Il moderato entusiasmo del tifo nerazzurro dopo la vittoria col Parma fa rima con "prudenza". È una reazione legittima verso i numerosi picchi in alto e in basso che hanno riempito le pagine dei giornali con editoriali che sancivano trend definitivi questa stagione come negli ultimi quattro anni.
Mi impressiona e insieme fa riflettere l'incredibile numero di volte in cui l'Inter ha svoltato imprevedibilmente. 
Con Benitez a singhiozzo, poi arriva Leonardo e la squadra decolla, quando arriva il momento decisivo poi crolla con Schalke e Milan. 
L'anno seguente partenza a gambero con Gasperini, poi Ranieri da una scossa e l'Inter da vita ad una serie utile che sembra quasi inarrestabile, invece dalla prima sconfitta l'allenatore perde il controllo della squadra che precipita senza una vera spiegazione. Con Stramaccioni si assesta e la stagione dopo parte molto bene e arriva al secondo posto. L'Inter va in stallo, si infortunano anche i magazzinieri e precipita di nuovo senza paracadute. 
È un andamento che non sembra figlio di limiti esclusivamente tecnici ma di vicende umane e dimensioni ridotte del  carattere del gruppo.
Con Mazzarri l'andamento schizofrenico si ripete più volte nel corso della stagione. All'inizio sembra che questa formazione possa avere un equilibrio e i risultati confortano aspettative da terzo posto. Poi il meccanismo del gioco si inceppa improvvisamente, niente gioco, niente personalità e pochi punti. 
Di nuovo riparte e quando credi che Mazzarri abbia ripreso il controllo lo perde ancora. Si sprecano i titoli di coda per il tecnico. Invece con le ultime due partite sembra indiscutibile la sua conferma. 
Io so come ragionano i tifosi e i giornalisti e spesso non c'è tanta differenza. 
Mi interessa di più conoscere i meccanismi valutativi della società. Come giudicano il valore di allenatore e giocatori seguendoli da vicino giorno per giorno. Specie questa nuova dirigenza.
E di certo non può essere sfuggito l'andamento anomalo di questi anni.
In questa stagione spiccano alcuni elementi che sono indiziari per essere risolti definitivamente: la squadra gioca con equilibrio in trasferta, senza inventiva in casa, pecca di movimento senza palla, ha giocatori giovani su cui puntare (Icardi, Kovacic, Juan Jesus), un allenatore che conosce meglio il contesto e più qualità di quanto non gli venga riconosciuta.
Ma diventa improduttivo e inutile entusiasmarsi e mortificarsi con opere di esaltazione e demolizione nella stessa stagione verso giocatori che, nonostante l'evidente cifra tecnica, subiscono ribaltoni senza senso verso la loro capacità presunta. Fino a poche settimane fa Icardi era bravino ma non da Inter, adesso è un fenomeno con problemi da twittatore compulsivo, Handanovic era da mandare via (pazzesco) e ora è un fenomeno, Kovacic divide ancora perché una grossa parte di opinione pubblica e tifo non concepisce culturalmente il concetto di crescita. Per loro un giocatore o è subito pronto a 19 anni o non è da Inter. Inutile persino discutere.
Il mio augurio è che la società non si faccia condizionare da questa mentalità risultatista, tranciante e isterica. 
Ma che sappia capire anche come e perché si è vinto con Samp e Parma.
Il risultato non inganni, con i doriani l'Inter ha giocato per più di un'ora in superiorità numerica subendo troppo e trovando un Handanovic in giornata capace di parare un rigore e fare quattro interventi decisivi. Con il Parma ancora in undici contro dieci per un tempo ha concesso un altro rigore, Handanovic ha parato di nuovo e ha trovato il gol. Da quel momento ha gestito male il possesso palla trovando il raddoppio solo in prossimità del 90°. Giusto esultare ma per crescere serve capire non solo perché si è perso attribuendo responsabilità ma anche perché si è vinto, senza affidarsi solo a frasi fatte come "il calcio è così, ci sono delle volte che gira tutto storto e altre che gira tutto bene". Con una mentalità del genere si può solo vivere alla giornata.

Sezione: Editoriale / Data: Lun 21 aprile 2014 alle 00:00
Autore: Lapo De Carlo
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