È difficile non parlare di lui e con lui si intende Mateo Kovacic. Quando fa bene, i complimenti si sprecano, giustamente, ma quando fa male, il mondo nerazzurro si divide in due fazioni distanti e antitetiche l'una dall'altra: l'una sostiene, sostanzialmente, che il giocatore è troppo acerbo e che non può trovare una collocazione all'interno di questa squadra; l'altra, di contro, va oltre le carenze tattiche sostenendo che con il talento si può sopperire a tutto e bisogna attendere solo una scintilla.

Nessuno vuole dare ragione a una parte piuttosto che all'altra, anche perché le estremizzazioni non sono mai corrette, né danno una visione corretta dei fatti. La verità, purtroppo o per fortuna, sta nel mezzo delle due visioni sopra brevemente esposte. È innegabile che il croato abbia problemi tattici che ne rendono difficile la collocazione in campo: da mezzala al posto di Brozovic non garantisce lo stesso equilibrio in mezzo, al posto di Guarin fatica perché non può accentrarsi sul suo piede forte; da trequartista, come si è visto nell'ultima gara contro la Fiorentina, non ha il passo né la velocità mentale per leggere lo sviluppo dell'azione negli ultimi 25 metri di campo e, oltretutto, tocca troppe volte il pallone rallentando l'azione. D'altronde, è ovvio che il croato abbia il talento necessario per risolvere le partite anche quando non sembra in serata e Cagliari è l'ultimo esempio in ordine temporale.

Il talento c'è, nessuno lo nega e anche chi vi scrive non ha mancato di rimarcarlo, ma la strenua difesa, a volte, fa più male di sane critiche costruttive. Proteggere un ragazzo, seppur del 1994 e quindi nel pieno della crescita, metterlo in una campana di vetro, può essere il più grande errore che si possa fare nel tentativo di valorizzarlo. Tantissimi sono i giocatori dotati di talento cristallino in giovane età che non riescono a esplodere in Italia, perché carenti dal punto di vista tattico: subito la mente corre a Coutinho. Quando si pensa al brasiliano, arrivato come uno dei più grandi cracque del calcio sudamericano e mondiale, ci si ricorda solo delle ultime apparizioni con la maglia del Liverpool, ma i due anni passati a Milano, con l'intermezzo a Barcellona, sembrano essersi dissolti come neve al sole: la Serie A è da sempre un campionato più votato alla tattica che alla tecnica e non basta il talento per poterci giocare ad alti livelli. È questo, al momento, il limite più grande di Kovacic.

Mateo non ha nulla in meno, a livello di talento e colpi, rispetto a Shaqiri o Hernanes, ma rispetto a loro ha meno duttilità tattica, non riesce a trovare una collocazione sul campo. I 30 minuti di Shaqiri contro la Fiorentina hanno mostrato la differenza nella velocità di manovra della squadra, e non perché Xherdan sia superiore. Negarlo, oltre che essere inutile, è deleterio per la crescita del giocatore: ogni tanto una critica fa solo bene. Guardate Icardi. Mancini, come anche i tifosi, non ha lesinato critiche più o meno velate e l'attaccante, oltre a segnare, ha iniziato a essere parte integrante della manovra nerazzurra. È questo quello che serve a Kovacic, una sana critica, come quella che un padre fa a un figlio che conosce le potenzialità del ragazzo, ma che il giovane non riesce a mettere in mostra.

Viziare il bambino in questione, difendendolo, dicendogli: “Non ascoltarli”, sorvolando sui limiti, non fa il bene di Kovacic, così come non fa bene attaccarlo sempre e addossargli colpe che non sono sue. Ai limiti del preconcetto. Serve equilibrio e solo un buon padre come Mancini può impartire al croato quelle regole che possono far diventare il gioiellino nato a Linz uno dei migliori giocatori (e non talenti) dell'ultima decade e non il più grande caso calcistico di “Potrebbe fare di più, ma non si applica”. Dall'umiltà con cui parla di sé la sensazione è che l'ex Dinamo Zagabria sia consapevole del lavoro che ancora gli tocca per maturare. Buon segno, è il passo più importante sul percorso del successo. E Kovacic ha tutto per arrivare in fondo, con le indicazioni opportune.

Sezione: Editoriale / Data: Sab 07 marzo 2015 alle 00:00
Autore: Gianluca Scudieri / Twitter: @JeNjiScu
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