Mancano quattro partite al termine di un'altra stagione da dimenticare. Unico obiettivo possibile, lo spauracchio del sesto posto che obbligherebbe la squadra a disputare i preliminari di Europa League a fine luglio. La cosa indurrebbe la dirigenza ad annullare la tournée a Nanchino che prevede anche un derby con il Milan per la gioia del cassiere e dei fans cinesi che guardano con interesse alle due squadre milanesi dopo i cambi di proprietà. Ma a Milano, dove nerazzurri e rossoneri sono in lotta per questo triste piazzamento, è nata una variante del Traversone, gioco di carte, che in gergo dialettale meneghino si chiama Ciapano. Non prendere.

E così sembra che nessuno voglia quel sesto posto, nemmeno la Fiorentina, capace di perdere la scorsa settimana a Palermo dopo aver rifilato cinque reti proprio all'Inter. Che strazio un finale di stagione così, mentre la Juventus, rivale storica, si accinge a vincere il sesto scudetto di fila, a giocarsi una finale di Coppa Italia e soprattutto ad essere ad un passo dalla finale di Champions League in programma il prossimo 3 giugno in quel di Cardiff. E' inutile far finta di nulla, i bianconeri “rischiano” di eguagliare quel triplete conquistato dalla Beneamata sette anni fa e che i tifosi nerazzurri ancora rivendicano come impresa nobile visto che, al momento, nessuna squadra italiana sia riuscita a fare altrettanto.

Il tifo nel calcio è bello soprattutto per le rivalità, finchè rimangono in contesti civili. Noiosi e ipocriti quelli che dicono di sostenere tutte le squadre italiane in Europa. L'Italia, per il sottoscritto, è solo la Nazionale. La Juve è la Juve e l'eventuale successo europeo sarebbe, giustamente, solo cosa loro. Da sbatterci in faccia. Ricordate la Roma campione d'Italia 2000-2001? Quello scudetto, festeggiato nella Capitale per mesi, arrivò dopo quello conquistato dalla Lazio l'anno prima. Non è stato un caso, visto che l'allora presidente giallorosso Franco Sensi si svenò spendendo 60 miliardi delle vecchie lire per acquistare Gabriel Omar Batistuta e rispondere così immediatamente agli eterni rivali cittadini.

“Abbiamo mollato dopo il pareggio di Torino”, ha detto senza troppi giri di parole Danilo D'Ambrosio. Viva la sincerità, abbasso un modo di pensare che non porta da nessuna parte. Mollare dopo un pareggio perchè il traguardo si allontana? E la maglia che si indossa non conta nulla? Dare sempre tutto a prescindere visto che all'Inter gli stipendi arrivano sostanziosi e sempre puntuali non è contemplato? Due punti nelle ultime sei partite con avversari che sono nettamente inferiori, a parte il Napoli, gridano vendetta. Con un Meazza che anche con i partenopei, a frittata ormai fatta, ha fatto registrare 60 mila spettatori. Odio gli slogan facili, quel populismo che va tanto di moda capace di nascondere le vere analisi. Non si risolvono le questioni cantando allo stadio: “Andate a lavorare”.

Ma chi gioca nell'Inter deve cambiare al più presto registro dal punto vista mentale. Il passaggio si può sbagliare, ma non si può non tentare di riconquistare il pallone o non andare subito in aiuto del compagno in difficoltà. E invece questo è successo dopo il maledetto 2-2 di Torino sponda granata. Big Ben ha detto stop. E' l'Inter è scesa in campo nelle gare seguenti perchè così chiedeva il calendario. Nel derby no, l'impegno, complice cosa significhi un derby per i tifosi, c'è stato e infatti a sette minuti dal termine la Beneamata vinceva 2-0. Il pareggio, beffardo, è arrivato per una gestione scellerata del finale di gara e per la voglia di rimanere sul campo di Orsato.

Quattro gare alla fine di un'altra stagione da dimenticare.Domani si recita a Marassi con un Genoa ancora alla ricerca dei punti necessari per non rimanere impelagato in una lotta per la salvezza impensabile fino a qualche tempo fa. Che Inter vedremo? Quella modalità armata Brancaleone delle trasferte di Crotone e Firenze o finalmente una squadra decisa a onorare il suo blasone? A prescindere dall'importanza del raggiungimento del sesto posto. Il famigerato sesto posto che nessuno sembra volere. Stefano Pioli continua a dire che i suoi ragazzi sono bravi e quest'Inter ha valori importanti per finire al meglio la stagione. Ma è forte l'impressione che vuole il pur bravo tecnico con l'Inter nel cuore ormai lontano dalla realtà che indica Suning alla ricerca di un nuovo allenatore. Possibilmente top, pieno di peersonalità, capace di inculcare la sospirata mentalità vincente alla truppa.

Alias Antonio Conte, con il Cholo Simeone come alternativa. Staremo a vedere come andrà. Il popolo nerazzurro è depresso, ma in attesa. In attesa di vedere la società finalmente in grado di costruire un'Inter vincente, dopo anni all'insegna delle delusioni. Un ex dirigente nerazzurro, dopo il triplete e al termine di una trasferta andata male, disse ai giornalisti prsesenti: “Dopo quello che abbiamo fatto, potremmo stare anche sette anni senza vincere”. E' successo, ma ora basta. Non se ne può più. E allora forza Suning, le risorse ci sono, ma non bisogna sbagliare una mossa. Meno male che Suning c'è. Soprattutto ora, con l'incubo del Triplete bianconero.

Sezione: Editoriale / Data: Sab 06 maggio 2017 alle 00:00
Autore: Maurizio Pizzoferrato
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