Come ogni febbraio che si rispetti, l’universo nazionalpopolare italico serra le fila e si lascia andare alle melodie che da quasi settant’anni partono dalla riviera ligure per scandire la storia non solo della musica, ma in un certo qual modo anche della società nostrana: stiamo parlando, manco a dirlo, del Festival di Sanremo. Che ad ogni vigilia sembra essere sempre criticato, contestato, vituperato, con tanta gente a dire di guardarsi bene dal dedicargli anche solo un minuto. Salvo poi scoprire che andando in giro non si parla che di canzoni, ospiti e cantanti, l’Auditel fa registrare dati sempre clamorosi e sui social è un bombardamento continuo di commenti in tempo reale su qualsivoglia sospiro. Perché il festival, è inutile negarlo, è parte di noi, gagliardamente resistente ai vari passaggi anche travagliati della storia recente d’Italia, fiore all’occhiello del costume e dello spettacolo che fa parte del dna popolare.

La settimana del Festival di Sanremo è stata, inevitabilmente, anche la settimana dei tormenti di Luciano Spalletti; tormenti già alti che però i fatti degli ultimi giorni hanno contribuito ad accentuare, visto quanto è successo. Prima in campo, sabato scorso, nella sfida deprimente contro il Crotone: una partita che l’Inter aveva il dovere morale e non solo di fare propria, per poter definitivamente porre fine ad una critica serie senza vittorie, ma dove alla fine a fare la migliore figura sono stati gli avversari, guidati abilmente dall’ex Walter Zenga che si è preso applausi a scena aperta da tutto San Siro e non solo per il fatto di essere un amatissimo ex. 

Dopo aver visto la sua squadra sfigurare nel peggiore dei modi contro un avversario abbordabile, palesando una volta ancora una perdita di identità, per non dire di volontà (e non inganni il fatto che comunque la squadra rimane dentro l’obiettivo Champions e che alla fine è riuscita a guadagnare un punto sulla Lazio fermata clamorosamente in casa dal Genoa), Spalletti ha dovuto subire anche la ‘pugnalata’ alle spalle della pubblicazione di una sua presunta conversazione con alcuni tifosi della Roma nella quale avrebbe espresso dubbi sull’ambiente interista e sulle intenzioni della proprietà (oltre che sulla condizione di Francesco Totti all’ultimo anno da agonista), episodio che il tecnico ha poi commentato di par suo qualche ora dopo, al termine del match di Youth League tra Inter e Spartak Mosca al quale ha assistito dal vivo. Senza contestare il contenuto emerso, semmai mettendo all’indice le effettive intenzioni intrinseche alla resa pubblica di questo episodio.

Giorni difficili, quindi, per Spalletti, che ha smarrito praticamente tutte le certezze che faticosamente aveva provato a costruire nei primi mesi di lavoro all’Inter e che sta vivendo sulla propria pelle una situazione purtroppo diventata abituale dalle parti di Appiano Gentile, quella dolorosa tendenza a mollare le redini ogni qualvolta si arriva anche solo a percepire lontano un traguardo concreto o potenziale, segnale di una tenuta psicologica incredibilmente debole che finisce col creare più danni della grandine. Una colpa gravissima, specie adesso che l’Inter è ancora pienamente dentro il reale traguardo da centrare a fine campionato e non può farsi demoralizzare dal fatto di aver cullato fino a qualche tempo fa un sogno presumibilmente proibito. 

Uno Spalletti che però, ora, per spiegare i suoi dilemmi e provare a trovare le soluzioni, potrebbe anche trovare ispirazione anche solo ascoltando alcuni dei brani in competizione al Festival di Sanremo di questi giorni. Sì, ci piace giocare con la musica e mai come in questi giorni farlo è qualcosa di legittimo; per questo qui saranno proposte alcune chiavi di lettura del momento del tecnico di Certaldo traendo ispirazioni da alcune canzoni in gara (precisazione doverosa: l’intenzione è quella di fare accostamenti leggeri e possibilmente ironici tra i titoli o parti del testo e la situazione attuale dell’Inter, senza con questo voler snaturare il significato dei brani):

