Il titolo, lo ammetto, è leggermente forzato. Ma voluto. Proprio perché mai come in questo momento dall’inizio dell’era Thohir, l’Inter è stata tanto pirandelliana. Le scelte del Presidente sono state fatte tempo addietro e tagliare testine e testone che gravitavano intorno al mondo nerazzurro si è rivelato un autentico toccasana. Troppa gente senza un ruolo ben definito, troppi cervelli senza un progetto preciso. Inutile stare a ripeterlo, sono state portate a Milano eccellenze nel campo del calcio virtuale, del marketing, della quadratura dei bilanci. Ma credo sia stato lasciato scoperto un tassello fondamentale nello scacchiere disegnato dal tycoon nerazzurro e dalla sua cerchia: quella figura che deve necessariamente fare da collante tra il mondo Inter e i media. Perché è corretta l’idea di rilanciare l’immagine del club a livello planetario, ma non bisogna dimenticare l’orticello di casa. Perché è giusto rincorrere i milioni di tifosi nerazzurri sparsi per il mondo, ma senza ignorare quelli che vivono la squadra quotidianamente a poche decine o centinaia di chilometri.

In principio, con ogni probabilità, questo fantomatico ruolo avrebbe dovuto ricoprirlo Mancini. Cioè, in parole povere, la dirigenza ha pensato che l’allenatore potesse svolgere quel ruolo di manager tanto caro al calcio anglosassone. Che però ha dinamiche totalmente differenti dal nostro. Non che i tabloid inglesi siano più “leggeri” rispetto a quelli nostrani, anzi; se possibile sono ancor più invasivi, perfidi e perennemente alla ricerca dello scandalo più che dello scoop vero e proprio. Ma il football d’oltre Manica non è costretto a riempire le colonne di tre giornali sportivi, di trasmissioni televisive e radiofoniche quotidiane. Perché qui, tecnica e tattica a parte, le difficoltà derivano anche dal trovarti sbattuto in prima pagina qualunque dichiarazione tu faccia; spesso, a dire il vero, si tende ad estrapolare da un discorso più ampio un passaggio ben definito e su quello si costruisce il caso di cui parlare nei due o tre giorni successivi. Insomma, nulla si inventa ma molto si gioca. E, se fai parte del circo pallonaro, queste sono regole che devi conoscere. Inevitabilmente.

Ora, nell’ultimo periodo, al Roberto british, quello calmo e con una risposta per tutti, sorriso sempre stampato sul viso, si è sostituito il Roberto furioso, quello che non si controlla, quello che riesce a cadere nelle trappole che gli vengono tese giorno dopo giorno. Personalmente credo che la lunga lontananza del nostro tecnico dal calcio italico gli abbia fatto dimenticare le regole del gioco; che dovrebbe conoscere a menadito, visto che a questo mondo appartiene da oltre trent’anni.  Ma quanto manca la Società in momenti di questo tipo, quando le cose vanno maluccio? Perché, di fatto, io vedo Mancini come un uomo solo. Poco interessano i risultati sul campo. Il problema dell’Inter, oggi, è la mancanza una figura forte, che possa affiancare tecnico e squadra nei perigli di un mare tra il molto mosso e l’agitato. Arriverà dall’Hellas Gardini, amico di Roberto dai tempi della Lazio. Auguri, sperando che basti.

Nel frattempo all’interno della squadra molti, forse troppi, sono i personaggi in cerca d’autore. Natale non è stato clemente coi nostri colori, restituendoci una parte degli interpreti principali in pessime condizioni fisiche e mentali. Ma la testa, si sa, va di pari passo col fisico; pertanto, se tu chiedi al tuo corpo determinati sforzi e per enne motivazioni questo non risponde come vorresti, inevitabilmente finisci per crollare anche psicologicamente. Lasciando da parte per un momento l’inutile richiamino ai 45 gradi della penisola araba e l’inutilissima partita col PSG, sempre la storiella del rafforzare legami con chi non ci presta nemmeno l’ultima delle sue riserve, quella sorta di appagamento che ha colpito alcuni non è spiegabile né tantomeno comprensibile.

Il mercato di riparazione ha portato Eder, ex bomber del Doria e titolare della Nazionale di Antonio Conte, a vestire il nerazzurro; e, opinione del tutto personale, non è un caso che Mancini abbia chiesto ed ottenuto l’attaccante italo-brasiliano. Non dimentichiamoci che le asfittiche casse nerazzurre, ringraziare sempre le gestioni post 2010 ed i mercati lungimiranti effettuati da allora e per i successivi tre anni, dovrebbero a fine stagione riscattare a suon di milioncini un paio di giocatori finiti sulla sponda corretta del Naviglio come prestiti con diritto di riscatto. Peccato che, non lo affermo io ma il terreno di gioco, a ben vedere le prestazioni non rispecchino il valore della contropartita economica. E penso che la Società si stia orientando verso un tranquillo 'lasciamoli tornare da dove sono venuti' piuttosto che impegnarsi in un’opera di recupero ad oggi assai complicata.

Certo è che vedere la trasformazione negativa di taluni dà un pochino di fastidio; so di essere retorico ma dal mio punto di vista, che più volte ho avuto il privilegio ed il piacere di esprimere in questo spazio, chi scende in campo ha il dovere di dare sempre e comunque il massimo, soprattutto per rispetto nei confronti di chi spende soldi per venire a vederti e di chi si sobbarca chilometri e chilometri pur di essere al fianco della squadra, partita dopo partita. E non esiste vedere in campo chi cammina, chi corricchia, chi passa il tempo a protestare invece di inseguire l’avversario che ti ha appena sottratto il pallone. Poi, se vogliamo, possiamo parlare anche di evidenti limiti tecnici di alcuni; ma il limite tecnico non è una colpa, Madre Natura ti ha dotato meno di altri. L’accidia di questi altri invece è un peccato, aggiungerei pure assai grave. Però è colpa di Mancini (vuole dir nulla in questo contesto ma fa tendenza). Amatela. Sempre! Buona domenica a Voi.

Sezione: Editoriale / Data: Dom 07 febbraio 2016 alle 00:00
Autore: Gabriele Borzillo / Twitter: @GBorzillo
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