Riavvolgiamo il nastro e torniamo a questa estate. L'Inter arriva al ritiro di Pinzolo dopo una stagione terrificante, in cui a pagare – di fatto – fu solo Andrea Stramaccioni, che sbagliò tanto, ma non tanto più di altri. La verità è che, con quella rosa ridotta all'osso e privata via via dei suoi pezzi migliori, in pochi avrebbero saputo fare meglio di un nono posto. Lo stesso Strama ammetterà poi le proprie responsabilità, cosa che farà anche Massimo Moratti, per sé e per i subordinati.

Arriva Walter Mazzarri, tecnico d'esperienza e di solide certezze. Il contratto è pesante, ma l'idea è quella di mettere mano al portafoglio una volta (per la panchina) e non 10-15 (per nuovi giocatori). Così dal mercato zero sussulti e solo operazioni low-cost, a parte l'investimento comunque morigerato e lungimirante per Mauro Icardi. Mazzarri – immaginiamo – vorrebbe esterni di qualità (c'è ancora chi aspetta Isla a Pinzolo, vero Marotta?), una punta affidabile e un centrocampista centrale. Arriva Taider. Per il resto, WM fa con quello che si ritrova, ossia lo stesso materiale umano (Campagnaro più, Campagnaro meno) che ha finito con agghiacciante arrendevolezza l'annata precedente. Memoria corta? Strama si ritrovò senza Milito, Zanetti e Cassano, più Palacio stirato con la Samp; Mazzarri riparte con gli stessi identici giocatori. Con la non trascurata differenza che vengono rilanciati ex bidoni come Jonathan (rendimento ancora oggi di tutto rispetto) e Alvarez (il migliore nella prima fase) oppure chi, come Cambiasso, era dato per finito.

L'Inter va oltre ogni più rosea aspettativa, nonostante 9 su 11 siano gli stessi dell'Annus Horribilis per antonomasia (e stanno fuori, oltre a Milito e Zanetti, pure Kovacic, Samuel e Icardi non supera mai il 50% di forma). Un 3-5-1-1 solido dietro e spumeggiante davanti, tanto che l'attacco nerazzurro risulterà essere il migliore per parecchie settimane. E la squadra va oltre anche il brusco stop casalingo con la Roma. Poi, nel momento del salto di qualità, qualcosa si rompe. O, più semplicemente, emergono quei limiti calcificati e difficilmente estirpabili se non attraverso il mercato o il tempo (all'Inter? cos'è?).

Tra errori di valutazione, sbagli individuali, sviste arbitrali, l'Inter arriva a sciupare occasioni su occasioni, altalenando prove da grande squadra a prestazioni inquietanti. Spesso, anche nell'arco della stessa partita l'altalena viene azionata dai protagonisti in campo (Livorno docet).

Si critica Mazzarri perché non va al di là del 3-5-2 e delle sue piccole variazioni sul tema? Si ricordi che Stramaccioni stesso ha ammesso che il cambiare modulo in continuazione fu una delle cause di perdita d'identità della sua Inter. Senza contare che Conte vince da tre anni con lo stesso modulo e che Barcellona ed Ajax – ad esempio – hanno fatto del 4-3-3 il marchio di fabbrica a prescindere da tecnico e giocatori. Insomma, davvero c'è qualcuno così ingenuo da ritenere che sia lo schema tattico il problema di un'Inter mediocre? Non scherziamo.

Tralasciando paragoni impossibili e insensati, la vera e unica domanda da rivolgere a Erick Thohir sarebbe questa: è davvero convinto dell'idea di calcio del suo attuale allenatore? Se sì – come viene ripetuto fino all'ossesso – allora si faccia mercato in funzione di Mazzarri e del suo gioco. L'obiettivo dichiarato per la prossima stagione è il terzo posto: servono esterni di valore, un mediano di spessore e una punta che assicuri un buon bottino di gol (Milito andrà via, i soli Palacio e Icardi non possono bastare). Al contrario, se il presidente non si riterrà in linea con WM, allora che cambi pure guida tecnica e scelga un allenatore di sua fiducia. Ma, allo stesso tempo, ricordi pure di non creare l'ennesimo alibi ai giocatori che resteranno a Milano, perché questo è un errore che è stato compiuto già troppe volte nel passato del club nerazzurro. Sarebbe un autogol imperdonabile.

Sezione: Editoriale / Data: Mar 08 aprile 2014 alle 00:01
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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