Ultimo giorno, poi finalmente si chiudono i battenti. Questo gennaio, al di là dei risultati sul campo, non sta regalando grandi soddisfazioni neanche sul mercato. Inutile girarci intorno, finora l'Inter si è distinta più nelle uscite che nelle entrate. Vero è che Lisandro Lopez risolve un gap trascinatosi dalla scorsa estate, vero è che Rafinha è potenzialmente un ottimo innesto ma non è chiaro quando sarà al 100% e se, tra qualche mese, la società eserciterà un riscatto particolarmente costoso. Negli ultimi giorni la dirigenza è stata impegnata soprattutto ad accontentare chi chiedeva più spazio (Nagatomo domani al Galatasaray e Joao Mario già in campo con il West Ham) e chi non rientrava più nel progetto per ovvia incompatibilità con le esigenze dello staff tecnico (Brozovic, che salvo colpi di scena dovrebbe andare al Siviglia). Tutte operazioni, neanche a dirlo, in prestito, quanto meno oneroso per riuscire a racimolare gli spiccioli necessari per chiudere quella principale in entrata: Javier Pastore.

Il problema principale è che mentre ne scrivo l'argentino è in campo contro il Rennes e il borsino è al ribasso. L'ottimismo dei giorni scorsi ha lasciato spazio a un malsano realismo, alimentato dalle parole e soprattutto dalle mimiche facciali di Sabatini e Ausilio dopo il summit in sede di due sere fa. Durante quell'incontro le aspettative dei due direttori sono state mortificate dal muro di Suning: niente obbligo, neanche mascherato. Conditio sine qua non imposta dal Paris Saint-Germain per privarsi del Flaco. Sembrava tutto apparecchiato, invece la portata tanto attesa tarda a uscire dalla cucina e il tempo stringe. Non voglio tornare sul modus operandi della proprietà cinese, già in passato ne sottolineai la fermezza con cui perseguono una strategia, finanziaria in questo caso. Strategia che, in ottemperanza del settlment agreement, non prevede investimenti a gennaio né impegni economici per i bilanci successivi. Autofinanziamento hic et nunc. Stop. Quanto basta per vanificare il lavoro di Bono Vox e Bruce Springsteen, che avevano in pugno Pastore e, con lui, un raggio di sole che solca i nuvoloni addensatisi durante gli ultimi due mesi su Appiano Gentile.

Non so come andrà a finire, il buon senso mi invita a pensare che la 10 nerazzurra che fu di Joao Mario troverà nell'argentino un più che degno erede, magari già dalla partita di sabato contro il Crotone (contrattura permettendo). Ma forse più che buon senso è ingenuo ottimismo, perché con i numeri (e i soldi) non si può scherzare. Intanto, è giusto sottolineare un aspetto da cui non si sfugge: a prescindere che arrivi o meno Pastore (ma se escono due centrocampisti, ne basterebbe solo uno in entrata?), senza una squadra in grado di supportarlo e integrarlo a dovere è inutile attendersi che salvi la patria. Stiamo parlando di un grande giocatore, abituato alla pressione e ai grandi palcoscenici, che sicuramente riverserebbe sull'Inter tutta la sua classe.

Chiaramente ha giocato poco nelle ultime stagioni, ma sfido chiunque a sostenere che anche solo una partitella di allenamento con i campioni del PSG non sia più competitiva di una gara di Serie A. In più, argomento interessante, lui stesso si è esposto pubblicamente per dire di voler vestire la maglia nerazzurra. Di questi tempi e in ristrettezze finanziarie non è poca cosa. Per questa ragione, se davvero l'affare non andasse in porto, oltre al danno tecnico che difficilmente Spalletti elaborerebbe senza patemi, ci sarebbe anche quello di immagine a livello internazionale: perché un club come l'Inter, che ha l'ambizione di tornare nella top ten europea, non può permettersi di rinunciare a un'operazione già intavolata per mancanza di volontà della proprietà cinese. Chiudere un occhio, accettando un obbligo mascherato, restituirebbe la speranza ai tifosi e soprattutto manderebbe un messaggio incentivante ai giocatori, gli stessi che dopo aver illuso mari e monti si sono ritratti in una paurosa involuzione.

Ricordate quando Spalletti si focalizzava sulle mancate vittorie invitando i suoi 'professionisti' a chiedersi come mai non le avessero ottenute? Negli ultimi due mesi queste domande sono fioccate, in modo inquietante. Per questo, senza una scossa dall'interno, neanche Messi o Cristiano Ronaldo potrebbero riportarla al magic moment di inizio stagione. Nonostante il pessimismo strabordante e la preoccupante striscia senza successi (9 in tutte le partite ufficiali), l'Inter è sempre lì, quarta con 4 punti virtuali sulla Roma. In linea con il proprio obiettivo. Basterebbe mettere da parte momentaneamente quanto accaduto a cavallo tra il 2017 e il 2018 e osservare oggettivamente la classifica per essere comunque soddisfatti.

Senza il retrogusto amaro della crisi di risultati, infatti, la strada per il piazzamento in Champions League si paleserebbe ancora libera e percorribile. Per questa ragione l'aria che si respira nell'ambiente nerazzurro dovrebbe essere meno pesante e più positiva, per quanto i 2 punti gettati al vento a Ferrara urlino ancora vendetta. Mercato o non mercato, Pastore o non Pastore, senza il contributo di tutti, Spalletti compreso, verrebbe sprecata l'ennesima stagione. Non esistono salvatori della patria, ma solo impegno e soprattutto coraggio, lo stesso inspiegabilmente perso dopo la sconvolgente serata contro il Pordenone, che ha fatto da spartiacque tra un'Inter coraggiosa, compatta e vincente e la sua versione vietata ai minori.

Chiosa finale su Nagatomo: dopo 7 anni, probabilmente i peggiori della storia recente nerazzurra, anche il giapponese saluta e va a giocare in Turchia, con continuità. La stessa che gli sta mancando a Milano. Al di là delle facili ironie sul suo conto, sono certo che ciascuno dei 700 allenatori che lo hanno avuto all'Inter possa solo parlarne bene. Professionista esemplare, sempre pronto quando chiamato in causa, ha sempre palesato limiti di cui era comunque consapevole e intenzionato a sfidarli. Avessero avuto la sua mentalità, molti dei suoi compagni avrebbero goduto di miglior sorte. E l'Inter di ben altri risultati. In bocca al lupo Yuto, l'ultimo samurai.

Sezione: Editoriale / Data: Mer 31 gennaio 2018 alle 00:00
Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
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