Houston, abbiamo un problema. Direttamente dal Texas, dove tra poche ore andrà in scena il derby amichevole di lusso tra il suo United e il City, José Mourinho lancia un grido d'aiuto alla dirigenza dei Red Devils segnalando le difficoltà di allunaggio del suo equipaggio in missione in giro per il calciomercato più strano degli ultimi anni.
E' bizzarro che al 20 luglio sia il manager del club più ricco del mondo a denunciare le complessità di una campagna acquisti che fino ad ora conta 'solamente' due innesti, seppur molto pesanti dal punto di vista dell'esborso economico: a Old Trafford, infatti, sono arrivati prima Victor Lindelöf e poi Romelu Lukaku per un totale di 113 milioni di euro. Uno sforzo notevole, ma evidentemente non bastevole allo Special One per renderlo l'Happy One: proprio lo stesso Mago di Setubal, dopo aver detto che la squadra non è così grande come si vuole far credere (il parametro è la Premier, dove l'anno scorso è arrivato sesto), ha ammesso che nei suoi desiderata aveva messo quattro elementi per elevare il valore della rosa, una lista dalla quale, viste le contingenze di questa estate imprevedibile, sarebbe pronto a depennare una new entry.
I motivi di questo passo indietro sono dipendenti dalla volontà di non procedere a spese folli della società che ha il fatturato più alto del globo, ma anche da questioni esterne non controllabili dal board di Old Trafford. Tra queste ultime, senz'altro, si inserisce la resistenza di quei club che non vogliono privarsi delle loro stelle, se non di fronte a offerte irrinunciabili. "Il mercato – ha sentenziato Mourinho - sta andando nella direzione in cui molti giocatori sono difficili da comprare, non dico impossibili. Ogni club è potente, non vuole vendere oppure le loro richieste sono veramente alte".

Il guaio vero in tutto questo è che non si sta nemmeno parlando del mercato elitario che muove gente come Ronaldo e Neymar (su entrambi è finita, in diversi momenti, la lunga mano dello sceicco del PSG Al-Khelaïfi), ma si tratta di trasferimenti di fascia alta nei quali un club nobile alla ricerca delle glorie antiche va a fare la spesa in un altro che appartiene momentaneamente ad una classe inferiore nella piramide del calcio mondiale. L'impotenza di Mourinho, insomma, si materializza nel momento in cui la sua dirigenza lo informa che il gioco al rialzo del'Inter per Ivan Perisic - perché di lui si sta parlando - sta portando la trattativa inaspettatamente per le lunghe. In un secondo momento, poi, subentra l'incredulità nel constatare che si debba tribolare così tanto per un giocatore che non si posiziona nemmeno nella top 10 dei giocatori più forti del mondo. "Sono abituato a club che pagano grandi cifre per i grandi giocatori. Ora tutti pagano tanti soldi per i buoni giocatori", il commento amaro a cui si è lasciato andare Mourinho in conferenza stampa, anche se nessuno può affermare con certezza che il riferimento fosse all'operazione relativa all'esterno croato nerazzurro.

Quel che è lampante è che da Milano attendono da diverse settimane l'arrivo del bonifico dall'Inghilterra, e qua c'è tanto di prova audio a firma Walter Sabatini: "Perisic? Sapete tutti quello che vogliamo. L'offerta giusta non è ancora arrivata", ha detto il coordinatore tecnico di Suning Sports ai microfoni di Sky prima dell'imbarco per la Cina.
Paese nel quale poche ore prima, a Changzou, Luciano Spalletti aveva fornito il suo punto di vista sulle strategie di mercato dei suoi direttori, dopo aver precisato che la gestione sportiva del separato in casa Perisic prevedrà lo schieramento in campo di quest'ultimo dopo il forfait di Brunico. "Fino ad ora non è stato un mercato facile, sono però soddisfatto dell'impegno dei direttori. Non dobbiamo fare le cose in fretta perché abbiamo una rosa di qualità", ha dichiarato il tecnico di Certaldo ai giornalisti che gli chiedevano lumi su una campagna rafforzamento che stenta a decollare.

Parole che, se confrontate in controluce con quelle pronunciate dal demiurgo del Triplete nerazzurro, fanno emergere la paradossalità di un mercato che a 40 giorni della sua conclusione vede far capolino la fiducia sulle sponde del Naviglio e la disillusione tra i Mancunians. In mezzo c'è Ivan Perisic e un epilogo già scritto a far da ago della bilancia. Per la gioia contenuta di José e la preoccupazione malcelata di Luciano.

Sezione: Editoriale / Data: Ven 21 luglio 2017 alle 00:00
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
vedi letture
Print