Milan ottavo, Inter nona. L'Europa di serie A alias Champions League, irraggiungibile per le due squadre, quella di B o Europa League, quasi. La critica che non tifa, ma legge freddamente la situazione, dice chiaramente che le milanesi rappresentano la vera delusione di questo campionato. E allora da più parti leggiamo che domenica sera il Meazza ospiterà uno dei derby più poveri e inutili della storia. Solo nel 1958 si stava peggio alla vigilia di una stracittadina, con l'Inter ottava e il Milan decimo. In campo poi non vedremo i campioni, alcuni autentici fuoriclasse, del passato, che ponevano il derby di Milano in cima al mondo calcistico.

E allora? Dovremmo rassegnarci a uno stadio semivuoto come avviene tristemente da un paio di stagioni nelle partite “normali”? No, proprio no. La verità è che mancano meno di diecimila biglietti da vendere per esporre il fatidico cartello con su scritto sold out. Le due curve sono al lavoro da mesi per ultimare le loro appassionate scenografie che regalano agli ultrà una soddisfazione a volte superiore all'eventuale vittoria in campo. Il cosiddetto calcio moderno piace a pochi. Sempre più business e meno sport, proprietà che cambiano connotazioni e addirittura nazionalità, romanticismo ormai impolverato relegato in soffitta. Ma a -4 dalla sfida meneghina certe sensazioni rimangono forti, il countdown è scattato nelle menti dei tifosi, milanesi e non, delle due squadre.

Penso che paradossalmente un derby che conti poco per la classifica, sia il vero derby. Perché è pieno di essenza, di succo. Senza alibi, senza calcoli. Non si gioca pensando che magari possa bastare anche un pareggio, si gioca solo per vincere perchè poi il giorno dopo sembra tutto più bello. Per i dirigenti, che diventano improvvisamente i migliori, per l'allenatore, che riacquista d'incanto eventuali credibilità perdute, per i giocatori, che possono passeggiare per strada come eroi, per i tifosi, che vanno a scuola o in ufficio con il sorriso a trentadue denti e con lo sfottò pronto per il collega dell'altra sponda.

Il derby è speciale perchè anche la gente lo gioca. A parte sciarpe al collo e bandiere in mano, chissà quante persone, anche attempate e con decine di anni di stadio alle spalle, non curino in modo speciale il look il giorno della partita, con l'abbinamento dei colori della squadra del cuore presenti in qualche modo. Anche se la prima pagina appartiene ad altri, domenica sera sarà comunque noblesse oblige, perché si gioca “l'Inter-Milan”, sì,i quella degli “Eravamo in centomila allo stadio quel dì”, cantata dal nerazzurro Adriano Celentano.

L'Inter arriva all'appuntamento rinfrancata dal blitz di Verona. Una vittoria convincente che solo la scriteriata decisione di Tagliavento in occasione del rigore concesso ai veneti ed un calo più mentale che fisico nel finale, potevano mettere in discussione. Purtroppo, come da tradizione, in casa nerazzurra deve esserci sempre qualcosa che va storto anche in giornate dove bisognerebbe solo sorridere. E allora ecco puntuali, al Bentegodi, le ammonizioni di due diffidati su tre, naturalmente nella zona nevralgica, il centrocampo. Contro il Milan rimarranno in tribuna Fredy Guarin e Marcelo Brozovic, meno male che sabato scorso non ha morso più di tanto pitbull Medel che, assente all'andata, potrà così esordire nel derby milanese.

Dopo due giorni e mezzo di riposo, Roberto Mancini è tornato ieri pomeriggio a guidare gli allenamenti che gli forniranno le giuste indicazioni per scegliere gli undici migliori da opporre a Inzaghi. Il derby d'andata, finito 1-1 in rimonta con gol di El Shaarawy e Obi, fu la prima gara con Mancini in panchina dopo il clamoroso ritorno a Milano. E dopo pochissimi giorni di allenamenti i tifosi nerazzurri poterono subito ammirare una squadra più propositiva, più coraggiosa, più “Inter” delle versioni appartenenenti alla precedente gestione. Purtroppo anche il Mancio è finito poi tra gli imputati per risultati negativi che hanno, anche giustamente, oscurato alcuni indubbi progressi sul piano del gioco. Progressi che per un'ora abbondante, a Verona, hanno dimostrato che anche come singoli l'Inter sia più competitiva di quanto dica ora la classifica. Il criticatissimo Hernanes che relega l'osannato Shaqiri in panchina, nonché Kovacic, risultando poi tra i migliori in campo, ne è la conferma.

Ma nel derby la qualità tecnica dovrà essere accompagnata da tanta voglia, determinazione e senso di appartenenza. Domenica sera la mosceria vista con il Parma sarebbe imperdonabile e meritoria di tripli allenamenti da qui sino a fine campionato. Nel derby ci stanno i tre risultati possibili, ma è obbligatorio che chi scenderà in campo faccia di tutto per ottenere quello migliore, ossia la vittoria. Impegno, dedizione e rispetto dei tifosi partoriranno poi applausi sicuri, comunque vada. L'Inter giocherà in casa, in tribuna ci sarà Erick Thohir che vide dal vivo il magico colpo di tacco di Palacio nel derby d'andata della scorsa stagione. Poi il presidente presenziò anche a una sconfitta e quest'anno a un pareggio. Altro giro altra corsa, che i ragazzi in maglia nerazzurra gli regalino una seconda vittoria. Che poi magari invoglierebbe ancora di più il tycoon ad accontentare Mancini per costruire una grande Inter. Con o senza Europa.

Sezione: Editoriale / Data: Mer 15 aprile 2015 alle 00:00
Autore: Maurizio Pizzoferrato
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