mandato sonoramente a quel paese dopo un paio di palloni gettati sulla Mole Antonelliana invece che in porta come un campione come lui avrebbe dovuto fare regalando il successo alla squadra. Ma leggere sui social commenti di alcuni tifosi interisti che etichettavano il croato come un bidone non meritevole di indossare la maglia nerazzurra, demoralizza alquanto. Ivan Perisic ha segnato finora nove gol, alcuni pesanti, sfornando assist altrettanto pesanti ed è uno dei calciatori più forti e di classe che militano in serie A. Radio mercato sussurra addirittura di un'offerta di 35 milioni da parte Liverpool per l'esterno nerazzurro. E allora? Allora vuol dire che anche i più grandi possono sbagliare una giocata. E Perisic che dopo le occasioni fallite chiede scusa ai settemila tifosi nerazzurri presenti a Torino, merita solo applausi, non fischi. La nota positiva su cui Pioli dovrà insistere per farla diventare consuetudine, è la capacità della squadra di presentare più volte un uomo davanti al portiere avversario. Così come lo stesso Pioli dovrà lavorare ancora di più sulla nota negativa emersa contro il Toro, ossia l'incapacità di ragionare da grande dopo il vantaggio, facendosi subito riprendere e poi addirittura scavalcare da una squadra inferiore in una partita da vincere a tutti i costi. Purtroppo quanto successo fa parte di un processo di crescita che quest'Inter deve ancora completare, ma che con Pioli in panchina è già a buon punto viste le dodici vittorie in campionato a fronte di solo due pareggi e tre sconfitte, anche se dolorose in quanto maturate con Napoli, Juventus e Roma. Il terzo posto è sempre più un miraggio per l'Inter, che invece, se il torneo iniziasse ora, potrebbe legittimamente lottare per le prime tre posizioni. Perché la squadra è forte. Come già scritto, il peccato mortale è stato compiuto a inizio stagione, quando dopo lo strappo con Mancini qualcuno ha deciso di far sedere in panchina a pochi giorni dall'inizio del campionato tatticamente più difficile del mondo un tecnico assolutamente ignaro di cosa volesse dire allenare in Italia. Con la scelta di Frank de Boer, sicuramente bravo, ma altrettanto sicuramente inadatto, la società ha fatto un autogol degno del miglior Niccolai (glorioso stopper del Cagliari campione d'italia e della Nazionale italiana anni '70, che però ogni tanto aveva il vizio di buttare la palla dentro la sua porta). È dunque assurdo ora giudicare il lavoro di Stefano Pioli solo in relazione ai risultati delle nove partire che mancano per terminare questa contraddittoria stagione. Si può vincere nel finale una gara giocata male come a Bologna per una invenzione di Banega e il tap in di di Gabigol, come si può pareggiare a Torino perché Perisic ha la mira storta. O si può stravincere con l'Atalanta perché tutto funziona come deve funzionare dopo quanto provato in allenamento. Insomma non dovranno essere gli episodi a spostare il pendolino a favore o meno di Stefano Pioli, che ha avuto il merito di saper fare al meglio il suo lavoro, seppur con qualche errore che chiunque può commettere. Penso alla formazione e al modulo proposti con la Roma in seguito alla scelta di far giocare il diffidato Miranda su un campo che non presentava eccessivi pericoli come quello di Bologna. O la sottovalutazione della gara con la Lazio in Coppa Italia. Ma ci sta. Dopo la sosta si torna a ballare, guai a farlo impacciati perché, forse, il traguardo è sfumato. La grande Inter sta nascendo, a prescindere dal piazzamento finale, quest'estate ci divertiremo. Ma la conferma o meno di Stefano Pioli passi per valutazioni approfondite. Non per un gol sbagliato da Perisic.

Sezione: Editoriale / Data: Mer 22 marzo 2017 alle 00:00
Autore: Maurizio Pizzoferrato
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