E' francamente insopportabile l'estremo tentativo di restare nel mezzo. No, non è vero che la ragione sta sempre nel mezzo. Ci sono fatti oggettivi, inconfutabili: se è nero non può essere bianco. E la ragione non sta nello scegliere il grigio. E allora perché avere paura di dire le cose come stanno? Perché ovattare la verità palese? Lo si fa per essere più credibili anche agli occhi di chi non la pensa come noi? Resta un tentativo vigliacco. Come quello che porta a parlare solo di un caso da moviola quando ce ne sarebbero molti di più. Pare di esagerare e allora si riduce il discorso per non sembrare di parte. Una paura che sfocia nell'approssimazione e che non rende giustizia ai fatti.

Siamo un popolo di ignavi, terrorizzati dal solo pensiero di prendere una posizione. Lo è l'italiano a tutti i livelli e il mondo del calcio non fa eccezione. Dai calciatori agli addetti ai lavori, passando – ovviamente – per la classe arbitrale. Ecco perché è molto più facile accordare una punizione a un difensore che 'sviene' piuttosto che far correre e lasciare che l'attaccante vada solo contro il portiere (Alex Sandro-Icardi vi ricorda qualcosa?). Nei campi italiani si fischia per convenzione, per abitudine. E così i giocatori sono bravi perché "si fanno fare fallo". Capite? Il fallo non viene commesso, ma viene "cercato". E così l'impercettibile trattenuta di Perisic su Chiellini viene fischiata, mentre quella evidente di Lichtsteiner su D'Ambrosio no. Il motivo? Proprio quello: l'ignavia. Un conto è prendersi la responsabilità di dare rigore, un altro lavarsene le mani. "Meglio due feriti che un morto", giusto?

Un atteggiamento che poi riscontriamo anche nei media, anch'essi parte dell'ingranaggio malsano. Una parte anche bella corposa. Perché tacere o non dare il giusto risalto a quanto avvenuto allo Juventus Stadium, ad esempio, è inammissibile. L'Inter ha giocato la sua degnissima partita: equilibrata, intelligente, tosta. "Il calcio è fatto di episodi", ci raccontano. E un episodio – il grandissimo gol di Cuadrado – ha deciso la contesa. Ma di episodi ce ne sono stati parecchi: equamente divisi quelli leciti (gol mancati), per nulla bilanciati quelli meno leciti (casi da moviola). Che alla fine portano erroneamente ma comprensibilmente a sbottare al fischio finale. La beffa dopo il danno: piovono squalifiche (2 turni a Icardi e 2 a Perisic).

Ribadiamo: non si sta riducendo tutto a un rigore non dato. Qui c'è in gioco la credibilità stessa del calcio italiano, perché si discute sul metro di giudizio che è puntualmente dissimile ogni volta. E allora Totti può mandarti affanculo cinque volte a brutto muso, Bonucci può urlarti nell'orecchio e Higuain può inveire con veemenza anche per un misero fallo laterale. Tutto ammesso. Ma se poi a protestare è Perisic – dopo 95 minuti di frustrazione e dopo essersi visto fischiare contro un fallo di confusione che sa tanto di "sbrighiamoci a fini' 'sta partita" - allora no, allora scatta il cartellino rosso. E scatta pure la carovana mediatica che quasi invoglia il Giudice sportivo a stangare i contestatori. Già in Tim Cup con la Lazio c'erano state penalizzazioni piuttosto evidenti sotto il profilo arbitrale, ma a Torino si è tornati a respirare un'aria pessima che rimanda la memoria a incubi passati. 

Suning ha lanciato la sfida a chi domina in Italia, lo hanno detto tutti. E si sa: quando si sfida il potere, quando si tenta di sovvertire lo status quo, c'è sempre il rischio che te la facciano pagare nel modo in cui sanno e nel modo con il quale possono.

"Abbassiamo i toni. E' stato così che voi italiani avete costruito una storia che a me, come professionista di calcio e come persona che guadagna la sua vita nel calcio, ha fatto una vergogna terribile. Quando ho saputo di Calciopoli, mi sono vergognato nel dare da mangiare alla mia famiglia con i soldi del calcio. Però adesso abbassiamo i toni, non parliamo di niente...". Una lezione preziosa, quella di José Mourinho. Una lezione che dovrebbe far riflettere.

 

"Questi non hanno speranza di morte
e la lor cieca vita è tanto bassa,
che 'nvidiosi son d'ogne altra sorte.
Fama di loro il mondo esser non lassa;
misericordia e giustizia li sdegna:
non ragioniam di lor, ma guarda e passa".

(Dante Alighieri, Inferno III, 31-51)

Sezione: Editoriale / Data: Mar 07 febbraio 2017 alle 00:00
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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