Sono 16 i punti su 18. Inter immediatamente alle spalle di Juventus e Napoli. Vittorie convincenti (Fiorentina, Roma e Spal), un pari (Bologna) e due successi sofferti (Crotone e Genoa). Luciano Spalletti sembra aver riportato il sereno ad Appiano Gentile, blindando la squadra e utilizzando ogni uscita mediatica in funzione della bonifica ambientale attorno a una società troppo spesso sollecitata negli anni da spifferi e malumori. Il popolo nerazzurro pare aver recepito il messaggio di squadra e allenatore, facendo registrare un numero incredibile di presenze a San Siro.
Eppure, nonostante questo sforzo congiunto, anche ieri si è vissuto un paradosso. Oltre 50mila persone per una sfida tutto sommato normale, di certo non di cartello. Grande calore all'inizio, con la squadra che ne ha subito beneficiato partendo a razzo. Poi, però, alle prime difficoltà ecco i mugugni, culminati coi fischi abbondanti verso Candreva e con quelli solo un po' meno convinti all'indirizzo di Brozovic. Ma era tutta la situazione ad essere sbagliata. E' vero, l'Inter non stava offrendo una prestazione memorabile e il Genoa si chiudeva senza particolari sforzi. Ma è altrettanto vero che si arrivava alla sfida contro il Grifone da quattro vittorie e un pareggio, mica da cinque sconfitte. Per carità, finché la contestazione resta civile e non oltraggiosa nessun problema, ognuno è libero di manifestare quando e come crede il proprio dissenso. Resta il fatto che questo possa rivelarsi un comportamento autolesionistico, che può andare a vanificare sia gli sforzi della squadra sia quelli prodotti dagli stessi tifosi, perché trovare in Italia un pubblico come quello interista non è affatto comune, specie se reduce da anni cupi.
E allora perché cercare per forza un capro espiatorio? Candreva sembra destinato a raccogliere l'eredità poco fortunata di suoi illustri predecessori: calciatori presi di mira per stagioni intere non si sa bene per quale motivo. L'ex laziale è vittima di pessimi luoghi comuni e di una visione ristretta del gioco del calcio. Brozovic ha già qualche attenuante in meno, ma ieri non è certamente stato tra i peggiori, eppure sonori fischi li ha ricevuti ugualmente al momento della sostituzione.
Il concetto è sempre lo stesso: comprensibili e giustificabili i fischi verso chi non dà tutto e verso chi non rispetta la maglia, ma non c'è senso nel prendersela per un cross sbagliato o per un assist mancato (ma anche dieci o venti). Atteggiamento controproducente e la prova te la dà Karamoh, che entra in campo con l'ovazione del pubblico e ribalta gli avversari anche grazie alla carica dei suoi nuovi tifosi. La prova te la dava Kondogbia, col rendimento che cresceva in maniera esponenziale quando al posto del borbottio si sentivano gli applausi convinti. La prova potrà dartela Dalbert, a cui va dato del tempo per integrarsi e capire i tempi di gioco in un calcio diverso da quello giocato fino a pochi mesi fa.
Spalletti e i suoi ragazzi stanno meritando la fiducia a suon di risultati. L'Inter alterna per quanto riguarda la qualità della manovra, ma non sbraca, non si scioglie, reagisce alle difficoltà e vende cara la pelle. Non si faccia di ogni pareggio un dramma: ci si ricordi il punto di partenza. Essere gruppo è il primo passo per giungere a nuovi trionfi.
Fischiare l'indolenza è sacrosanto, chiedere maggior impegno a chi è svogliato altrettanto. Accanirsi verso chi suda e lotta - al di là dell'esito della giocata - resta un autogol che la tifoseria interista può tranquillamente evitare. Questo antipatico esercizio può essere lasciato senza indugi a chi dall'esterno lo esegue già con puntualità e precisione chirurgica.
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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