Anche Stefano Pioli ha fallito, e sarebbe stato davvero incredibile il contrario. L'allenatore parmigiano ce l'ha messa tutta per raddrizzare la barca nerazzurra e condurla nel porto della Champions. Va dato merito al tecnico di averci provato con serietà, competenza e anche ottimi risultati per svariati mesi. Se a un certo punto i nerazzurri hanno davvero creduto al terzo posto, raggiungendo picchi di gioco finanche esaltanti, lo devono soprattutto a Pioli.

Purtroppo, quando l'obiettivo grosso è sfuggito (più con la Samp che col Torino), è arrivato un cortocircuito. Esattamente come quando sei in rimonta in una partita e prendi il gol che ti taglia le gambe negli ultimi minuti: l'Inter ha accusato il colpo e ha sbracato, rimediando appena due punti nelle ultime sei partite. Ma i guai partono da lontano. Partono dall'estate colma di orrori, dalla separazione con Mancini e dalla scelta De Boer.

L'opera di Pioli si è invece fermata proprio dove lui per primo non avrebbe voluto: nell'attimo esatto in cui il suo status sarebbe dovuto passare da 'normalizzatore' a 'potenziatore'. Ancora una volta, come accade ormai da anni, l'Inter si arena al momento del salto di qualità: era accaduto con Ranieri dopo il mercato invernale, con Stramaccioni dopo il 3-1 allo Juventus Stadium e con Mancini nella seconda parte dello scorso campionato. Purtroppo, in comune a queste esperienze c'è anche la caduta libera dopo il momento più alto.

Insomma, ci si rende conto che si stanno affrontando gli stessi temi ormai in un loop insopportabile, al di là dei giocatori, della proprietà e degli allenatori che continuano a passare con rapidità a tratti imbarazzante. Pioli – si diceva - ha fallito. Inutile girarci attorno. Ma chi avrebbe fatto meglio in queste condizioni? La certezza è che, al di là delle parole di facciata, anche lui è stato 'bruciato' e non potrà essere confermato per ovvi motivi. La storia di De Boer – difeso la sera e mandato via la mattina – è troppo recente per poter essere dimenticata.

Avanti un altro. Più Simeone che Conte: l'italiano appare irraggiungibile, mentre per l'argentino c'è da cucire con cura il vestito giusto. Ciò che fa ben sperare è la chiamata di Lele Oriali, una figura manageriale che mancava e della quale – evidentemente – anche Suning ne ha sentito la mancanza. Perché è da lì che si dovrà partire: dall'allestimento di una dirigenza strutturata, solida, che sorregga e supporti il lavoro dello staff tecnico. Con la speranza che sia finito Il tempo dei comunicati populisti, dei ritiri prolungati ma poi alleviati, delle uscite mediatiche troppo spesso a caso, degli investimenti sul mercato un po' naif (Montoya, Caner Erkin, Gabigol...).

Ancora un mese scarso e poi andrà in archivio l'ennesimo campionato di sofferenza del post-Triplete. La fine di una stagione mai iniziata

Sezione: Editoriale / Data: Mer 03 maggio 2017 alle 00:00
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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