Lesione del menisco laterale. Poco da aggiungere, se non che Gary Medel lo rivedremo vestito di nerazzurro solo nel 2017, salvo recuperi record che da lui sarebbe anche lecito attendersi, visto il personaggio. Intanto però ci tocca incassare la sentenza della risonanza magnetica di ieri mattina, che obbliga il Pitbull a un Pitstop forzato. Gioco con le parole per alleggerire il concetto, però un forfait del genere, in questo preciso momento, non ci voleva proprio. Perché arriva forse nel punto di svolta della carriera all'Inter del cileno, con un allenatore, Stefano Pioli, che finalmente ha osato agire come nessuno dei suoi predecessori, salvo necessità e senza soluzione di continuità, aveva fatto. Schierare Medel al centro della difesa accanto a Joao Miranda è stata per 37 minuti la chiave del predominio nerazzurro nel derby di domenica scorsa. Non serve il Bacconi di turno per capire che tatticamente il nuovo allenatore aveva messo alle strette il collega Montella alzando il baricentro grazie al cileno, bravo anche nell'uscita rapida del pallone dalle retrovie. Un tallone d'Achille quasi atavico risolto con una semplice mossa. Non a caso, uscito il Pitbull, sono ricominciate le amnesie difensive, che hanno prodotto i due gol di Suso.
La 'retrocessione' del cileno era auspicata da tempo da molti tifosi, io che leggo decine e decine di commenti posso assicurarlo. Motivazione semplice, quasi banale: a centrocampo rendeva meno di quanto facesse con la Roja da difensore centrale. Inoltre, il suo abbassamento tattico avrebbe permesso di proporre un altro centrocampista, senza rinunciare di volta in volta a due tra Joao Mario, Banega, Brozovic e Kondogbia. Sacrificio sull'altare dell'equilibrio tattico, che comunque spesso veniva a mancare. Medel è quel tipo di calciatore, inutile girarci intorno: superbo nell'attaccare il pallone e pressare a tutto campo, scolastico salvo picchi creativi nello smistamento dello stesso. Paradossalmente, un limite per certi versi in mediana ma una risorsa eccellente sulla linea difensiva, dove può sfruttare al meglio tutte le sue qualità.
Non sapremo, almeno fino al 2017, se quello di Pioli sia stato un semplice esperimento tattico dettato dalle condizioni non eccelse di Murillo o un nuovo corso per Medel. La risposta arriverà tra qualche settimana, quando il classe '87 tornerà a disposizione, anche se personalmente opterei per la seconda ipotesi. Pioli non è De Boer, non ha bisogno di sperimentare nulla perché conosce tutti i giocatori a sua disposizione, così come conosce gli avversari, in virtù di una lunga esperienza di calcio italiano e di un costante monitoraggio dello stesso durante la pausa post-Lazio. Chiaramente posso immaginare che contro avversari che sfruttano i centimetri sulle palle alte un Murillo sarebbe più opportuno, però avere la possibilità di scegliere risolverebbe il problema della carenza di alternative in difesa, permettendo, chissà, alla dirigenza di puntare su un nuovo innesto a centrocampo, riempiendo la casella lasciata da Medel. Ma che sia un profilo di qualità e, soprattutto, assente nell'attuale rosa: giocatore d'ordine, con piedi buoni e con la tendenza a garantire quell'equilibrio finora lacunoso. Chiamatelo pure playmaker, anche se non è un'etichetta necessaria.
Questo però è un altro discorso, gennaio è troppo lontano per pensare già ai ritocchi. Adesso Pioli, dopo Kondogbia (non ci siamo ancora...), deve cercare di recuperare Murillo, che tornerà necessariamente al suo posto al fianco di Miranda. Quello visto negli ultimi mesi, così come nel derby, non può essere definito l'emblema dell'affidabilità.
Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
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