La linea societaria dettata dal rampollo di Suning, Steven Zhang, in una rarissima intervista alla CNBC, è tutta racchiusa in questo concetto basilare: "C’è bisogno di giocatori, persone, management che abbiano a cuore la società e che giochino per il club con il cuore e con lo spirito".
Discorso che non fa una grinza, è infatti arduo pensare ad un'azienda che porta a casa i dividendi senza che i suoi collaboratori prima imparino ad identificarsi corpo e anima con i valori che la stessa va veicolando nel mondo.
Ora, però, le parole di Zhang jr., come minimo, sollevano una questione centrale nella ristrutturazione interista: il fatto di provare amore viscerale verso i colori nerazzurri è una condizione davvero necessaria? Il tempismo della dichiarazione d'amore di Mauro Icardi su Instagram, a sette ore dalle parole pronunciate del figlio del capo, farebbe pensare di sì, dato che è arrivata senza un apparente motivo, al contrario di quella datata 2 agosto 2016 che mise fine alla tiritera sul rinnovo.
Ma, d'altronde, al cuor non si comanda, e il messaggio è stato scritto di getto, senza pensare troppo a quale reazione avrebbe potuto provocare. Dietrologie a parte, in giro, testimonianze d'affetto così se ne vedono davvero poche, e il fatto che Icardi sia interista dentro ormai nessuno lo mette più in discussione. Semmai, la faccenda è un'altra e deve essere estesa anche a tutti gli altri componenti del club: si deve credere ingenuamente che l'amore vince su tutto, anche sulle lacune caratteriali, tecniche, gestionali e comunicative, oppure è meglio fare un'analisi razionale che tenga conto dell'effettivo apporto che ognuno dà nel rapporto con la sua (Ben)amata? E qui subentra l'onestà intellettuale, quella reclamata da Eder (non proprio il capitano, né il giocatore più rappresentativo della squadra) a tutto l'universo interista dopo la figuraccia con il Sassuolo di domenica scorsa. Quella che Ausilio – pur avendo il cuore a pezzi – ha utilizzato in privato non appena ha saputo della nomina di Walter Sabatini come nuovo coordinatore tecnico di Suning Sports: il direttore sportivo nerazzurro, che ha iniziato il suo cursum honorum alla Pinetina nel lontano 1998, ha avuto la freddezza di andare contro ai suoi sentimenti interisti rimettendo il ruolo nelle mani della società, la quale ha risposto ribadendogli la fiducia per ulteriori tre anni. Gesto da apprezzare due volte proprio perché arriva da un uomo che soffre quasi carnalmente quando l'Inter va male.
Insomma, il cuore pulsante e sanguinante con i colori del cielo e della notte in società non manca affatto, peccato che sia stato soffocato dalle contingenze, almeno fino a ieri. Giorno in cui l'uomo mercato ha deciso di vuotare il sacco, denunciando il domino di scelte poco oculate arrivate dopo l'addio di Mancini ad agosto: "per mille motivi, si decide di mandarlo via o se ne è andato lui", la narrazione in parole povere della confusione imperante di quei giorni che è tornata d'attualità nelle stesse ore in cui vengono scritte queste righe. Il bello della faccenda è che il cortocircuito comunicativo è arrivato nell'esatto istante in cui lo stesso Ausilio auspicava più solidità del club nel rapporto con i media. 
Un paradosso, dove tutto il contrario di tutto è la semplice quotidianità. Persino pensare che non è impossibile vedere tra qualche mese Antonio Conte agitarsi in panchina come un ossesso con indosso la giacca dell'Inter.
"Tutto è possibile", nel bene e nel male. In fondo, nel giro di pochi giorni, seppur in modi diversi, lo hanno fatto capire anche Piero Ausilio e Steven Zhang. 

Sezione: Editoriale / Data: Ven 19 maggio 2017 alle 00:00
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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