L’alba di una nuova era, la svolta tanto attesa nonostante l’iter abbia avuto tempi relativamente brevi rispetto al consueto; la storia dell’Inter che si riscrive in maniera ancora più importante rispetto a quanto avvenuto tre anni fa. Tutto questo si è consumato in una calda giornata di fine giugno, in un lussuoso hotel in zona centrale di Milano. Lì dove l’Inter ha fissato l’appuntamento per sancire il definitivo passaggio di proprietà dalle mani di Erick Thohir a quelle del Suning Holdings Group, uno dei principali gruppi di distribuzione di prodotti di elettronica di consumo della Cina. Un colosso dal fatturato imponente, uno dei tanti che ha risposto all’appello del governo cinese di aumentare gli investimenti nel mondo del calcio per fare della Cina uno dei poli gravitazionali dell’universo pallonaro. Dettaglio non da poco, rispetto a quella manovra annunciata in pompa magna nemmeno troppi anni fa con un’altra grande azienda cinese poi arenatasi tra lacci e lacciuoli burocratici.

Alla guida del gruppo di Nanchino c’è un signore che si chiama Zhang Jindong, anni 53, proveniente dalla provincia orientale cinese di Anhui. Si tratta di un ‘self-made-man’ di quelli che hanno contribuito in maniera evidente all’espansione della Cina sul globo terracqueo. Partito da un piccolo negozio nel quale vendeva condizionatori, è diventato numero uno di un autentico colosso economico nazionale con più di 1600 negozi in oltre 700 città tra Cina, Hong Kong e Giappone, oltre 180mila dipendenti, un fatturato da quasi 50 miliardi di dollari e un utile netto che (per il solo ramo Commerce) nel 2015 ha sfiorato i 20 miliardi di dollari, spinto dalla voglia di raggiungere traguardi sempre più grandi. Dopo aver creato un’azienda ramificata in sei settori differenti, che spaziano dal real estate ai media, è arrivato per Zhang il momento di lanciarsi nell’impresa forse più importante della sua carriera, quella della gestione di un club di caratura internazionale quale è l’Inter, in un mondo complesso e affascinante come quello del calcio europeo in generale e italiano in particolare.

Zhang e il suo gruppo, e questo ha rappresentato sin da subito un punto importante a suo favore, non sono neofiti nel calcio e soprattutto di investimenti munifici nel calcio: nel dicembre scorso, hanno rilevato la squadra della propria città, il Jiangsu Sainty, dandole il nome del gruppo da lui guidato e soprattutto regalandole dopo pochi giorni due innesti del calibro di Alex Teixeira e Ramires, spendendo solo per questi due giocatori 78 dei 101 milioni investiti in una sola sessione di calciomercato. Avrebbe potuto aggregarsi anche Fredy Guarin, prima che questi decidesse di prendere la strada per Shanghai. Ma i contatti con l’Inter sono tornati comunque utili a Jindong che dopo pochi mesi si è rifatto vivo con Erick Thohir con un altro obiettivo: non più un singolo giocatore, ma un intero pacchetto azionario, quello di maggioranza.

Thohir cercava un partner in un Paese non solo dalla base importante di tifosi nerazzurri, ma anche ormai strategicamente cruciale per quel che riguarda ogni genere di business, ed è stato accontentato. Voleva un imprenditore di rango ma che avesse anche la passione per il calcio, e se magari qualcuno può faticare a riconoscere un vero amore per lo sport, perlomeno non si può negare che sia un tipo che dietro l’aspetto severo e autorevole sia capace di farsi trascinare dall’entusiasmo. Lo si è visto quando, nel corso della sua prima visita a Milano, ha esultato come un tifoso vero ai gol dell’Inter contro l’Udinese. E soprattutto, non si può negare che riconosca l’importanza storica dell’Inter, primo club europeo a visitare la Cina sul finire degli anni Settanta. L’indonesiano rimasto presidente voleva un varco per aprire il mercato cinese all’Inter ed è stato abile a incrociare quest’interesse con quello di Suning di arrivare all’espansione del proprio giro d’affari in Europa grazie ad un volano di primo livello come il calcio. Nessun segreto e nessuno scandalo, anzi sin dai giorni in cui la trattativa andava imbastendosi, da Nanchino sono arrivati voci e comunicati dove veniva rimarcata l’importanza di quest’operazione per allargare il proprio business e aiutare l’espansione del calcio in Cina.

Ma per riuscire nell’intento di farsi un nome anche nel vecchio continente e di farlo attraverso l’Inter, Jindong non può esimersi dall’intento di costruire un’Inter che torni a recitare un ruolo di primaria importanza in Italia e in Europa. E questo lo ha capito subito, anzi lo ha detto sin da subito: lo ha detto in Cina quando si è trattato di presentare l’accordo per la prima volta, lo ha ribadito anche in Italia. L’obiettivo è, testuali parole, ‘tornare primi’ in ogni palcoscenico e di investire in maniera importante per farlo, forse non da subito (questo Fair Play Finanziario…) ma il prima possibile sì. Lo ha detto in cinese, lui poco avvezzo all’inglese (per questo però c’è il figlio Steven, molto apprezzato dall’uscente Massimo Moratti che in più di una circostanza ne ha tessuto le lodi). Ma soprattutto, lo ha detto con un dettaglio che, opinione personale, fa molto e chiarisce molto: la sua voce. Abituati all’inglese simpatico e fortemente accentato di Erick Thohir, improvvisamente arriva il tono forte, deciso, autoritario, che a chi non è avvezzo può anche apparire inquietante ma che se ascoltato attentamente arriva a dire molto della persona: un uomo di polso, abituato a centrare i suoi obiettivi, determinato a fare il bene dell’Inter oltre che della sua tasca.

Quella di Zhang è la voce stentorea e potente di chi vuole sin da subito aprirsi un varco nell’ambiente e colpire forte, e allora ecco l’Inter che arriva ad insidiare la Juventus, oltre ad altre big d'Europa per l’obiettivo Gabriel Jesus e portarla con le spalle al muro per Domenico Berardi, costringendola a difendersi rispolverando la famosa ‘opzione morale’ col Sassuolo (che ne detiene il cartellino per intero, vale sempre la pena ricordarlo) per sfuggire al rischio di farsi fare tana; che comincia a sondare il terreno non solo per i nomi di peso ma anche per i giovani più interessanti e agisce con decisione sulla concorrenza approfittando dei minimi segnali di cedimento (personalmente ho apprezzato tantissimo la scelta di Gianluca Caprari, gol e assist a mazzi nell’ultima stagione di Serie B col Pescara, e bene ha fatto l’Inter a valutarne la maturazione alla corte di Massimo Oddo) pensando altresì a quelli che nell’Inter crescono, per creare magari una miscela esplosiva. Il timbro, insomma, di chi vuol rifare grandi i nerazzurri sul campo, al di là delle logiche di business.

Zhang Jindong non parla inglese, ma in compenso prova a cimentarsi con l’italiano, salutando la platea milanese con un: “Buongiorno a tutti” e poi lanciandosi in un grido accompagnato da un gesto di entusiasmo: “Forza Inter!”, detto ancora in maniera molto mandarinizzata e che magari può dare adito a qualche ironia (che poi resta da capire se quelli che si divertono lo fanno perché in possesso di un livello di cinese pari al tedesco dell'ottimo Ettore Giovannelli). Ma avrà tempo per migliorare e per farsi volere bene dal tifo nerazzurro. E non solo per eventuali progressi nel suo apprendimento della nostra lingua. 

Sezione: Editoriale / Data: Ven 01 luglio 2016 alle 00:00
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
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