Quasi certamente, si fosse presentata a inizio estate davanti ai tifosi nerazzurri una soluzione del genere a inizio mercato, questi ultimi avrebbero strabuzzato gli occhi perché avrebbero creduto meno a questo finale inatteso più che alle limitazioni che hanno frenato pesantemente le ultime settimane di campagna acquisti dell’Inter. Perché anche una delle recenti dichiarazioni pronunciate da Luciano Spalletti in tal senso faceva andare tutto in direzione contraria. Eppure, per un motivo piuttosto che per un altro, alla fine lo status quo è rimasto con un contesto che mai come in questa prima parte di stagione porta a considerare il fatto che Andrea Ranocchia sia ormai alla prova definitiva con la maglia dell’Inter. Forse quella meno attesa, di certo quella più pesante.

Se c’è un qualcosa in cui gli uomini mercato dell’Inter hanno sicuramente sbagliato nell’approccio e nelle valutazioni, perdendo qualche dan delle cinture nere assegnate loro da Spalletti ieri, quel qualcosa è la gestione del parco difensori: perché tante sono state le partenze, a volte inevitabili come quella di Jeison Murillo che una volta arrivata l’offerta del Valencia era ormai proiettato con la mente al ritorno in Liga, a volte invece frutto di scelte che soprattutto considerata la condizione attuale appaiono perlomeno opinabili. Basti pensare al fatto che Marco Andreolli ha potuto firmare con il Cagliari da free agent senza che venisse nemmeno ponderata l’ipotesi di poterlo tenere almeno un’altra stagione, oppure, fatto forse ancora peggiore, al modo in cui Gary Medel è stato consegnato al Besiktas per una cifra tutto sommato assai modesta, negando al cileno anche solo un’opportunità per mettersi in mostra davanti al nuovo tecnico interista, lui che magari non sarà lo sposo ideale dei fini dicitori del pallone ma che con la sua duttilità avrebbe fatto certamente comodo. 

La caccia sfumata al rinforzo last minute ha fatto il resto, col risultato che oggi la situazione è quella che conosciamo tutti: quella di un’Inter che dispone di un parco centrali decisamente risicato, dove alle spalle di un Joao Miranda che comunque appare rigenerato dalla cura del tecnico di Certaldo e di un Milan Skriniar sempre più piacevole rivelazione di questo avvio di stagione, che dopo quello con San Siro ha saputo superare anche l’impatto con un altro stadio non esattamente piccolo e tranquillo come Wembley, giocando da padrone con la maglia della Slovacchia anche in un ruolo che sulla carta non gli appartiene, al netto dell’eventuale spostamento di Danilo D’Ambrosio e di un ricorso, al momento idea di improbabile realizzazione, alla lista degli svincolati, ci sono un giovane puledro di razza come Zinho Vanheusden, asso della Primavera del quale però bisogna verificare tutto l’approccio col piano superiore, e appunto Andrea Ranocchia. Che arriva a questo momento della carriera in una situazione psicologica decisamente particolare.

C’è poco da girarci intorno, forse: Ranocchia aveva le valigie sulla porta di Appiano Gentile, anche perché la sua volontà più o meno implicita era quella di cambiare aria, magari per tornare in Premier League dove bene aveva comunque figurato nella seconda parte dello scorso campionato malgrado non sia riuscito ad accompagnare l’Hull City verso la salvezza. E le proposte di certo da Oltremanica non mancavano, però mai i discorsi sono stati approfonditi. Sono passati i giorni, Steven Zhang (che adesso, con l’elezione di Andrea Agnelli alla presidenza dell’Eca, pare poter annusare aria di stanza dei bottoni del calcio europeo) al termine della tournée asiatica fa un accorato discorso nel quale sostanzialmente spiega che chi non è nel progetto Inter sarà accompagnato all’uscita e si fatica a pensare che queste parole non riguardino anche Ranocchia, che però passano altri giorni e alla fine per lui non si rende necessario obliterare il biglietto di partenza.

Quello che segue è la catena di dichiarazioni a difesa della permanenza del ragazzone umbro, dal 2011 all’Inter dove la sua parabola, dopo un avvio ottimo sotto la gestione Leonardo, è andata via via scendendo fino a toccare punti di minima anche abbastanza imbarazzanti; da Piero Ausilio che chiede per il giocatore maggiore considerazione, lodando la capacità dell’Inter di opporsi alle proposte arrivate, alla marcia indietro anche di Luciano Spalletti che da Coverciano, dopo aver dato il giocatore come sicuro partente nemmeno troppo tempo fa, arriva addirittura a dire di non essere certo che Miranda e Skriniar siano poi così superiori a lui. Parole dettate da un reale convincimento sulle doti del giocatore, esercizio di training autogeno, oppure tentativo di difesa preventiva di un elemento finito troppo spesso nel mirino della critica anche interna?

Di sicuro, prese nel loro valore assoluto, certe parole altro non fanno che rendere ulteriormente pesante la posizione del diretto interessato, ufficiale primo cambio nel caso ai due titolari designati venga anche solo il classico malanno stagionale. Non deve essere facile per un giocatore che va ricostruito in primo luogo sul piano psicologico: lui che probabilmente già si sentiva fuori dai giochi si ritrova ora forzatamente nel pieno delle gerarchie spallettiane e che mai come questa volta avrà puntati gli occhi di San Siro, arena che spesso gli ha riservato bocconi più amari che dolci. Riuscirà a reggere l’urto? Lui fa della calma e della fede la sua forza, di fronte a situazioni simili ha avuto il merito di scomporsi raramente, anzi non di rado, ha saputo rispondere con prestazioni importanti nelle situazioni per lui più ‘estreme’. 

Questo può essere certamente un motivo per dare un po’ di sollievo alla tifoseria, anche se Ranocchia, mai come in questi mesi, è chiamato a dare tutto e anche di più, perché mai come in questi mesi la sensazione è che per lui sia arrivato il momento del ‘do-or-die’, dell’ultima vera chiamata per la svolta personale e della carriera all’Inter. 

Sezione: Editoriale / Data: Mer 06 settembre 2017 alle 00:00
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
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