"Caro Interista, quella che ci aspetta sarà una stagione ambiziosa, con traguardi importanti da raggiungere, con una squadra capace di lottare, sempre. Il gruppo Suning vuole riportare l'Inter dove merita, in vetta. Vuole un'Inter vincente e competitiva. Per farlo è fondamentale il vostro supporto".
Alla lettura di questo messaggio promozionale della campagna abbonamenti per la stagione 2017-2018 in molti tifosi avranno pensato, visto il tempismo della comunicazione, con quale coraggio sia stato chiesto loro un atto di fede a scatola chiusa. Sì, perché al di là di tutto, dei risultati a dir poco scadenti delle ultime stagioni, è l'immagine che restituisce il club che ha perso valore e credibilità agli occhi degli appassionati nerazzurri, ferito da un pressappochismo disarmante palesato nell'ambito della comunicazione. Da molti, troppi anni, la Beneamata ha smesso di curare la propria 'faccia', rifuggendo qualsiasi specchio dopo il restyling operato nel 2010 da José Mourinho, che con sapiente abilità da chirurgo era riuscito a levigare rughe profonde 45 anni.
Dal suo addio in poi il buio: l'inesistenza di una linea mediatica netta e marcata ha portato a dei buchi di sceneggiatura spaventosi nel post-Triplete che hanno generato dei fuori programma inattesi ma ineluttabili, come ad esempio la conferenza stampa di denuncia tenuta da Benitez dopo la vittoria del Mondiale per Club. Lo sfogo di Rafa è stato solo il padre di tutti i cortocircuiti che sono andati in scena negli ultimi sette anni ad Appiano e dintorni, un periodo nel quale sono state partorite innumerevoli divergenze tra il tecnico di turno e la proprietà cangiante, da quelle al veleno e mai sopite di Gasperini, alle più fresche esternazioni di Mancini e De Boer, entrambi concordi nel criticare la mancanza di chiarezza dei vertici societari. Gira che ti rigira, questo giochino stucchevole del lasciare controvento la guida tecnica senza le dovute riparazioni dagli agenti esterni della stampa ha finito sempre per creare un'asimmetria evidente tra le reali ambizioni della squadra e quelle sperate dai sostenitori dei colori del cielo e della notte. La mancanza di un territorio comune nel quale raccontarsi serenamente la verità ha generato delle storture nelle visioni del pubblico che spesso si è trovato disorientato di fronte alla mutevolezza degli scenari a cui ha assistito di stagione in stagione. L'unica dura realtà raccontata per spiegare il ridimensionamento è diventata la foglia di fico del Fair Play Finanziario, condizione certamente limitante in fatto di investimenti economici ma non certo bastevole per giustificare alcune sciagure fatte in sede di campagna acquisti. Il fantasma del FPF, dopo diverse peripezie, ora sembra un nano in confronto al gigante Suning, il colosso di Nanchino che ha conquistato il 68% delle zone abitabili dell'universo nerazzurro ma che deve fare ancora molto per piantare la bandiera cinese anche nella restante parte disabitata dall'ormai fuggevole Erick Thohir. Ecco, a tal proposito, sarebbe importante conoscere una volta per tutte le intenzioni del tycoon indonesiano, presidente senza portafogli che almeno sembra aver smesso di interpretare la parte del guastafeste dopo la poco illuminante idea di ingaggiare De Boer. Inutile ribadire che anche qui manchi trasparenza, tanto è vero che il divorzio newyorchese con Mancini della scorsa estate ha assunto sembianze romanzesche alla House of Cards. Il resto è storia: bruciato De Boer, ecco l'ennesimo errore dal punto di vista mediatico: il famigerato casting allenatori è stato fatto in maniera imprudente alla luce del sole fioca di novembre, come se la scelta potesse diventare di colpo una specie di talent show (peccato non siano stati resi pubblici i colloqui di selezione). Ecco, dunque, Pioli, subito percepito da tutti gli addetti ai lavori come un traghettatore, di lusso, ma pur sempre un traghettatore. E non poteva che essere così, visto che il serissimo tecnico emiliano si è ritrovato a dover condurre dalla sponda della zona retrocessione ai limito della zona Champions League delle anime perdute e peccatrici. Da moderno Caronte è riuscito nell'impresa a metà, poi è stato tradito da una ciurma che ha dato vita al consuetudinario ammutinamento della Pinetina.
E qui, a questo punto, che messaggio ha pensato di inviare il club al mondo esterno? Demagogico, neanche a dirlo. Il comunicato strizza l'occhiolino al pubblico (sì, esattamente come per la campagna acquisti) e bacchetta duramente i giocatori obbligandoli a un ritiro prolungato, poi interrotto dalla concessione di qualche ora d'aria 'meritata' secondo il giudizio di Pioli. Anche quest'ultimo trova ampia menzione nel testo della nota pubblicata dalla società, che semplifica con una frase di circostanza una situazione tutt'altro che cristallina dopo la proposta dello stesso allenatore di rassegnare le dimissioni in seguito al ko di Firenze: "Conseguentemente, il Club conferma la sua piena fiducia e quella della proprietà a Stefano Pioli e all'intero staff tecnico. (…) Il Club non si farà distrarre dalle voci circolate in ambienti esterni al Club stesso". Dopo questa informazione di servizio, perché tale sembra, sei giorni dopo si è fatta sentire anche la voce del padrone, Zhang Jindong, arrivato a Milano giusto in tempo per mettere fine, almeno a parole, alla crisi diplomatica riguardante il futuro di Pioli: "Non ci facciamo distrarre dalle voci circolate all'esterno del club. Non esiste nessun fondamento di verità, perché la società sostiene al cento per cento il lavoro del nostro allenatore".
Avete letto bene? "Sostiene il lavoro del nostro allenatore", che non è come sostenere il proprio allenatore. Insomma, una scappatoia bella e buona che servirà a ripararsi da eventuali critiche in caso di ennesimo esonero. Se, come sembra, verrà fatta di nuovo tabula rasa, a quel punto sarà meglio far corrispondere i fatti alle parole. Senza alcuna via d'uscita d'emergenza che suonerebbe come l'ennesima presa in giro a una tifoseria che ha già dimostrato di restare fedele alla maglia nella buona e nella cattiva sorte. 
 

Sezione: Editoriale / Data: Ven 05 maggio 2017 alle 00:00
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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