Un mese e mezzo senza vincere una partita, in pratica nove partite senza un successo, quarto pareggio consecutivo e classifica che sta avvilendo sempre di più il fragilissimo carattere dell’Inter. Se ogni anno, da sei anni, si ripete lo stesso percorso e le motivazioni addotte da giornalisti, tifosi e la proprietà più silente della storia nerazzurra, sono sempre le stesse, è logico confidare si vada più a fondo, intuendo che la spiegazione non è sempre il modulo, l’allenatore puntualmente incapace e giocatori scarsi. Certamente riguarda anche il fatto di non avere fenomeni in campo ma la modalità con la quale sistematicamente, ogni stagione, vive di picchi e cadute libere non è addebitabile alla sola assenza di talento. Spalletti non è il colpevole, non è lui la causa dei mali interisti, a prescindere da qualche errore che gli si può imputare nelle scelte. Non è l’allenatore l’assassino, come spiegazione che ogni anno con straordinaria approssimazione si dà alla crisi di turno. Tuttavia il lato positivo viene dagli altri. Due punti persi con la Spal valgono un punto guadagnato su Lazio e Roma.

La partita

Il primo tempo scivola via con pessime sensazioni, quelle di una squadra che ha smarrito le certezze e pensa, come le scorse stagioni, individualmente e non più collettivamente. Zero movimento senza palla, zero fiducia e nessun sacrificio. Non c’è armonia nel movimento e Spalletti lo capisce subito. L’Inter non fa nemmeno un grande possesso palla che si spartisce con la Spal quasi equamente, un tiro (uno) in porta e due tiri malandati fuori dallo specchio. Un solo corner e l’incredibile numero di 28 palle perse, a fronte di sole 10 recuperate. Brozovic torna ad essere Brozovic e, dopo un ottimo approccio nella gara con la Roma, torna ad essere indolente, una sorta di medusa in campo che fluttua senza interesse per sé e gli altri. Candreva per tutto il primo tempo fa scelte sbagliate, va asincrono con i tempi di gioco, sbaglia un gol facile e crossa come sempre teso, colpendo gli avversari. Involuzione inspiegabile, per la quale viene cambiato alla fine del primo tempo. Perisic e Cancelo sono due esterni alti ma solo uno dei due gioca nel suo ruolo e non si trovano come vorrebbero, mentre Vecino corre per gli altri e Borja Valero sbaglia a ripetizione, come Cancelo, dando palloni lenti e imprecisi che finiscono nei piedi degli avversari.

Nel secondo tempo la Spal fa il gol per l’Inter e su questo la squadra vivacchia, tentando sporadicamente un affondo ma riuscendo solo a speculare. Cancelo migliora il suo rendimento, Icardi si lamenta e gioca per assecondare il giudizio dei suoi detrattori. Male. La partita diventa sempre più orrida e nel finale la Spal trova il suo primo gol di testa dell’anno. Partiamo dalla costruzione della squadra. I centrocampisti dell’Inter non tirano, non fanno gol, corrono senza particolare frenesia e timbrano il cartellino senza grande partecipazione. Candreva non è sereno, sa lui perché, Perisic sembra Brozovic ed Eder sembra lui tra cinque anni. Questa generale apatia che si ripresenta ogni anno ha un denominatore comune nel nucleo di giocatori “storico”, rappresentato da Icardi, Handanovic, Perisic, Brozovic, Nagatomo (in uscita) e Ranocchia. Lo spogliatoio non ha leader naturali e nemmeno artificiali ed è lo specchio di scelte fatte in estate, quando viene apparecchiata la rosa pensando più a convenienze economiche che ad una composizione della rosa in sintonia con obbiettivi da Inter. L’anima grigia dell’Inter costruisce squadre grigie, incolori, distanti, senza interesse per la storia e il prestigio. D’Ambrosio è un bravissimo ragazzo ma quando si presenta ai microfoni pronuncia frasi di circostanza “noi ci crediamo” con tono monocorde e plastificato, rivelando l’assenza di un’anima, l’inesistenza di un attaccamento sufficiente per obbiettivi prestigiosi.

Sarebbe interessante sapere cosa pensa la società di sé stessa. Siamo passati da Moratti che sotto la Saras parlava con cuore e istinto, senza paracadute e dunque anche ingenuamente, all’esatto opposto. Zhang senior non si è più visto, Zhang jr continua ad imparare, Zanetti non parla più, Ausilio ridimensiona gli entusiasmi, Sabatini parla pochissimo, Spalletti parla tantissimo. Le società che funzionano meglio oggi sono quelle con presidenti e dirigenza vicine nel quotidiano. Napoli, Juve e la Lazio hanno De Laurentiis, Agnelli e Lotito qui in Italia. Inter, Roma e Milan hanno una societa distante. L’Inter è organizzata meglio di prima, fattura di più ma non sa costruire un gruppo di giocatori di alto livello e non sembra in grado di fare autocritica, di comprendere le ragioni delle sue stagioni fallimentari. Probabilmente perché non ritiene siano state tali. Non è ancora finita, l’Inter in qualche modo è ancora in zona Champions ma se questi gocatori hanno il cuore incellophanato, nemmeno con il miglior Rafinha o addirittura Pastore, si può contare sul quarto posto. Amala.

Sezione: Editoriale / Data: Lun 29 gennaio 2018 alle 00:00
Autore: Lapo De Carlo / Twitter: @LapoDeCarlo1
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