La cosa più difficile da fare, dopo una simile prestazione, è iniziare l'analisi partendo dalla prima causa. Vado per esclusione. Non si perde in casa con un risultato del genere perché è stata una brutta giornata. Non si perde 1-4 perché, come qualche tifoso ha scritto sui social network, la squadra è persino più debole dell'anno scorso. Si fa invece diventare il Cagliari meglio del Real Madrid semplicemente approcciando alla gara svagatamente, con un incomprensibile complesso di superiorità. E si gioca tanto male quando la squadra non ha un'identità di gioco, la quale, vorrei precisare a chi insiste su questo tasto, è una cosa che non ha niente a che vedere con la scarsa qualità dei giocatori. Il Cagliari ad esempio ha una qualità inferiore ma il suo gioco è riconoscibile. L'Inter no e se approccia male anzi malissimo le partite, come spesso le accade, può anche succedere che Ekdal sembri Di Maria.

I prodromi di questo disastro si erano manifestati già con le parole di Ranocchia, il quale si cimentava in una conferenza stampa piena di ottimismo. Il capitano faceva capire che nessun obbiettivo era lontano se l’Inter ha la giusta fame. 
La storia del calcio insegna una singolare correlazione tra le dichiarazioni di metà settimana cariche di animus pugnandi “non temiamo nessuno”, di orgoglio societario “siamo l’Inter, sono gli avversari che ci devono temere” e i risultati che, immediatamente dopo, vanno ad abbattersi proprio su una prestazione molto al di sotto dello standard. In sostanza più le dichiarazioni sono gonfie e più la squadra gioca poi male.

La causa di questa domenica sciagurata che ha reso i giocatori dell’Inter dei complici del Cagliari, piuttosto che degli avversari degni di questa maglia risiede, secondo chi vi scrive, proprio nell’approccio. Posso capire chi si affanna a dire che l’Inter è sopravvalutata, così come all’opposto sostiene che la squadra possa ambire al terzo posto (anche perché fino ad oggi non ci sono squadre che stiano molto meglio). Ma è palese che se una squadra passa 45 minuti a guardare attonita l’avversario correndo la metà, sbagliando appoggi, movimenti difensivi, facendosi superare sul piano del gioco, senza mai tirare in porta, perdendo quasi ogni contrasto, la causa non sia nella pochezza dell’Inter ma proprio in cosa avessero in testa i giocatori quando sono entrati dentro San Siro, ovvero il campo che gli avversari dovrebbero temere (Ranocchia dixit).

Qualcuno rimarrà deluso dal fatto che non ho citato ancora Mazzarri. In realtà, pur parlando del gioco o dell’atteggiamento collettivo, anche recentemente avevo parzialmente sorvolato sulle sue responsabilità. Nonostante questo qualcuno è riuscito a leggerci righe cariche di attacchi insensati al tecnico. La questione è diventata più seria perché chi attacca Mazzarri ora è più numeroso di chi lo difende. E nessuna delle due parti è più disposta a ragionare. Anche dopo questa sconfitta i mazzarriani si sono subito schierati a favore del tecnico con un aggressività fuori luogo. Male o bene che sia il dibattito ottuso non serve a nessuno. Paradossalmente ritengo, senza aver mai cambiato idea, che questo sia un buon allenatore. Professionale, metodico, preparato e con tanta esperienza.

Ma se non lo ritengo calzante all’Inter è proprio perché credo fermamente che non tutti gli allenatori siano adatti ad ogni piazza. L’ambiente, le aspettative, il momento storico di una società incidono fortemente nel rendimento di un atleta come di un tecnico. Basti pensare ad Allegri, ricordato dai milanisti come un allenatore fallimentare e dal gioco solo muscolare e capace invece di rendere ad oggi la Juventus una squadra non meno forte di quella allenata da Conte. Mazzarri ha la colpa di essere Mazzarri, bravo ma con dei limiti, oltretutto in una società che gli ha fatto una campagna acquisti decorosa e, cosa più importante, su misura.

Non so se questo appunto farà sobbalzare nuovamente i mazzarriani gridando all’incompetenza di chi non lo ama. 
Spero solo che riescano a capire che se scendi in campo con lo stesso approccio avuto col Torino, il Palermo e il Cagliari è evidente che le responsabilità dell’allenatore siano evidenziate. Così come l’immaturità dei giocatori, indisponibili a essere continui. I giudizi su un'Inter letta come terza forza del campionato, dopo la gara con l’Atalanta, si sono rovesciati improvvisamente perché non è da squadra Champions perdere, pur in dieci per tre quarti di gara, contro un avversario nettamente inferiore.

La sensazione è che, esattamente come l’anno scorso, avremo dei picchi in alto e in basso. Perciò chiedo ai giocatori di evitare proclami, di non tweettare gioia e ambizioni dopo una vittoria col Sassuolo per poi puntualmente deludere tifosi e opinione pubblica.
Amen.

Sezione: Editoriale / Data: Lun 29 settembre 2014 alle 00:00
Autore: Lapo De Carlo
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