È finita una noiosa sessione di calcio mercato. Prestiti e parametri zero imposti dal momento non accendono la fantasia. Almeno del sottoscritto. Però il ruolo impone un giudizio su quanto sia stato fatto in casa Inter. Darei un 6 e mezzo all'operato del club nerazzurro, sarebbe stato 7 se fosse arrivata la quarta punta, sarebbe stato 8 se la quarta punta fosse stata Ezequiel Lavezzi. Rimandiamo quindi a gennaio eventuali ritorni di fiamma su certi nomi e analizziamo il presente.

Si sono allontanati Alvarez, Taider e Rolando, sono arrivati Vidic, Dodò, Osvaldo, M'Vila e Medel. Rifiutate  offerte importanti:  a suo tempo per Handanovic e negli ultimi giorni per Kovacic. Bene così anche se la forzata permanenza di Guarin dovrà diventare presto un valore aggiunto e non rappresentare una zavorra. Il fatto che certe operazioni siano state compiute con largo anticipo, senza il cosiddetto botto finale che tanto garba ai dirimpettai, annacqua il tam tam mediatico. A loro piace da morire e ci fanno sapere che il signor Bonaventura ha pianto al momento della firma, dopo che qualcuno si era affannato a rimuovere da twitter e sito ufficiale la notizia di Biabiany in rossonero.

Sfottò a parte, l'Inter è più forte di quella arrivata quinta nella scorsa stagione. Ha più soluzioni, ha più qualità. Lo abbiamo testato nelle amichevoli precampionato e nella prima gara ufficiale contro i pur impalpabili islandesi dello Stjarnan. Ma era la prima di campionato a Torino a rappresentare il vero test, la verifica probante di quanto visto in precedenza. Purtroppo, al di là dello 0-0 finale che alla prima giornata può essere l'aspetto meno importante, si è vista un'Inter a immagine e somiglianza di quella sopportata troppe volte l'anno scorso. Lenta, macchinosa, soporifera, incapace di osare. Mazzarri e i suoi collaboratori a fine gara facevano notare come fosse difficile giocare contro un Toro così chiuso. Appunto sacrosanto, ma seguendo la gara dal vivo e quindi con una visuale totale del campo, emergeva crudele nel primo tempo l'incapacità dell'Inter ad impedire che i granata avessero il tempo di raccogliersi nella loro metà campo.

Kovacic ed Hernanes portavano la palla, nessuno si inseriva nello spazio invece di aspettare la sfera sui piedi, gli esterni non andavano, senza palla, a proporsi. Risultato: possesso lentissimo, prevedibile, con Icardi soffocato dai suoi stessi compagni, oltre che dalla difesa avversaria. L'ingresso di Osvaldo e quindi la presenza della seconda punta, ha subito regalato un paio di scossoni e l'Inter è finalmente andata vicino al gol. Ma il secondo tempo era già in corso da un bel po' e gli splendidi tifosi nerazzurri al seguito avevano già quasi perso la voce nel tentativo di incitare la squadra all'attacco e alla vittoria. Per onestà e dovere di cronaca, dobbiamo dire che Mazzarri non poteva schierare a Torino Osvaldo dal primo minuto e l'abbandono del ritiro della Nazionale dell'attaccante italo-argentino per l'infiammazione all'anca, lo dimostra. Ma è importante, con una, due o tre punte in campo, che a breve giro di posta l'allenatore sciolga le briglie e schieri una formazione vogliosa e in grado di rischiare.

Le partite e i campionati si possono vincere in tanti modi, anche non giocando bene. Ma bisogna tirare in porta e per farlo serve gente che abbia nella testa, ancora prima che nei piedi, chiaro l'obiettivo. Il compitino ordinato non è da Inter. La rivorremmo un po' pazza, come recitava un certo inno. Chiosa dedicata al signor Doveri, l'arbitro di Torino-Inter. Ha concesso un rigore insesistente ai granata, ne ha negato uno solare all'Inter per fallo su Icardi, a tempo scaduto ha espulso in modo assurdo Vidic per non aver capito il senso di un applauso. Anche da questo punto di vista, un film già visto. Ma questa è la stagione 2014/2015,  si prega di cambiare sceneggiatura. In tutti i sensi.

Sezione: Editoriale / Data: Mer 03 settembre 2014 alle 00:00
Autore: Maurizio Pizzoferrato
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