Se vincere aiuta a vincere, perdere aiuta a perdere. Se poi perdi un derby, a prescindere dalla posta in palio, ti girano a elica e vai in depressione calcistica. Inizi a contare i giorni che ti separano dalla prossima stracittadina per rimettere a posto le cose. Questo è lo stato d'animo del tifoso interista dalla tenera età. Ma siccome da grande il tifoso in questione ha scelto anche di fare il giornalista, proviamo ad essere più analitici.

Dopo diciassette partite consecutive senza sconfitte, compresa quella di Coppa Italia con il Pordenone, l'Inter ha collezionato tre ko di fila, segnando un solo gol nelle ultime cinque gare e dando l'addio alla Tim Cup, possibile trofeo da alzare sette anni dopo la finale vinta all'Olimpico con il Palermo. Luciano Spalletti non trasforma più in oro quello che tocca. La squadra, che sino a venti giorni fa nelle difficoltà si esaltava e piazzava il cazzotto vincente, ora pare vittima predestinata dell'avversario e degli eventi. Come due anni fa con Mancini. Come due anni fa, durante le feste natalizie. Un caso? Non credo. Se non disponi, nella rosa, di qualità in abbondanza, devi sempre puntare sulla concentrazione feroce per andare a dama. Inter Bells è stata una bella iniziativa, tutti a cantare, compreso lo stadio. Ma prima di Inter-Udinese. Forse sarebbe stato meglio farlo dopo. Con i tre punti in tasca.

Altra considerazione: Sassuolo-Inter e Milan-Atalanta si sono giocate sabato 23. Perché, in vista del derby, i rossoneri si sono allenati il giorno di Natale, mentre i nostri si impegnavano a mostrare tramite Instagram un gruppo unito nel preparare Asado a casa? Il cosiddetto “clan dell'Asado” formato dagli argentini, ha portato l'Inter sul tetto d'Europa e del Mondo, ma prima di mangiare carne, mangiavano, metaforicamente parlando, gli avversari in campo. Campo che sta bocciando le caratteristiche di questa Inter definita difficilmente migliorabile da parte della dirigenza. Le armi letali, ossia gli esterni Candreva e Perisic pronti a innescare Icardi, ora sembrano il limite della squadra. Gli avversari stanno capendo come basti bloccare loro per azzerare quasi totalmente la manovra offensiva dell'Inter. Centralmente non accade nulla che non sia ordinario. Io la passo a te, tu la passi a me. Dribbling, percussioni, assist come ad esempio si è inventato Suso per Cutrone? No, non è nelle corde dei giocatori a disposizione e, abbassatisi i ritmi complice una normale stanchezza visto che giocano sempre gli stessi, compresi i due o tre cambi, ecco che segnare sia diventato tremendamente difficile.

Nonostante l'Inter abbia la fortuna di poter disporre di Mauro Icardi, uno dei migliori attaccanti del mondo. Non è al massimo della forma Maurito, per caratteristiche non andrà mai a iniziare lui un'azione con la squadra in difficoltà, ma anche nei momenti più neri che azzurri si capisce al volo che certi movimenti a ridosso dell'area li sa fare solo un bomber di razza. Il resto sono chiacchiere per chi ama perdere tempo. Ma Icardi è un lusso che ti devi poter permettere. Lo devi assecondare, stimolare, metterlo in condizione di poter anche sbagliare perché sa che dopo qualche minuto avrà un'altra occasione per bucare la rete avversaria. Ultimamente è invece condannato a sfruttare quelle poche opportunità che gli capitano, perché se non segna lui, non segna nessuno.

Il problema del gol che latita inizia ad essere preoccupante. Dopo il derby lo ha detto chiaramente Luciano Spalletti: “Se hai la palla gol, la devi realizzare. Non possiamo aspettare che i problemi ce li risolvano gli altri”. Saranno fischiate le orecchie a Joao Mario, colpevole di aver buttato addosso a Donnarumma secondo, come si diceva una volta, il pallone che probabilmente oggi ci avrebbe fatto fare altri discorsi. Cosi come il rigore fallito da Icardi con il Sassuolo. Ma quando iniziano ad abbondare i se, i ma, vuol dire che qualcosa non funziona più e si cerca protezione dietro gli alibi. La società, anzi la proprietà, ha il dovere di intervenire con prontezza. Lo meritano i sessantamila che hanno deciso di passare ogni due settimane un'ora e mezza del loro tempo al Meazza, lo merita una squadra che si chiama Inter poter giocare nella prossima stagione in Champions League.

Serve alla stessa proprietà per poter aumentare fatturati e prestigio internazionale. Il Financial Fair Play esiste purtroppo e sembra che con l'Inter abbia un particolare feeling, non la molla mai, ma a gennaio qualcosa si può fare, se si ha la volontà di farla. I diktat del governo cinese? Nessuno mette in dubbio che abbiano tarpato le ali ad un gruppo che invece vorrebbe investire pesantemente sul club, ma Suning l'Inter ha comprato. È una squadra di calcio, ha una grande storia vincente e ha bisogno di campioni perché i libri dei racconti non si ingialliscano troppo. Mentre scrivo mi rendo conto che domani si torna in campo. Come disse qualcuno nel meraviglioso 'Febbre a 90': “Tutto questo si ripete continuamente. C'è sempre un'altra stagione”. Nello specifico c'è un'altra partita, anche se tremendamente difficile. C'è Inter-Lazio, al Meazza che come al solito sarà pieno. Alza la testa Inter, la classifica dice che ancora si può sorridere e il derby perso dimenticare. Ma i problemi sono li, visibili e non fanno sconti. Vanno solo risolti.

Sezione: Editoriale / Data: Ven 29 dicembre 2017 alle 00:00
Autore: Maurizio Pizzoferrato
vedi letture
Print