E’ da poco iniziato settembre e la sessione di mercato conclusasi da circa ventiquattrore ha catapultato l’Inter, a punteggio pieno dopo due giornate di campionato, su di un terreno scivoloso e pieno di insidie: ad Appiano Gentile sono infatti arrivati dieci giocatori che hanno trasformato la squadra nerazzurra, aumentando le aspettative su un gruppo che è chiamato alla stagione della Verità. No, io credo che Mancini non si possa più nascondere: l’Inter deve fare una grande stagione. Senza abusare di proclami o di facili auto-esaltazioni. Semplicemente consapevoli che si è imbastita un'ottima squadra. La dirigenza ha tentato in tutti i modi di accontentare il tecnico, portando l’esatta quantità di rinforzi da lui richiesti, con quella che si credeva essere una battuta ma che si è rivelata essere un missile rivolto a Erick Thohir che, preso atto delle richieste del Mancio, ha giocato sapientemente con fantasiose formule d’acquisto, ingenti cessioni e alla fine è riuscito ad arrivare al 31 agosto con 25 giocatori in rosa e l’undici titolare completamente rivoluzionato. Finalmente, verrebbe da dire. 

Il club di ET si è impegnato a pagare nei prossimi anni una somma vicina ai cento milioni di euro, dilazionati di stagione in stagione. Ergo, c’è bisogno assoluto di qualificarsi alla Champions League, per evitare magagne di bilancio e assicurarsi una squadra vincente, senza dovere - come quest’estate - autofinanziarsi gli acquisti, cedendo Xherdan Shaqiri, Mateo Kovacic e Anderson Hernanes. Tre giocatori non funzionali all’idea di gioco del Mancio e rimpiazzati da innesti di qualità (come Jovetic, Ljajic e Perisic) o di quantità (come Felipe Melo, nuovo guerriero del centrocampo) per adattare la formazione nerazzurra al credo del tecnico di Jesi: rocciosi dietro, fantasiosi davanti. E’ per questo che l’Inter non può, e non deve, nascondersi: l’obiettivo deve essere innanzitutto quello di trovare se stessi in un’idea di gioco. Mancini non ha mai predicato calcio à la Guardiola, di solito bada alla sostanza. Vincente, ovviamente. Non è ancora ben chiaro con che modulo giocherà l’Inter, sia esso un 4-2-3-1 o un 4-3-3 o un albero di Natale. L’importanza di questa decisione è relativa: conta il concetto di fondo. Mancini vuole il predominio territoriale, avere tanto la palla tra i piedi e incidere grazie all’estro dei suoi gioielli, ai tagli e ai cambi di ritmo degli esterni, alla classe di Mauro Icardi. Il tutto avendo le spalle ampiamente coperte da una coppia, Miranda-Murillo, che in due partite ha conquistato i tifosi e protetto Handanovic come mai prima d’ora. C’è tutto per far bene, anche se i quesiti su cui deve interrogarsi l’Inter sono molti: riuscirà Mancio a incanalare nei giusti modi il talento in rosa? I giocatori arrivati manterranno le attese o a gennaio si assisterà ad un’altra opera di smantellamento, come accaduto in questi mesi? La squadra riuscirà a bruciare d’entusiasmo per tutto il campionato, così come sta facendo in questi primi sbuffi di Serie A, o si arrenderà alle prime difficoltà? 

Insomma, tante domande accompagnano l’Inter. Allo stesso modo tante domande hanno accompagnato Stevan Jovetic (simbolo nerazzurro di queste settimane) al suo rientro in Italia, dopo due anni opachi al Manchester City. Si è messo in dubbio tutto, di JoJo: l’integrità fisica, la capacità di fare la differenza, il senso della moda… Lui ha risposto a suon di gol, tre nelle prime due partite, issando l’Inter nel gruppo di vetta in questo insolito inizio di Serie A. Ora che tutti i fantasisti della squadra sono partiti per altri lidi, l’idea di Mancini sembra chiara: affidare a JoJo le chiavi dell’attacco interista, centro gravitazionale che richiama a sé chi sa muoversi intelligentemente per la squadra (Perisic e Palacio), chi la butta dentro (Icardi) e - per scardinare le difese più arcigne - affiancandogli un giocatore come Adem Ljajic: i due sono stati compagni alla Fiorentina e sembra che sia stato proprio il montenegrino a sponsorizzare l’esterno mancino davanti ad Ausilio e Mancini. In poco più di un mese, Joveta (così lo chiamano in patria) si è preso l’Inter. Si è rivelato in due occasioni l’uomo del Destino, segnando un gol splendido contro l’Atalanta e una doppietta d’autore contro il Carpi, propiziando con una bellissima apertura lo sprint del Guaro che ha portato al calcio di rigore. Trasformato da JoJo, of course

L’Inter e Jovetic sono entrati in una sorta di missione ricostituente: il club nerazzurro deve riprendere un discorso interrotto ormai cinque anni fa, mentre JoJo ha il bisogno di dimostrare di non essere semplicemente un buon giocatore. Deve essere uno dei leader di un gruppo che vuole perlomeno l’accesso in Champions League. Le prime dieci partite sembra benevole per il gruppo del Mancio: già acciuffate due vittorie, oltre a Fiorentina e Juventus non ci saranno altre partite di cartello fino a novembre. Ma è proprio qui che l’Inter deve dimostrarsi grande: riuscire dove negli ultimi due anni ha fallito, ovvero a non perdere punti per strada contro le squadre che non hanno nulla a che spartire con la banda nerazzurra in fatto di investimenti e obiettivi. Nella scorsa stagione ci si è dissanguati contro le varie squadre come Parma, Cagliari e Cesena, solo per citare le tre retrocesse. Quest’anno c’è bisogno di una prova di forza e della crescita di un gruppo che però avrà pochi allenamenti per conoscersi e amalgamarsi prima che si ritorni a fare sul serio: il treno è già partito e ci si può aggiustare solo in corsa. Ma solo la gente senza talento non ha abbastanza tempo per compiere le proprie imprese. E l’Inter, di talento, quest’anno ne ha in abbondanza. 

Sezione: Editoriale / Data: Mer 02 settembre 2015 alle 00:00
Autore: Marco Lo Prato / Twitter: @marcoloprato
vedi letture
Print