Sicché salutiamo il 2016. Che, lo confesso, non mi mancherà per nulla calcisticamente parlando. Ci eravamo lasciati un anno fa con molte speranze, di questi tempi eravamo davanti a tutti prima dell’harakiri generale che ci ha portato un inverno tetro e buio, pochissime certezze ed un mare di dubbi. Certo che ne sono capitate di cose in questi dodici mesi; in primo luogo lo spettro del Financial Fair Play, con tutti armati di calcolatrici intenti a far di conto. Vendiamo prima di comprare, compriamo a rate, vediamo chi può arrivare in prestito; un inferno economico, con una lunga serie di esperti, espertini ed espertoni improvvisamente spacciati per bocconiani con master al Massachusetts Institute of Tecnology, l’ateneo più prestigioso al mondo quando si parla di economisti, pronti a spiegare ogni tre per due fallimenti, libri in tribunale, situazioni debitorie disastrose e chi più ne ha più ne metta. In secondo luogo l’acquisizione, a sorpresa possiamo dire, della Società da parte di Suning, colosso mondiale dell’elettronica con fatturati da brivido e potere monetario di prim’ordine. Eppure, nonostante tutto, ricordo ancora qualcuno di quegli espertoni di cui sopra dubitare, sono rimbambito ma un filo di memoria mi è rimasto, addirittura di un bonifico mai arrivato a fronte del conseguimento del pacchetto di maggioranza di F.C. Internazionale. Si, insomma, cose che oggi fanno non sorridere, direi ridere a crepapelle. E però è pur vero che il veloce passaggio di consegne tra Thohir ed il gruppo che fa capo a Jindong Zhang continua a destare qualche dubbio in alcuni, ultimi nostalgici di un presunto pacco con fuga annessa da parte di Suning; proprio non riescono a mandar giù il fatto che l’Inter sia stata comprata da un’azienda potentissima, con avallo annesso da parte del governo cinese. Perché sì, perché a casa nostra l’avallo c’è stato. Per davvero. Nel frattempo, mentre tutto ciò stava accadendo, la squadra riusciva a cogliere un quarto posto salutato dai detrattori di Roberto Mancini come l’ennesimo fallimento da parte del tecnico jesino, accusato di curare troppo ciuffo e sciarpe e non il gioco dei suoi eroi in campo. Per me, al contrario, la medaglia di legno era il massimo al quale potevamo aspirare con la squadra che c’era; troppe disattenzioni, cali di tensione, pasticci e pastrocchi difensivi, mentalità lontana da quella di un gruppo di vincenti. Opinione personale, sia chiaro, ma che purtroppo è stata suffragata dai fatti; a posteriori. E comunque, credo sia bene ricordarlo invece di ululare sempre alla luna, il miglior risultato dal 2011 in avanti; con pochi soldi spesi, non so quanti campioni in rosa, una situazione complicata resa ancor peggiore dalle asfittiche casse del club. Insomma, ci si è dovuti arrangiare facendo le famose nozze coi fichi secchi e, sinceramente, ci si è arrangiati. Del percorso europeo successivo ne parleremo dopo, mica ce lo siamo dimenticati. Dunque arriva l’estate; e comincia il balletto del duo Thohir-Bolingbroke da una parte con il Mancio dall’altra. Un balletto venuto assai male, culminato con l’abbandono dell’allenatore all’inizio del mese di agosto; abbandono forzato, diciamolo pure che mica si sbaglia. Peccato che i prodromi ci fossero già da fine giugno e solo una pessima gestione da parte dell’ex dirigenza, vera responsabile del marasma estivo, ha protratto più del dovuto una situazione che era a conoscenza di tutti o quasi. Incomprensibile ad ogni modo l’atteggiamento sia di Thohir sia dell’EX C.E.O., salutato dalla nuova proprietà dopo breve tempo (è durato assai poco il signor Bolingbroke con l’avvento cinese); il nicchiare continuo, le smentite alle quali nessuno dava credito, la convinzione non si capisce bene dettata da cosa di portare sulla panchina nerazzurra un brav’uomo, leggasi Frank De Boer, con zero conoscenza del calcio italico hanno creato un vero caos, con la squadra in piena crisi d’identità e De Boer, voluto come se si trattasse del nuovo Messia, lasciato a combattere solo contro tutti. Cose che vorremmo evitare di vedere in futuro. Balletto o non balletto poco cambia; Thohir decide a due settimane dall’inizio del torneo di sostituire il tecnico. Con esiti che conosciamo tutti. Purtroppo. Peccato, perché ad un certo punto sembrava davvero che la squadra avesse ingranato; il successo contro la Juventus ci aveva un pochino illusi, me per primo. Oltretutto, dopo una partenza da incubo, i giocatori davano l’idea di aver appreso quello che l’allenatore olandese desiderava; mera illusione, ripensandoci ora. Il bilancio di Frank, scusaci davvero per averti fatto venire fin qui salvo poi scaricarti come nella peggior tradizione italiota, è stato altamente negativo; sia dal punto di vista del gioco che di quello dei risultati. Tra i quali spicca l’eliminazione, incredibile, in Europa League, inseriti in un girone di una semplicità pazzesca: intendiamoci, presi a calci (facciamo a pallonate che viene meglio) da onesti pedatori, mica da corazzate mondiali e, peggio ancora, cacciati dalla competizione continentale di seconda fascia con pieno merito, avendo offerto prestazioni da muro del pianto. Al solito, colpa dell’allenatore. Perciò, ricapitolando, colpa di Mancini prima, di De Boer poi. I giocatori no; loro solo delle povere vittime di aguzzini senza cuore e senza affetto, cultori (incredibile) della dottrina del lavoro e del sacrificio. E per questo esautorati. Ultimo capitolo del 2016, il casting fin troppo sbandierato ai quattro venti e l’arrivo di Stefano Pioli. Suning, probabilmente scottata da quanto accaduto durante l’estate e presumibilmente infastidita dalle scelte societarie agostane, un giorno forse qualcuno racconterà a Jindong cosa è successo davvero e, chissà, forse lo racconteranno anche a noi, decide di provare a seguire la linea cosiddetta “italiana” presente in Società; e si affida alla scelta di Stefano Pioli. Che non è famoso, non ha vinto dieci scudetti e quattro Champions League, ma che conosce il campionato tricolore. E, soprattutto, che sa chi sono gli avversari domenica dopo domenica. Sarà un caso, una botta di fortuna, le stelle che si sono girate, il battito d’ali della famosa farfalla nella foresta pluviale del Costarica ma, quasi come per magia, i risultati si sono capovolti; ed oggi siamo lì, ancora vivi e vegeti, e con un 2017 che potrebbe portarci non dico chissà cosa, di certo qualche buon giocatore da andare a vedere al Meazza. Insomma, a grandissime linee questo è capitato nell’anno bisesto appena chiuso. Tenete duro, il meglio deve arrivare. Buon 2017 a Voi. Amatela, sempre.
Sezione: Editoriale / Data: Dom 01 gennaio 2017 alle 00:00
Autore: Gabriele Borzillo / Twitter: @GBorzillo
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