Non è nemmeno scattato ufficialmente, ma il mercato, quasi fosse in accordo coi primi caldi che stanno iniziando un po’ fuori stagione a imperversare sulle nostre città, comincia a impazzare e a occupare in maniera pressoché prevalente tutti i discorsi calciofili del nostro Bel Paese. Non è ancora finita la stagione, con una giornata di campionato da giocare e soprattutto un grandissimo atto finale che fra una settimana esatta vedrà Juventus e Real Madrid contendersi in quel di Cardiff la Coppa dalle grandi orecchie, ma ormai tutti sono impegnati a definire, pensare, sognare quelli che saranno i movimenti e i colpi in vista del prossimo campionato. Anche in casa Inter, dove ormai la corsa al nuovo allenatore pare arrivata alla retta finale e segnata dalla vittoria di Luciano Spalletti su Antonio Conte.

Ma questo sarà inevitabilmente il tema della prossima settimana, quella dove sono attese anche le prime vere mosse e magari le prime parole italiane, che sia conferenza o meno, di Walter Sabatini come nuovo responsabile dell’area tecnica di Suning Sports. E quindi, ci sarà tanto, tanto tempo per approfondire la questione. Che ci crediate o no, infatti, questa tormentata stagione nerazzurra deve ancora vivere l’ultimo capitolo con la sfida interna contro l’Udinese, quella dove l’unica nota di interesse è legata al debutto ufficiale della maglia del prossimo anno, quella che tante polemiche ha scatenato al momento della pubblicazione delle prime indiscrezioni ma che poi, vista da vicino, non sembra affatto così male, anzi. Spazio quindi al campo, seppur per un’ultima sera. Campo e azione sul campo al quale, ad esempio, Mauro Icardi ha voluto dedicare una parte ampia della sua intervista di due giorni fa a Inter Channel.

Maurito, capitano e attaccante extra lusso della squadra nerazzurra, ha voluto cogliere l’occasione per difendersi da quella che è una critica comune legata al suo modo di stare in campo, quella legata alla poca partecipazione nel gioco della sua squadra. Questa, grossomodo, la sua arringa: “Io posso dire che sono la punta centrale e serve che allunghi la difesa. Giocando col trequartista più due ali, io non posso arretrare troppo altrimenti ci schiacciamo e nessuno prende palla. Il discorso che facciamo con i compagni è quindi quello che io debba prima di tutto allungare la difesa avversaria, ma nessuno lo vede. Noi in campo ne parliamo, ma la gente da fuori non vede”. Il rosarino giustamente prova a fare chiarezza spiegando quelle che sono le consegne che gli vengono affidate, e fino a prova contraria, sul piano della quota gol che Icardi riesce a garantire ogni stagione non si dovrebbe porre alcuna questione. Ma se vogliamo andare ad analizzare con un setaccio tattico dalle maglie molto strette le sue dichiarazioni, in relazione anche alle performance stagionali del numero nove interista e al modulo impiegato dall’Inter, allora salta subito all’occhio il fatto che le cose, forse, non vanno esattamente come lui dice.

Il modulo 4-2-3-1, il modulo principe dell’Inter, non prevede esclusivamente che l’attaccante attaccare la profondità e allungare la difesa, specie se non si hanno esterni in grado di accentrarsi. Come esempio si può prendere il lavoro di una punta come Sergio Aguero, giocatore che al Manchester City va spesso e volentieri all’assalto della linea difensiva ma perché sostenuto da gente del calibro di Gabriel Jesus, Kevin de Bruyne, Leroy Sané, tutti abili a prendere lo spazio accentrandosi, cosa che non appartiene alle caratteristiche di Ivan Perisic e Antonio Candreva. In questa situazione, il compito dell’attaccante dovrebbe anche essere quello di venire incontro verso la metà campo per far scendere i marcatori e favorire gli inserimenti dei propri centrocampisti (caratteristica che, per dire, appartiene a Roberto Gagliardini e che è stata sfruttata assai di rado), e insieme aiutare i due esterni a sfruttare le loro doti di sprinter per guadagnare il fondo e da lì o crossare o accentrarsi in dribbling. In tal modo vengono a mancare tutti i presupposti del lavoro, quello richiesto dal tecnico come quello alternativo nel caso in cui la ricerca della profondità non porti i frutti sperati. Di conseguenza, non sono stati rari i momenti in cui Icardi è stato ingabbiato nemmeno senza troppa fatica dai difensori avversari, alla ricerca vana di quello spazio dove sferrare il colpo vincente.

È probabilmente lo step ulteriore della crescita di Maurito, condor d’area inafferrabile ma che deve affinare anche questo aspetto; dettaglio non irrilevante considerato che il panorama nazionale offre già attaccanti in grado di svolgere questo compito evitando di eclissarsi dalla gara, come può essere un Andrea Belotti che aiuta la squadra a salire e diventa problematico da marcare negando ogni punto di riferimento. Lui a ragione sostiene di avere fatto grandi progressi dall’arrivo di Roberto Mancini, visto che con Walter Mazzarri il suo compito, ipse dixit, era limitato all’essere attaccante d’area. Di Mazzarri si è detto di tutto, su di lui sono piovuti (participio passato usato non a caso) critiche e improperi di ogni genere. Ma non si può non riconoscere il fatto che a livello tattico sia tra i più preparati tecnici del panorama e che non sia uno che lasci  qualcosa. Il tecnico di San Vincenzo, probabilmente, non chiedeva all’allora giovanissimo Icardi determinati movimenti perché non percepiva in lui le caratteristiche giuste e per questo demandava il compito a uno scafato e dall’intelligenza tattica indiscutibile come Rodrigo Palacio.

Bizantinismi tattici, letti sullo schermo, che però possono aiutare a inquadrare meglio la questione. Non si intendono come detto discutere le doti di cacciatore del gol di Mauro Icardi, ma semplicemente capire come le sue enormi potenzialità possano emergere in toto e possano farne di lui un autentico trascinatore sul campo, al di là delle reti fatte. Si dice che Luciano Spalletti sia ingolosito dalla grande sfida dell’Inter anche perché contento di avere alle sue dipendenze Icardi, che vede come un attaccante dalle qualità potenzialmente più elevate di Edin Dzeko, sicuramente più glaciale del bosniaco nell’ultimo tratto di campo e nei momenti che contano. E il tecnico di Certaldo non è propriamente l’ultimo che passa, per esperienza e conoscenze tattiche. L’Inter di Icardi si fida ciecamente, Icardi risponde dicendo che i colori nerazzurri per lui sono molto importanti. Ora manca solo quest’ultimo gradino: l’anno prossimo potrebbe davvero essere l’anno della verità, tutto dipende da lui. 

Sezione: Editoriale / Data: Sab 27 maggio 2017 alle 00:00
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
vedi letture
Print