Quando ti accingi a vedere l’Inter non sai mai il destino che ti attende. Per due mesi ha rovinato parecchi weekend ai tifosi con prestazioni senz’anima e svuotate di interesse per le proprie ambizioni. Un’ improvvisa pareggite contro avversari diversi, attraverso prestazioni sconfortanti, ad esempio con Fiorentina e Crotone, il calciomercato come elemento distrattivo, la crisi di Perisic e Candreva, l’anemia di Icardi, il nervosismo di Spalletti, beccato in un ristorante a lamentarsi di società e ambiente, confermando poi di aver pronunciato qualche frase ma prendendosela col Corriere della sera per aver riportato le sue frasi a tradimento e persino il gossip su Brozovic e il capitano, in presunta crisi con la moglie Wanda Nara.

Nell’Inter siamo tornati a vedere una squadra con giocatori che in campo e fuori pensano diversamente e si rifugiano dietro frasi convenzionali, eleggendo i giornalisti a chiacchieroni che non si fanno i fatti loro. Poco, pochissimo calcio e tanta umoralità che contro il Bologna si è rivelata in tutta la sua sostanza. Tante partite in una: inizio lampo, pareggio di Palacio e ricerca affannosa del raddoppio, trovata con un gol della rivelazione Karamoh, infine sofferenza acuta, in superiorità di uno e poi due uomini, psicodrammi in campo (Brozovic) e infortuni. Nel primo tempo l’Inter trova subito il gol grazie ad un apertura di Karamoh che serve Brozovic e fa la cosa migliore della sua partita servendo Eder, bravissimo ad anticipare il suo marcatore, imitando perfettamente Icardi con un gol magnifico. Un'altra azione con un cross dell’ottimo Cancelo, bravo a crossare per il solissimo Brozovic che di testa la manda da qualche parte ma non in porta.

Da quel momento il croato inizia a prendersela con un omino nella sua testa e la squadra per venti minuti controlla la partita come se dovesse aspettare il fischio di chiusura, senza creare niente e aspettando che il Bologna combini qualcosa. Cosa che puntualmente accade, dopo uno svarione di Miranda, con Palacio bravo ad approfittarne e segnando perfidamente il gol dell’ex che non esulta. Nella ripresa Miranda infortunato cede il posto a Lisandro Lopez e l’Inter cerca di fare la partita ma senza fortuna, come dimostra l’incredibile traversa di D’Ambrosio e il tap-in impreciso per un intervento al limite del regolamento di un difensore bolognese sulla testa di Skriniar. Entra Rafinha e la squadra inizia a muoversi scompostamente ma con il comune intento di segnare, alzando il baricentro e pressando con più convinzione i bolognesi.

È un tipo di gioco che si sviluppa su un modello differente dal recente passato, dunque meno cross in area per un unico attaccante e nessun inserimento di un centrocampista, più attenzione alla manovra dettata da Rafinha, in aperto dialogo con un Karamoh convinto e in partita, con giocate efficaci e di talento. Il gol che esalta la folla arriva proprio dal piccolo franco ivoriano, che si libera dalla marcatura di tre uomini e scivola in orizzontale a trovare lo spazio per liberare il sinistro. Delirio a San Siro per una rete tanto liberatoria e la sensazione che forse la vittoria sta maturando, percezione che aumenta quando Rafinha fa un gioco di prestigio e serve generosamente Karamoh, il quale però non ha la freddezza per realizzare la doppietta. Arriva però la sacrosanta espulsione di Mbaye, autore di un fallaccio proprio sul brasiliano.

La squadra di Donadoni in dieci soffre ma crea un paio di imbarazzi e percepisce che l’Inter ha paura. Il terrore lo si legge anche nelle giocate frenetiche e senza testa, con errori tecnici tipici dei giocatori che portano l’angoscia nel cuore. Palacio al minuto 42 a momenti ne approfitta e non basta nemmeno l’espulsione di Masina a togliere zavorra. Agli avversari in nove è sufficiente buttare il pallone verso l’area nerazzurra per creare il panico ma alla fine, dopo 9 minuti di recupero arriva la vittoria. Le buone notizie sono che l’Inter è tornata a vincere, Karamoh ha dimostrato che ha i numeri per diventare un gran giocatore (se non viene caricato subito di aspettative eccessive), Rafinha è davvero forte e sta bene, Eder segna un gol a partita se parte da titolare e se manca Miranda c’è il sostituto. Non è poco.

Le cattive notizie invece vengono dal carattere di Brozovic e da un’indole inadeguata ad un grande club, dalla prova sottotono di Perisic, quantomeno utile in fase di ripiegamento ma lontano parente del giocatore decisivo in attacco, dalla dimostrazione definitiva che il centrocampo dell’Inter è di medio livello, ordinato ma incapace anche solo di proporre azioni pericolose, tiri dalla distanza, inserimenti in area. Si limita al compitino, al fraseggio in orizzontale, si fa il segno della croce se tenta una verticalizzazione e in partite come queste non è nemmeno un porto sicuro per palloni delicati. Spalletti e i suoi ora sono di nuovo terzi ma domenica c’è il Genoa, con il quale si perde regolarmente da quattro stagioni e se c’è nuova vita in questa squadra lo scopriremo presto.

Accontentarsi di un 2-1 sofferto, dopo due mesi (due mesi), non è da Inter. Se a questo ambiente basta una vittoria i grandi traguardi sfuggiranno a lungo. Amala (e chiedile molto di più).

Sezione: Editoriale / Data: Lun 12 febbraio 2018 alle 00:00
Autore: Lapo De Carlo / Twitter: @LapoDeCarlo1
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