Benvenuti allo stadio Marassi di Genova, dove i fuochi d’artificio sparati dai tifosi del Genoa per celebrare l’ultima uscita interna del Grifone di Gian Piero Gasperini protagonista di una stagione straordinaria che li ha proiettati verso una qualificazione all’Europa League, che però la mancata concessione della licenza Uefa non permette loro al momento di viverla al meglio, sono seguiti i fuochi d’artificio in campo. Quella di ieri sera tra Genoa e Inter è stata una partita al cardiopalma, quasi senza un attimo di respiro, con emozioni, colpi di scena, tensioni e scariche elettriche degne di un match che per l’una o per l’altra in qualche modo valeva tutto, perché da Marassi partiva l’ultimo treno per quella labile speranza di accedere all’Europa League. Un treno perso ancora una volta, malamente.

Una partita, come detto, bellissima e godibilissima, dove le due squadre non hanno tirato mai la gamba indietro ed hanno dato vita ad uno spettacolo davvero godibile. Quattro gol segnati, numerose occasioni da una parte e dall’altra, pochi attimi di pausa, anche qualche momento dove il nervosismo la fa da padrone e bisogna contare oltre il dieci per ristabilire un po’ d’ordine. Una partita spumeggiante, un climax di emozioni e colpi di scena che si chiude con un finale che nemmeno la mano invisibile più cinica e geniale poteva forse immaginare: minuto novanta, pallone in mezzo, Juraj Kucka salta un piano sopra tutti e manda la palla lì dove Samir Handanovic non può arrivare. Tutto dopo che l’Inter si è ritrovata due volte in vantaggio e per due volte è stata raggiunta, la seconda in maniera decisamente incredibile, e dopo aver sprecato l’impensabile si è ritrovata proprio in volata con le pive nel sacco e con quel biglietto per l’Europa stracciato miseramente.

Schizofrenica la partita, chiusa col successo del Grifone; e in un certo qual modo schizofrenica è stata davvero anche l’Inter. Ieri sera gli uomini di Roberto Mancini sul piano dell’intensità hanno dato tutto, ma alla fine non hanno ottenuto nulla. E alla fine devono rimproverare ancora una volta loro stessi, per aver gettato al vento tre punti in maniera estremamente puerile, come ha giustamente sottolineato anche il mister al termine dell’incontro. E mai come ieri sera, si è palesato in maniera così imbarazzante lo squilibrio tra le due fasi: perché l’attacco fa il suo dovere anche bene, Mauro Icardi timbra ancora una volta il cartellino e a novanta minuti dalla fine del campionato rimane l’unico interista in corsa per un titolo sebbene platonico, quello di capocannoniere; e Rodrigo Palacio ha trafitto ancora una volta la sua ex squadra, senza esultare. Più in generale, piace questa mentalità offensiva emersa forse troppo tardi e anche penalizzata a tratti dalla sfortuna.

Ma altrettanto dispiace che cotanta voglia di fare la partita venga mortificata da una fase difensiva a tratti raccapricciante. L’errore oratoriale della coppia Ranocchia-Handanovic che stendono il tappeto rosso a Maxime Lestienne non è che la punta dell’iceberg: già dai primi minuti, quando Juan ha calibrato male un rinvio servendo involontariamente il belga a tu per tu con lo sloveno che si è prodigato in un balzo super, si era intuito che sarebbe stata un’altra serata perlomeno complicata per il comparto arretrato. E in effetti, finché hanno avuto birra in corpo gli avanti rossoblu hanno fatto ballare i dirimpettai in maglia bianca, ma quando il Genoa è calato un po’ l’Inter è stata abile a riprendere il controllo del gioco. Ma quello della retroguardia è un discorso da riprendere: perché Andrea Ranocchia migliorerà sicuramente come dice Mancini, ma a 27 anni non sembra avere capito cosa vuole fare da grande e la fascia da capitano sembra avergli dato più problematiche che stimoli; perché certe uscite a vuoto di Handanovic che cancellano anche le parate importanti fanno riflettere in maniera pesante, perché Juan centrale continua a palesare difficoltà, mentre Danilo D’Ambrosio e Yuto Nagatomo fanno ciò che possono ma alla fine non è tanto.

L’Inter, insomma, costruisce a fatica e poi disfa tutto in maniera incredibile e repentina: lo ha fatto ieri a Genova, lo ha fatto anche con la Juventus, ha rischiato di farlo con l’Udinese in nove contro undici. Un leit motiv che alla fine rispecchia l’andamento della stagione stessa, dove la squadra sin dall’inizio del campionato ha costruito con infinita pazienza prestazioni e risultati positivi salvo poi distruggere tutto a volte in maniera clamorosa, con un allenatore piuttosto che con un altro. Il risultato è l’ennesima stagione da dimenticare sul piano dei risultati di una squadra che forse è cresciuta cammin facendo per chi ha il gusto dell’estetica calcistica ma che lascia a bocca asciutta chi invece preferisce le risposte in solido, siano queste titoli o anche qualificazioni alle Coppe Europee. Che l’Inter l’anno prossimo a meno di miracoli o decisioni extra-campo guarderà in tv, un verdetto giusto nella sostanza mentre per capire se sarà salutare o meno per la costruzione della squadra del futuro ci sarà molto tempo.

Un’Inter, insomma, che ha vissuto un anno come nel mito di Sisifo, il personaggio della mitologia greca condannato a portare in cima a una montagna un masso pesantissimo che però finisce puntualmente col rotolare a valle, e allora di nuovo in salita per una fatica inutile. L’Inter ha tentato più volte a completare questa ardua scalata, ma è sempre bastato un minimo errore, un minimo dettaglio non al suo posto e si ritorna da capo a dodici. Un difetto da correggere assolutamente, se l’anno prossimo si vuole davvero tornare a essere competitivi come più volte auspicato da Mancini. La consolazione è che le basi sono già state poste, le prospettive non sono così negative ma vanno comunque aiutate con investimenti e scelte mirate: va bene il sogno Yaya Touré, basta non perdere eccessivo tempo nelle trattative.

In chiusura, va sicuramente notato come il clima schizofrenico dell’incontro abbia inciso in negativo sulla prestazione dell’arbitro Paolo Tagliavento e dei suoi assistenti, che mai hanno dato l’impressione di tenere in pugno il match producendosi in alcune decisioni anche cervellotiche: sarà stato poco fortunato con l'Inter come ha detto Mancini nel dopo gara, ma in un match comunque importante un po’ di lucidità in più sarebbe stata opportuna.  

Sezione: Editoriale / Data: Dom 24 maggio 2015 alle 00:01
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
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