Strana la vita interista di Stefano Pioli, uomo in mezzo al guado di una stagione che per media punti lo vede accostato ai santoni del mondo nerazzurro come José Mourinho ma per posizione in classifica lo rende precario come un De Boer qualunque, attorniato dalle solite presenze fantasmatiche che assumono le forme ora di Diego Simeone, ora di Antonio Conte.
A due giorni da Inter-Roma, scontro verità che dirà molto sulle velleità di terzo posto di Icardi e compagni, la schizofrenia mediatica non ha risparmiato nemmeno il tecnico emiliano, prigioniero di una situazione di cui non ha il controllo perché, per quanto possa essere dolce il presente, il passato è storia e il futuro è un enigma. Il rischio che la sfida che andrà in scena domenica sera a San Siro si trasformi in una specie di resa dei conti solo per l’uomo che siede in panchina è reale, e il primo a esserne consapevole è il diretto interessato, già abituato all’idea dallo scorso novembre quando ricevette quell’assist dal destino che mai sarebbe arrivato senza la somma delle scelte sportive non propriamente illuminate prese dalla società prima del suo avvento.
Insomma, per l’autoproclamatosi potenziatore venuto da Parma è arrivato il momento senechiano in cui il talento incontra l'occasione, che in questo caso viene circoscritta come la chance di una vita per chi è pronto ad accoglierla nella piena maturità della sua carriera. E poco importa se sarà l’unica che avrà ricevuto in dono dal Fato, quello che conta è esserci arrivato potendo dire di non aver alcun rimpianto, sapendo che comunque vada ne è valsa davvero la pena. Niente può scalfire un uomo che ha fatto la gavetta per più di 10 anni, che ha realizzato il sogno di guidare da allenatore la squadra che tifava da ragazzino. Nemmeno se il fallimento fosse bollato semplicisticamente come l’essere arrivato quarto in classifica in una corsa che assomiglia tanto a una 4X100 nella quale da frazionista più veloce ha ricevuto il testimone per recuperare il terreno perduto da Mancini, De Boer e Vecchi (quest’ultimo a dire il vero è l’unico ad aver rispettato il suo tempo).
La falsa partenza del Mancio sullo sparo dello starter, causata dai rumori di fondo di un’incomunicabilità irrisolvibile con alcune figure della proprietà, ha tolto a tutti la possibilità concreta di vedere le reali potenzialità (qui ritorna il ruolo del potenziatore) di una squadra che dopo essersi classificata quarta a 13 punti dalla zona Champions è stata migliorata con gli arrivi di Banega, Ansaldi, Candreva, Joao Mario, Gabigol, e, ultimo ma non per importanza, Gagliardini.
Questo è il vero nodo mai sciolto di un’annata che non può essere ridotta banalmente ad uno scontro da dentro o fuori tra la quarta forza e la quarta forza del torneo; questa è la più grande sventura che dà voce agli iscritti del partito ‘se ci fosse stato Pioli da inizio stagione, avremmo lottato per lo scudetto’.
Beati loro che hanno tutte queste certezze. Agli altri, che non hanno la controprova per sbugiardarli, resta l’unico dato di fatto: oggi, a poco meno di 48 ore di una gara che non si può sbagliare, la trinità interista composta da proprietà, dirigenza e squadra non è ancora nella top tre d’Italia. Dove si debba rintracciare il motivo di questo risultato non è dato saperlo con certezza, ma dagli elementi di cui si dispone non sembra doversi identificare nella guida tecnica, unica vera 'grandezza nota' nell’ipotetica equazione che la prossima stagione dovrebbe portare la Beneamata all'agognata competitività per il titolo. Rinunciarvi, fosse anche per un valore che si reputa maggiore (leggi Conte o Simeone), vorrebbe dire trasformare l’operazione in un’uguaglianza a più incognite il cui risultato sarebbe rinnovare la recitazione del solito mantra che va per la maggiore in questi giorni ‘se ci fosse stato X in panchina, avremmo lottato per lo scudetto’.
Una specie di Inter’s karma, la religione politeista nerazzurra che professa che dalla continua reincarnazione della figura del tecnico si ottenga un miglior destino per la vita successiva.

Sezione: Editoriale / Data: Ven 24 febbraio 2017 alle 00:00
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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