COSì SBAGLIATO – La canzone sancisce il ritorno sulla scena de Le Vibrazioni dopo l’annuncio della pausa dall'attività nel 2012. Anno, tra l’altro, dell’ultima partecipazione in Champions League dell’Inter. Sei anni dove di sbagliato c’è stato tanto, forse anche troppo, in casa nerazzurra. E dove purtroppo si persevera diabolicamente negli errori, da parte di tutti: da parte dei giocatori, dei dirigenti, anche delle proprietà che come servirebbe maledettamente in questa situazione nulla fa per esporsi e per chiarire quello che è lo stato dei fatti e magari anche per ridare un po’ di tranquillità ad un ambiente che ne ha disperatamente bisogno, oltre che per provare a fare un po’ di scudo dagli agenti esterni. Tanto, troppo di sbagliato, così sbagliato da risultare difficile da credere anche per un tecnico che alle situazioni lontane dalla normalità dovrebbe anche essere abituato.

IL MAGO – Perché adesso Spalletti non dovrà fare solo da allenatore con delega particolare alle pubbliche relazioni; in un momento dove l’Inter paga anche un’eccessiva prevedibilità sul piano del gioco, che si è convertita in una sterilità offensiva ai limiti dell’inquietante, il buon Luciano dovrà anche vestire i panni del mago e dovrà trovare nuove idee tattiche per ridare brio alla manovra. In questo senso, potrebbe anche contare su un aiutante arrivato da poco, quel Rafinha per il quale il tifo comincia a nutrire particolari auspici. Quanto sia pratico e legittimo affidarsi all’ultimo arrivato, poi, è materia sulla quale si può discutere a lungo…

UNA VITA IN VACANZA – Siamo forse ancora lontani dal sentirci dire da Spalletti ‘Arrivedorci’. Però chissà se nella sua mente, in questa situazione kafkiana, non sia balenato il desiderio di staccare anche solo per un attimo la spina, mollare tutto e andare via, lì dove nessuno ti rompe i… maglioni e dove nessuno ti dice ‘Sei fuori’ se sbagli, cosa successa a troppi allenatori dell’Inter negli ultimi anni quando magari altri elementi con uguali o maggiori responsabilità sono rimasti ben saldi al loro posto in campo o fuori. Forse ne avrebbe bisogno, anche se sappiamo bene che non è personaggio da chinare il capo anche di fronte alle situazioni più impervie.

NON MI AVETE FATTO NIENTE – “Prendo atto sul fatto che c'è un voler far male a me e all’Inter”. Questo il grido di Spalletti successivo alla pubblicazione dell’ormai famoso colloquio. Episodio non smentito nei fatti in sé, ma che comunque ha lasciato un bel po’ di strascichi. Sta ora a lui e ai suoi uomini dare una risposta adeguata, far capire che l’Inter è più forte di questi tentativi e più forte della tensione che sta attanagliando tutto l’ambiente nerazzurro. 

LETTERA DAL DUCA – Qui bisogna interpretare. Perché la lettera, anzi, la telefonata, non arriva da un duca come David Bowie ma da un Principe come Diego Milito, non contiene parti in inglese ma in spagnolo, e consegna all’Inter un bel sorriso. Perché grazie al lavoro di Milito e Javier Zanetti l’Inter ha messo le mani su un talento cristallino come Lautaro Martinez, punta del Racing Avellaneda ormai prossimo a vestire il nerazzurro. Colpo di prospettiva soffiato alle grandi di Madrid? Manovra preventiva per cautelarsi dall’eventuale partenza di Mauro Icardi? Di certo, parliamo di un ragazzo del quale si dice un gran bene e che promette di far alzare i… Decibel a San Siro nel futuro immediato.

ADESSO – Adesso… c’è poco da dire e da fare. C’è da rialzare la testa, staccandola magari da quei social ai quali tante grane sono state attribuite. C’è da riprendere il cammino smarrito, ci sono un Bologna da superare e una corsa Champions dove ogni punto guadagnato è oro e ogni punto perso è un macigno. C’è poco da chiacchierare e tanto da fare, perché il tifo di San Siro mugugna ma al tempo stesso resta vicino alla squadra, ed è ora che torni ad avere soddisfazioni.

Questa sera si spengono le luci nella città dei fiori, bisogna ora auspicare che domani tornino ad accendersi al Meazza. 
 

Sezione: Editoriale / Data: Sab 10 febbraio 2018 alle 00:00
Autore: Christian Liotta / Twitter: @ChriLiotta396A
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