Sia chiaro, nessuno intende innalzare inni o peana a questa Inter di inizio stagione; che non è bella da vedere – fatta eccezione per una mezz’ora con la Fiorentina, una quarantina di minuti con la Roma e a sprazzi con la Spal -, non è fantasmagorica nelle sovrapposizioni, nei cambi di ritmo, negli inserimenti senza palla ma intanto è lì, punti diciannove, seconda posizione in classifica, alla pari di chi è correttamente segnalata da tutti come la squadra da battere in questa stagione. La banda Spalletti, per molti, presenterebbe analogie con la famosa Inter del Mancini due, il ritorno; brutta quanto basta ma cinica e spietata. Insomma, al solito una mera questione di culone che tanto prima o poi passa, come ricordano le cronache dell’epoca. Io, al contrario, sostengo che questa nuova Inter sia diversa per una lunga serie di motivazioni; non sto ad elencarle tutte, rischierei di addormentare chi legge più di quanto già non faccia con le mie elucubrazioni mentali, però permettetemi di individuarne un paio, giusto per giocare con Voi. Indubbiamente la situazione, rispetto all’epoca manciniana, è cambiata in maniera radicale; allora la Società non dico latitasse, ma lo dico, il buon Bolingbroke (a proposito, chissà che sta facendo adesso. Tranquilli, da qualche parte si è riciclato senza problemi) non aveva le credenziali per essere credibile agli occhi dei calciatori, il resto della dirigenza si barcamenava tra il lusco e il brusco. E i giocatori, che sono certamente dei professionisti ma che altrettanto certamente hanno il corretto polso della situazione interna, se sanno di potersene approfittare nella stragrande maggioranza dei casi lo fanno; lo fecero a quel tempo, senza alcun timore di smentita, con liti e ripicche degne dei migliori asili nido italioti, lo fecero in parte anche la scorsa stagione, mollando miseramente dopo un tristissimo Torino-Inter. E allora cosa è cambiato in questi pochi mesi, Vi potreste chiedere; semplice, Suning sembra fare sul serio. Steven Zhang - ricordiamo a tutti i grandi soloni che sproloquiano, come me del resto, sul pallone e limitrofi, che il ragazzo è assai giovincello ed alla prima esperienza importante, dal punto di vista lavorativo, della sua vita – si è ormai insediato di fatto ai vertici nerazzurri, dopo un apprendistato di qualche mese; e che, soprattutto, l’avvento di Sabatini al fianco del rampollo Zhang, ha di fatto consegnato a tutta la rosa nerazzurra un messaggio chiaro e definito: non si scherza più, l’epoca delle pirlate è bella che finita. Si, insomma, il nuovo assetto dirigenziale mixato Cina-Italia non solo sembra funzionare più che dignitosamente, alla faccia delle frecciate estive verso Piero Ausilio, defenestrato e seppellito prima del tempo da parecchi conoscitori presunti dell’universo nerazzurro, ma gode di certezze anche da parte di chi in campo scende ogni fine settimana, nel mezzo solo durante i turni di campionato che farlo in Europa per essersi qualificati dal quarto al sesto posto la stagione passata pareva brutto. A tutto ciò va aggiunta la presenza, per nulla ingombrante, di un toscano verace che si è calato immediatamente nel mondo interista come fosse uno di casa da anni, Luciano Spalletti da Certaldo. Che, lo dico a memoria di quanti tra giugno e luglio hanno sprecato voce e chiacchiere sul nulla cosmico, insultando e denigrando senza un motivo plausibile un tizio che negli ultimi 12 anni ha portato le sue squadra 11 volte in Champions ed una in Europa League, mi pare essere il vero punto di partenza per questa nuova avventura. Spalletti già dalla sua presentazione in quel di Appiano, sembra passato un secolo ma parliamo di tre mesi fa, aveva ben delineato il progetto; questa è una squadra che necessita di pochi ritocchi – disse tra colpetti di gomito e sorrisini di circostanza -, era già competitiva ed io credo che con un paio di aggiustatine possa lottare per ritornare nella massima competizione continentale. Ora, siamo ad inizio ottobre e lungi da me lanciarmi in proclami dissennati, ma il sentiero pare tracciato, la via è aperta e bisogna seguirla senza addormentarsi qua e là, senza offrire prestazioni dissennate alle quali, da tifosi dei colori del cielo e della notte, eravamo purtroppo abituati in un recente passato. Questa non credo sia una formazione pronta a lottare per lo scudetto, non lo dico per maniavantismo ma perché non ci credo proprio, però è un gruppo interessante che può solo e soltanto migliorare, se ben pungolato; e Luciano in fatto di pungolare credo sia uno dei maestri del calcio italiano. Inoltre il tecnico sembra avere il placet di tutto il gruppo, anche di coloro che fanno panchina più del dovuto viste le prestazioni di qualcuno dei nostri eroi assurto a ruolo di titolare inamovibile ed insostituibile; niente da dire, il palmarès di Spalletti parla piuttosto chiaro e gli stessi giocatori lo sanno. Oltre, come abbiamo sottolineato poco sopra, a sapere che la Società è un tutt’uno con chi li guida e che intemperanze, lamentele bambinesche, alzate d’ingegno o chiacchiericci vari verranno puniti senza appello; per la serie qui funziona così, se non ti adegui la porta è aperta e se anche provi ad opporti alla cessione te ne vai lo stesso. Non ho la palla di vetro, non ho idea di come andrà a finire l’annata sportiva; però, con Luciano nostro, Vi confesso che Mou – il mio personalissimo vate terracqueo nonché ispiratore calcistico per ogni dove – lo sento meno lontano rispetto a pochi mesi fa; saranno le cose che dice, sarà per come le dice, sarà per ciò che mi trasmette, ma il nuovo padrone della truppa è proprio lui, Luciano. Che, giusto per non smentirmi, sta rimettendo a posto le cose partendo dalla difesa, ad oggi la meno battuta del torneo; e se è vero che la squadra sembra lenta e impacciata a volte, molto di rado l’ho vista slegata e lunga, al contrario di tempi recenti. Soprattutto in mezzo al campo, benché non siamo dei fulmini di guerra, abbiamo due giocatori di passo e di intelligenza calcistica, Borja Valero e Vecino; andatevi a vedere le loro statistiche, avrete delle belle sorprese da parte di entrambi. E, prima di sparare alzo zero sulla inutilità del nostro gioco, date uno sguardo ai movimenti del centrocampo, di come riusciamo spesso a difendere in trenta metri con nove uomini dietro la linea del pallone. Certo, lo abbiamo detto; siamo un cantiere, di lavoro ce n’è da fare molto. Ma molto assai. Qualcosa sembra cambiato, insomma; io ci credo, pur ricordando che molti dei nostri eroi attuali mi devono perlomeno un biennio di sciagure calcistiche. Che va ripagato. Amatela, sempre. Buona domenica a Voi!
Sezione: Editoriale / Data: Dom 08 ottobre 2017 alle 00:00
Autore: Gabriele Borzillo / Twitter: @GBorzillo
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