Inter-Lazio pre-natalizio ormai è diventato un classico, un po' come la messa in onda sulla tv generalista di 'Una poltrona per due'. Se poi a dirigere è Mazzoleni, la tradizione è rispettata appieno. Di insolito però c'è la vittoria rotonda dei nerazzurri, un evento che mancava da qualche tempo al cospetto dei biancocelesti al Meazza. Un successo che tradisce, per l'ennesima volta, il blocco psicologico che affligge questa squadra, in grado, quando libera da brutti pensieri, di esprimere anche un calcio piacevole e redditizio. Mi riferisco al gol di Banega che ha come scoperchiato una pentola a pressione che, chiusa, schiacciava le aspirazioni dei calciatori di Pioli. Da quel momento si è vista tutt'altra squadra, nulla a che vedere con quella timida, impaurita e senza punti di riferimento del primo tempo, tenuta in piedi da Handanovic e dal senso della posizione di D'Ambrosio (applausi per lui). Dopo il vantaggio, l'Inter ha cambiato pelle ed è diventata un piacere per gli occhi: due gol e una traversa di Icardi, tante ripartenze, ottima predisposizione difensiva, il tutto in un clima festaiolo in anticipo rispetto al calendario dell'Avvento. 

Una prestazione di squadra in cui tutti hanno recitato una parte significativa, chi più chi meno. Ma con la pausa che stronca un po' questo andazzo estremamente positivo (terza vittoria consecutiva, quarta compresa l'Europa) è anche il momento di chiedersi come mai questi giocatori non riescano a imprimere la propria impronta sin dall'inizio, ma vaghino in campo in attesa dell'evento propizio. Pioli lo ha detto più volte, se non prendiamo gol vinciamo. Ieri sera è andata così, perché l'Inter ha giocatori talmente talentuosi che la rete prima o poi la riesce a segnare. E a San Siro il gol è arrivato per la 18esima volta consecutiva. Confermato in modo stavolta gradevole il limite psicologico della squadra, ora c'è il tempo per lavorarci e tornare dopo la sosta con maggiore consapevolezza. Le qualità non mancano, anzi abbondano, però la testa deve far girare le gambe altrimenti i virtuosismi lasciano il tempo che trovano. Di certo c'è che dopo le prestazioni anche dei singoli (questo è il Kondogbia per cui la società si è svenata, o almeno gli si avvicina) tutto sembra possibile. Anche una rimonta.

In conclusione, vista l'abbondanza di ottimismo derivante dal rettangolo di gioco, vorrei sottolineare una personale sensazione. Martedì scorso sono stato ad Appiano Gentile per assistere alla conferenza di Pioli ma, soprattutto, a quella di presentazione del brand naming di Suning al centro sportivo. Ho visto intorno a me tante novità, nulla di clamoroso, ma il messaggio che mi è arrivato è di grande cambiamento dal punto di vista della mentalità, sostenuta da una cospicua solidità finanziaria. Leggere e ascoltare le parole è una cosa, assistere con i propri occhi è altro. Il centro sportivo di Appiano Gentile, oggi 'Suning training centre in memory of Angelo Moratti', è solo il primo passo del profondo restyling a cui l'Inter incorrerà. E chi se ne farà carico mi trasmette enorme fiducia. Seguendo l'allenamento, ho visto Steven Zhang a bordo campo, riparato sotto l'ombrello dalla pioggia battente. Poteva starsene a casa, al caldo, nel suo appartamento in centro, visto che era una seduta come tante altre. Ma ha voluto esserci. Chi sostiene che la proprietà sia lontana e non segue la squadra si sbaglia di grosso. Da almeno tre anni non è così vicina.

Sezione: Editoriale / Data: Gio 22 dicembre 2016 alle 00:00
Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
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