Da una parte “lo sanno tutti”. Dall’altra “il futuro nessuno lo sa”. La partita a scacchi tra Diego Pablo Simeone e l’Inter prosegue, dopo una fase di riflessione sulle mosse da fare. L’allenatore dell’Atletico Madrid ha approfittato della distrazione dell’avversario per metterlo in scacco, con parole che più inequivocabili non potevano essere: "Il mio futuro è molto chiaro, credo di non avere nulla da commentare. Tutti sanno che un giorno allenerò l'Inter. Non è una novità".

Già, non è una novità, soprattutto per Javier Zanetti che con il Cholo ha avuto spesso modo di parlare in tempi non sospetti di un suo ritorno, quando il clima in casa Inter era più leggero e non c’era da affrontare una situazione talmente critica. Il vicepresidente, addirittura, non negava affatto che in futuro Simeone sarebbe tornato per allenare l’Inter. Altri tempi, altre aspettative, nulla lasciava presagire quello che sarebbe successo nei mesi successivi, al punto da arrivare a quel 'futuro che nessuno sa' di lunedì sera. Il futuro si sa invece, è fin troppo evidente. Bisogna solo capire se sarà prossimo o successivo. Il Cholo tornerà nella squadra in cui ha alzato la Coppa UEFA e ha perso uno scudetto per mano (lesta) altrui, ma anche nella squadra al cui dramma sportivo nel 2002 ha contribuito personalmente, segnando uno dei quattro gol della Lazio in quel tristemente famoso 5 maggio post-napoleonico. Insomma, da un verso o dall’altro, il filo che lega Simeone all’Inter è sempre robusto ed è inevitabile che le due strade presto o tardi si incontrino nuovamente.

Ma perché Zanetti ha frenato al cospetto di parole così inequivocabili? Chiaro anche questo: perché al momento sarebbe un suicidio mediatico e sociale per l’Inter aprire le porte a un nuovo allenatore, gravando alla luce del sole Pioli di ulteriori pressioni. Le aperture di qualche mese fa (era maggio e in panchina sedeva ancora Mancini) hanno lasciato spazio a uno strategico fatalismo che mette un freno alla valanga che potrebbe abbattersi su un’Inter già di per sé piuttosto mal messa e debole per sostenerla. Aprire a un nuovo tecnico sarebbe offensivo nei confronti di chi c’è attualmente, e si tratta di un serio professionista che deve ancora giocarsi le sue carte in nerazzurro (colori che probabilmente ama più di chi gli succederebbe) e merita ancora fiducia. Rischierebbe, inoltre, di spostare l’attenzione dell’ambiente da un presente deludente a un futuro più stimolante. Meccanismo di autodifesa accettabile da parte di un tifoso, che vive di emozioni e cerca quelle che gli trasmettono sollievo. Ma non dalla società, che ha sempre il dovere di pianificare il futuro (e spero vivamente che al buio lo stia facendo) ma non può permettersi di dimenticare il presente, per quanto masochistico possa essere concentrarvisi.

La stagione, a inizio dicembre, ha preso la piega peggiore in assoluto. Un obiettivo e mezzo (il terzo posto, matematica alla mano, non lo scarto) sono andati via e resta la Tim Cup in cui, per fortuna, l’Inter non è ancora scesa in campo. Staccare la spina adesso non sarebbe né utile né professionale, così come sarebbe una mancanza di rispetto nei confronti di chi ancora spera in una svolta, anche arrampicandosi sugli specchi. E non lo dico solo perché la maglia va onorata fino all’ultimo minuto dell’ultima partita stagionale. Lo dico perché se anche la società (e le sue tante anime) molla la presa adesso e si concentra già sul domani, i giocatori stessi saranno legittimati a fare altrettanto, quando invece devono guadagnarsi la conferma per essere parte dei piani futuri.

Mai come di questi tempi ho la sensazione, in netta controtendenza rispetto al passato, che chi non si dimostrerà all’altezza della maglia che indossa dovrà sfilarsela a fine stagione, perché oggi l’azienda Inter è solida e può permettersi di distribuire calci nel sedere a chi se li merita. Amatela, anche domani in una serata che verrebbe voglia di saltare a piè pari.

Sezione: Editoriale / Data: Mer 07 dicembre 2016 alle 00:00
Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
vedi letture
Print