Molti tifosi pensano che il calcio italiano non sia credibile e questo non va sottovalutato, non può essere la normalità. Negli altri principali campionati europei c'è la stessa percezione? Inter-Juventus non è finita e non finirà mai, ma ora è giusto chiedersi: si può fare qualcosa per non allontanare la gente dallo sport più seguito in Italia rendendo il sistema più credibile? In Federazione si sta giocando una partita molto importante, servono persone di riconosciuto spessore etico e morale, perché le decisioni passano sempre dalle persone, prima ancora che dalle regole. Ma non bisogna perdere di vista il tifoso, senza del quale il calcio professionistico non avrebbe senso. Il tifoso dovrà essere una figura centrale nella programmazione del 'sistema calcio italiano' che nei prossimi anni vuole tornare competitivo a livello economico e mondiale. Altrimenti è inutile parlare di settori giovanili e strutture, se si perdono passione e credibilità. Gli stadi oltre a costruirli e renderli funzionali bisogna riempirli.

Dopo la partita di sabato l'allenatore della Juventus dice: "Orsato ha arbitrato molto bene". Lunedì l'amministratore delegato dell'Inter invece sostiene: "Sono successe cose inaccettabili, usati due pesi e due misure". I giornali domenica valutano la prestazione dell'arbitro da 3, 4 o al massimo 5. Allegri e Antonello sono di parte, i giornalisti no (o almeno non dovrebbero). Gli arbitri, i giudici, nemmeno. Ma non parlano. Se arbitri e giornalisti all'unanimità dicessero che ci sono stati gravi errori inspiegabili, il giudizio di Allegri non potrebbe più passare. Altro che risatine in mixed zone, 'ciao Taglia' e prese in giro! Invece gli arbitri non parlano. A parte Rizzoli alle 'Iene', ma quella è un'altra storia e un'altra Juventus-Inter. O Ceccarini ogni cinque anni con una versione diversa del fallo di Iuliano su Ronaldo (perché non gli chiedono del calcio volante di Davids a Simeone o di ammonizioni ed espulsioni non date?).

Quando finisce una partita di calcio, in conferenza stampa o in zona mista, giocatori e allenatori rilasciano interviste ai giornalisti. Gli arbitri no, non possono parlare. Nicchi, presidente dell'Aia dal 2009, a proposito della possibilità di rivedere questa 'regola' quanto meno anacronistica, un anno fa diceva: "Dietro a fisiologici e pochi errori, qualche società ne ha approfittato per giustificare i mancati obiettivi raggiunti, qualche allenatore ha pensato più al rinnovo di contratto e qualche editore ne ha approfittato per vendere qualche copia in più dimenticando che così abbiamo fatto del male all'immagine del calcio italiano". La teoria di Nicchi è chiara: "Più si mettono gli arbitri nelle condizioni di serenità per operare, più crescono e operano meglio".

Ma come si può creare un ambiente sereno, se viene meno il dialogo e se non si danno risposte a chi ha delle domande legittime da porre. La credibilità si guadagna anche con la parola, spiegando; non solo con i fatti, operando. Trincerarsi dietro al silenzio nel 2018 non dà nessun contributo a migliorare l'immagine del calcio italiano cara al presidente dell'associazione italiana arbitri. Quell'immagine, ma soprattutto la sua credibilità, senza risposte, è destinata a morire. E se i tifosi non ci credono più, non c'è futuro. Altro che ritorno ai vecchi fasti per il calcio italiano! Oggi ci sono molti modi per comunicare, il silenzio degli arbitri sa di Medioevo.

Due settimane fa sempre Nicchi 'minacciava': "Sto cercando di evitare lo sciopero, ma si sappia che se un giorno qualcuno arriva al campo e non trova l'arbitro, non resti sorpreso". Quale sarebbe il problema? La partecipazione all'elezione federale, il 2% dei voti in Consiglio Federale! Parole forti, addirittura ha rispolverato Calciopoli: "C'è qualcuno che vuole mettere le mani sulla nostra categoria. Calciopoli è nata proprio perché c'era gente che metteva bocca in cose che non gli competevano. Mettere le mani sugli arbitri significa che ognuno dice la sua nelle designazioni e nel modo di arbitrare".

Caro (si fa per dire) presidente dell'Aia, gli arbitri non sono una figura centrale nello sport, non sono i protagonisti né devono esserlo. L'arbitro bravo è quello di cui non ci si accorge, quello che fa scorrere il gioco rispettando e applicando il regolamento. Per operare nella serenità basta spiegare il motivo delle scelte. Poi ovviamente ci sarà sempre qualcuno che non vorrà capire, ma intanto in un sistema democratico il confronto è obbligatorio. Non ci si può sottrarre. Se a una persona ragionevole venissero date delle risposte esaurienti, si potrebbe valutare una scelta come un errore, ma non si parlerebbe di malafede e non si alimenterebbe la cultura del sospetto, figlia di precedenti storici che sono stati una vergogna per il calcio italiano nel mondo. Quando un allenatore spiega una sua scelta, non è assolto a prescindere nei giudizi, ma si può capire la motivazione che lo ha portato a fare quella scelta. Anche un arbitro ha i suoi motivi quando prende una decisione, il problema nasce quando non si riesce ad avere una risposta, quando quella risposta non si può nemmeno ipotizzare, perché non si trova un motivo plausibile tra gli infiniti motivi possibili. E nasce il sospetto.

Durante Inter-Juventus ci sono stati tanti episodi e tante decisioni da prendere. Su ogni decisione si possono fare delle ipotesi che hanno indotto a prendere questa o quella decisione, tranne due:

1) Perché Orsato in una posizione favorevolissima non ritiene da giallo il fallo di Pjanic su Rafinha nel secondo tempo? Sarebbe stata espulsione e dieci contro dieci. 2) Perché Valeri, al VAR, non richiama Orsato quando vede che Barzagli è anticipato da Icardi in area e non prende la palla, come invece mima Orsato? Quello è un classico caso da VAR, perché l'arbitro non ha visto bene chi ha toccato il pallone. Rigore incontestabile.

Le risposte a queste due semplici domande avrebbero fatto capire cosa li ha indotti a questi due errori al momento inspiegabili. Per tutte le altre decisioni prese un'ipotesi può essere formulata, per queste due è davvero difficile. E quando non si ha una risposta, si fa largo un'altra possibilità, quella che gli amanti del calcio fanno di tutto per non prendere in considerazione: la malafede. Fanno di tutto perché altrimenti che senso avrebbe seguire per passione o per lavoro uno sport?

Non si tratta di Inter o Juventus (anche se Allegri che sostiene che Orsato 'ha arbitrato molto bene' è imbarazzante), ma di regole del gioco e di chiarezza, di credibilità prima ancora che di immagine. Perché alla maggior parte dei tifosi di calcio non è vero, come sosteneva Platini, che piace parlare di 'rigore sì o rigore no' il lunedì mattina al bar, ma del gioco, delle azioni, dei gesti tecnici. Questo è il calcio, fatto di aspetti tecnici, tattici, fisici e psicologici. Le regole e la modalità di applicazione sono a monte, l'arbitro perfetto sarà sempre quello che passa inosservato, l'uomo invisibile. Ma almeno, dopo una partita, o anche il lunedì, a bocce ferme, ridategli la parola!

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Sezione: Editoriale / Data: Mar 01 maggio 2018 alle 00:00
Autore: Michele Borrelli
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