Una campagna europea terribile: 3 punti in 5 partite, una sola vittoria a San Siro contro il Southampton, due sconfitte contro il modesto Hapoel Be'er Sheva, eliminazione con un turno di anticipo. A vederla dall'esterno, e a vedere come l'Inter ha interpretato a livello di intensità e testa le varie partite di Europa League, verrebbe quasi da pensare che questa coppa costituisse più che altro un fastidio. Eppure il primo tempo con l'Hapoel aveva alimentato nuove speranze, spazzando via i cattivi pensieri dei malpensanti. Un primo tempo brillante, concreto, un'Inter finalmente in grado di dimostrare tutta la superiorità tecnica nei confronti del volenteroso Hapoel. Nerazzurri mai in difficoltà e capaci di segnare due gol e di sfiorare anche il terzo. Allora forse il problema era solo di allenatore? Era un problema di testa contro avversari che si pensava di aver già battuto sulla carta, mentre l'obbligo di vincere ha risvegliato i nerazzurri? E giù con le varie ipotesi sulle cause che avevano complicato il cammino europeo.

Ma quando nella ripresa ti aspetti un'Inter che deve solo pensare ad amministrare il risultato e magari arrotondarlo e cominciano i calcoli sull'ultima partita da giocare contro lo Sparta, ecco il patatrac. Si rivedono i fantasmi, l'Inter torna la squadra insicura e confusionaria, l'Hapoel spinge e l'Inter vacilla. Così arriva prima la rete che riapre i giochi con Maranhao dopo poco più di 10 minuti. Ma l'Inter non si scuote. Anzi continua ad incassare i colpi come un pugile suonato. E al 70' accusa il gancio decisivo: espulsione di Handanovic per doppio giallo (ci sta il fallo da rigore, ma  veramente ingenuo il modo in cui prende il primo cartellino nel primo tempo, per una perdita di tempo inutile e probabilmente neanche cercata) e penalty trasformato per il 2-2 che annulla quanto di buono fatto vedere nella prima frazione. Anzi l'Hapoel sfiora anche a più riprese il terzo gol, bravo Carrizo a neutralizzare, fino ai minuti finali quando sconfitta o pareggio cambia poco con l'Inter comunque eliminata e tutta in avanti alla disperata ricerca del gol qualificazione.

Non è oggi che l'Inter si è complicata il cammino europeo si dirà, sarebbe stata comunque dura passare all'ultima giornata perché oltre a dover battere lo Sparta Praga avrebbe dovuto sperare che il Southampton non vinca con l'Hapoel al St. Mary's Stadium, qualcuno aggiungerà. Ma qui si sta analizzando solamente la partita contro gli israeliani, e quello che fa più male è verificare che tutti i passi avanti mostrati nel primo tempo, la speranza che con Pioli la musica sia finalmente cambiata, deve essere nuovamente riposta nel cassetto, in attesa di altre verifiche. 

Ma qualcosa di buono va comunque salvato, come il primo tempo di ieri sera per esempio. Forse la migliore Inter di questo travagliato inizio di stagione, ma che ha peccato ancora di egoismo, come ha ammesso Pioli in conferenza nel dopopartita, pensando di averla già vinta e subendo il contraccolpo psicologico del ritorno dell'Hapoel. È una squadra che ha ancora bisogno di lavorare sulla testa, come diceva anche De Boer a onor del vero. Non si spiega altrimenti una tale differenza di atteggiamento, dello stesso undici iniziale, nei due tempi della partita. Pioli ora dovrà quindi indossare i panni dello psicologo e risolvere i problemi mentali dell'Inter, l'impressione è che risolto quest'ultimo ostacolo l'Inter potrà finalmente a viaggiare sui livelli che, in Israele più che mai, ha dimostrato di avere nelle sue corde.

Sezione: Editoriale / Data: Ven 25 novembre 2016 alle 00:00
Autore: Domenico Fabbricini / Twitter: @Dfabbricini
vedi letture
Print