Quattordici tocchi. Questo il numero di palloni giocati direttamente da Mauro Icardi nel match di Torino. Una cifra che – più o meno – rispecchia lo standard dell'argentino, sempre poco coinvolto nella manovra. Il numero 9 nerazzurro è uno stoccatore sopraffino, con pochi eguali al mondo per rapacità negli ultimi 16 metri. Ma non può essere un caso se le sue prestazioni continuano ad essere altalenanti e scandite dai gol, fatti e non.

L'Inter torna a casa con zero punti dalla trasferta piemontese nonostante una difesa ancora una volta quasi perfetta e una mole di gioco notevole. Prendere un golletto, specie se in trasferta e in modo fortuito, ci sta. La Juventus, per dire, a Benevento ne ha beccati due. Così come uno ne ha preso la Lazio a Udine e il Napoli in casa dal ChievoVerona. Succede, fa parte del gioco. Non sempre la porta può restare inviolata. Quello che non va per niente bene è quando agli avversari basta proprio quel golletto per portare a casa punti pesanti. Un ritornello che troppo spesso si è ripetuto in stagione.

Rispetto alla prima parte di campionato, Luciano Spalletti ha apportato alcune modifiche sostanziali al suo schieramento e, soprattutto, ci sono interpreti diversi in ruoli chiave. Cancelo è un valore aggiunto non di poco conto, tanto che Candreva ora si accentra per lasciare spazio alle sue scorribande e il giochino funziona. Così come funziona Rafinha sulla trequarti. E poi Brozovic nel cuore del centrocampo, catalizzatore di una manovra più verticale, più brillante e più incisiva.

Cosa sta mancando? Il gol, molto banalmente. Ma non solo. Torniamo al numero 14 e raffrontiamolo a quello di Belotti: il granata, rispetto a Icardi, ha toccato 41 palloni. Quarantuno. Non sempre con 14 tocchi fai 4 gol come a Genova o 2 come col Verona. Succede – più spesso di quanto si pensi – che Icardi chiuda le sue partite con nessun gol segnato e, soprattutto, con poco apporto al gioco di squadra. Qui non si tratta di caratteristiche peculiari o di manovra. No. Qui si tratta di giocare a pallone, cosa che Icardi fa poco, pochissimo. "Però in area è infallibile", dicono. E invece no: il derby, per dire, dimostra come Icardi non lo sia. Ma chi lo è? Nessuno. C'era Higuain che nell'ultimo anno di Napoli segnava a ogni starnuto. Poi la sua media-gol è fisiologicamente calata, ma di certo non ha mai fatto mancare l'apporto alla manovra. Stesso dicasi per tantissimi altri attaccanti che, oltre a segnare, giocano anche a calcio e fanno segnare i compagni. Immobile è un altro esempio lampante.

Ecco perché i giudizi su Icardi sembrano impazziti: o fa 4 gol e prende 9 in pagella oppure risulta un corpo estraneo, quasi un peso. Logica conseguenza di chi vive solo per il gol. E magari anche per questo troviamo nell'Inter pochi marcatori alternativi: il gioco sfocia nelle conclusioni di Icardi. Punto. Raramente lo spartito muta. Quasi una schiavitù, che conduce – fatalmente – a partite come quelle col Sassuolo, col Milan, col Torino.

L'infallibilità non è un valore. L'intelligenza tattica lo è, il saper colpire di testa lo è, il saper contrastare lo è, il saper calciare le punizioni lo è. Da qui l'equivoco che fa male a tutti. E, soprattutto, a Icardi stesso. Maurito, come chiunque, ha dei limiti. Il primo passo per migliorarsi è quello di riconoscerli. Ma il prezzo non lo può e non lo deve pagare l'Inter. 

Sezione: Editoriale / Data: Mar 10 aprile 2018 alle 00:00
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
vedi letture
Print