Ormai siamo arrivati al ‘final countdown’, forse nemmeno troppo simile a quello a tempo di rock cantato con tanto di capelloni svolazzanti tanti anni fa dagli Europe in una delle pietre miliari della musica degli anni Ottanta. Quello che attende l’Inter da questa sera fino al 20 maggio è un countdown di quelli che a momenti toglie il respiro, perché questo è il momento per lanciare la volata finale, quella che porta al grande traguardo della Champions League. Un discorso nel quale ora l’Inter non può permettersi più di perdersi, vista la doppia grande chance di mettere un’ipoteca sulla qualificazione sprecata prima con il pari nel derby e soprattutto domenica pomeriggio con la sconfitta di Torino poi.

Per Luciano Spalletti ormai è diventato un vero e proprio mantra: il tempo stringe, le occasioni si riducono, quindi ora come non mai ogni minimo errore potrebbe rappresentare una sentenza inappellabile. E quindi, logicamente, dal post-Torino sarà logicamente stato un continuo ripetere che i punti adesso valgono il doppio, non solo davanti ai microfoni ma anche e soprattutto sul campo di allenamento, un martellamento continuo che a rigor di logica avrà contraddistinto anche l’iter della preparazione del match di questa stasera, ancora in trasferta, ancora su un campo che, e anche questa storia in questi giorni l’abbiamo forse sentita fino alla nausea, risulta storicamente ostico per i nerazzurri di Milano: si va infatti a rendere visita all’Atalanta, nel fortino dell’Atleti Azzurri d’Italia, con avversario quel Gian Piero Gasperini che ormai da anni a quella squadra che lo sedusse e lo abbandonò troppo in fretta non riserva mai accoglienze e trattamenti particolarmente benevoli.

La trasferta di Bergamo, quindi, prima tappa di questo tratto finale del campionato, dove fare risultato, anche in virtù della concomitanza del derby della Capitale che domenica sera vedrà di fronte l’una contro l’altra Roma e Lazio, il che porterà inevitabilmente una delle due, o magari entrambe, a perdere punti, circostanza cruciale che darebbe ad un successo contro gli orobici una valenza cruciale in questa corsa dai contorni, va detto, sempre più confusi, essendo passate 31 giornate senza che si sia riuscito davvero a trarre indicazioni definitive sui rapporti di forza tra le tre pretendenti, tutte alle prese con un rendimento abbastanza enigmatico, tra grandi exploit e momenti di grandissimo profitto alternati a fasi difficili ed episodi di defaillances anche clamorose. Il ristrettissimo margine e il continuo saliscendi nelle posizioni di classifica non è altro che il logico risultato di questo mini-torneo imprevedibile, e anche in questo senso vanno lette le dichiarazioni di Spalletti allorché dice che adesso dipende tutto dall’Inter: in una situazione dove punti di riferimento non ce ne sono e dove lo scivolone è sempre dietro l’angolo e può essere pagato a caro prezzo, sta ai giocatori, alle loro gambe e soprattutto alla loro testa, sfruttare al massimo ogni occasione pensando che ogni guizzo, in uno sprint così incerto, può essere quello decisivo.

Il tutto per tornare ad assaporare notti europee, come quelle davvero incredibili che hanno contraddistinto gli ultimi giorni, e che hanno visto protagoniste, nel bene e nel male, le rappresentanti italiane in un anticlimax per certi versi clamoroso: c’è stata la Roma, che partita da una situazione di pesante svantaggio ha steso il Barcellona meno alieno di sempre con una partita perfetta, e ora assapora il gusto della vendetta della sciagurata finale di 34 anni fa sfidando il Liverpool dell’ex Mohamed Salah (anche se, parlando a titolo personale, il clou sarebbe stato eventualmente vedere questa sfida proprio a Kiev), in un tabellone di semifinali che fa tanto vintage con 4 squadre di altrettante nazioni a contendersi il trofeo; c’è stata la Juventus che è stata davvero a pochi centimetri dal far andare di traverso la serata a tutto il Santiago Bernabeu prima del rigore a pochi secondi dalla fine del match segnato da Cristiano Ronaldo che ha regalato al Real Madrid il passaggio del turno e scatenato una tempesta di veleni sul fronte bianconero; fino all’incredibile harakiri della Lazio che in pochissimi minuti è stata capace di passare dalla qualificazione alle semifinali di Europa League al ko contro il Salisburgo.

Al di là dei risultati, la sensazione è comunque quella di un calcio italiano che sta ritrovando, finalmente, una sua dimensione a livello europeo, con la speranza che quanto successo in quest’annata alla fine non sia solo un fuoco di paglia come magari è avvenuto in passato. Una crescita alla quale l’Inter adesso vuol contribuire in prima persona, anzi già sta lavorando per farlo, almeno stando alle parole del mister. Convinto di vedere una squadra che già adesso potrebbe dire la sua in campo internazionale, parole sentinella di un progetto che nella sua mente sta procedendo nella giusta direzione. Tutto legittimo, magati tutto anche bello, ma che ora necessita del conforto dei risultati del campo, a partire da quello dell’Atleti Azzurri d’Italia dove l’Inter è riuscita a imporsi solo una volta nelle ultime otto uscite, nel giorno di uno degli ultimi ruggiti nerazzurri di Fredy Guarin contornata dai lampi accecanti e illusori della fugace esperienza nerazzurra di Xherdan Shaqiri.

Cercando magari di non dipendere troppo dalla vena di Mauro Icardi, di ritrovare un contributo gol da altri elementi, magari scoprendo prima della fine del campionato le decantate castagne dell’oggetto misterioso Dalbert. Ogni genere di propellente serve per riportare la macchina nerazzurra lì dove risuonano le dolci note d’Europa…

Sezione: Editoriale / Data: Sab 14 aprile 2018 alle 00:00
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
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