Tutto uguale? Non proprio. L'Inter si è di nuovo sgonfiata nelle vicinanze del Natale, come già le era accaduto in modo simile nelle ultime stagioni. Cambiano le proprietà, cambiano gli allenatori, cambiano pure i giocatori, ma si arriva a dicembre sempre con il fiato corto. Quest'anno, a dire il vero, qualcosa (molto) di diverso c'è. E vale la pena sottolinearlo.

Nonostante la flessione in corso, infatti, l'Inter resta in piena corsa per un posto in Champions con 44 punti (tanti). La difesa continua a lavorare ottimamente e concede il minimo sindacale a chiunque, non a caso tra Juventus, Lazio e Roma – tre pareggi dei cinque di questo ciclo opaco – Handanovic ha subito appena un gol. Skriniar e Cancelo sono valori aggiunti, così come continuano a esserlo pure Borja Valero e Vecino. Per non parlare di Luciano Spalletti: se la squadra non affonda come negli anni scorsi quando arrivavano le difficoltà il merito è decisamente anche suo. Quindi no, per tutti questi aspetti non ci sono similitudini con gli anni passati.

E allora dove sta il comun denominatore? Se Handa fa il suo, se la difesa lavora con puntualità, se in mediana la pagnotta la si porta a casa, allora cosa resta? Beh, evidente: resta l'attacco. E, in fondo, mai statistica fu più eloquente: dopo l'abbuffata col ChievoVerona, sono appena 4 i gol realizzati (due da Icardi, uno da Vecino e l'autogol di Vicari). Perisic è letteralmente scomparso dai radar, Candreva s'è intristito e Icardi rimane Icardi, ovvero un attaccante che più che trascinare deve essere trascinato.

Della lacuna sulla trequarti ormai se n'è parlato sotto ogni aspetto, e non a caso si sta facendo di tutto per portare a casa un elemento come Javier Pastore. Ma qualcosa va cambiato anche in quei tre lì, loro sì di nuovo sul binario morto come l'anno scorso. Perché non puoi sperare di andare in Champions segnando al massimo un gol a partita. In tanti hanno dato addosso agli svarioni difensivi contro Sassuolo, Fiorentina, Roma e Spal, ma resta un solo gol subito a partita. Insomma, un golletto lo puoi sempre prendere: lo prende la Juve con l'Hellas Verona, lo prende il Napoli col Bologna, per non parlare della Lazio che ne prende anche di più. Però poi vai di là e gliene dai due o tre. Invece, dalla cinquina al Chievo, i nerazzurri sembrano aver smarrito la strada della rete. Ed è questo che sta penalizzando le prestazioni che – va sottolineato come ha fatto pure Spalletti – non è che siano tanto dissimili da quelle di inizio stagione (Crotone, Bologna, Genoa, Benevento...).

Adesso che Joao Mario non c'è più, l'obiettivo dei soliti noti è diventato Gagliardini. Si continua a parlare di un Borja Valero "cotto" e di un Brozovic svogliato. Si fanno domande sull'utilità di Dalbert e si parla male di default di Eder. Eppure il cancro che ha assalito l'attacco titolare è talmente evidente che davvero si fa fatica a comprendere chi non se ne avvede. In attesa di Pastore, si spera in Rafinha. E, magari, si potrebbe puntare sulla voglia di Karamoh. Le acque vanno smosse in ogni modo possibile perché, nonostante una concorrenza non certamente perfetta, il rischio di restare ancora fuori dalla massima competizione europea esiste. E va scacciato. Questi tre non la raccontano più a nessuno. Per dirla alla Spalletti.

Sezione: Editoriale / Data: Mar 30 gennaio 2018 alle 00:00
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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