Roberto Mancini non necessita di avvocati difensori. Nemmeno se d’ufficio come posso essere io. Ma vederlo con il viso rilassato, ancorché stanco, mi ha rinfrancato l’animo sportivo e calcistico. Sissignori. Perché forse, il forse è sempre d’obbligo con la squadra attuale, abbiamo finalmente un gruppo che lo segue e ha iniziato a capire e comprendere il linguaggio di Roberto da Jesi.
Nulla di trascendentale, intendiamoci; si è vinto per molti nostri meriti e per altrettanti demeriti avversari. Però, in sostanza, il triplo cambio finale, con inevitabile avanzamento del baricentro, ha sancito un modo e una maniera di fare calcio che deve essere il mantra della formazione futura. Si gioca per il successo. Altro non esiste. E osservare finalmente Kovacic rincorrere l’avversario, strappargli il pallone e ripartire è, opinione personale, un segno del cambiamento in atto.
Che è mentale prima che fisico. Che è vedere Vidic dirigere la difesa con sicurezza, confortando i compagni di reparto e offrendosi sempre come spalla sulla quale appoggiarsi nei momenti critici o difficili. O affidare, finalmente, le chiavi del centrocampo a un Hernanes tornato ai livelli del grande giocatore visto a Roma, sponda Lazio, pur se non ancora al massimo della forma.
Si è parlato e sparlato troppo di storie poco vicine alla realtà. Di spogliatoio più simile a una polveriera che ad altro. Di poveri atleti vessati e infelici, giurin giuretta pronti a fare le valigie alla prima occasione, alla prima offerta decente, pur di andarsene da Mancini e dalla sua incompetenza calcistica. Esatto, questo si diceva. Di questo si parlava. In lunghe ed estenuanti discussioni, costruite più per una atavica fame di polemica che per una vera situazione interna al club coi colori del cielo e della notte. Se ne sono sentite di tutte. Il massimo, il clou, è stato sapere che l’attuale tecnico rischiava l’esonero. Davvero, non sto scherzando; si è fantasticato anche su questo.
Cerchiamo di capire cosa è capitato e cosa sta capitando all’interno della rosa. O, perlomeno, di dare spiegazioni logiche e, soprattutto, non figlie di voci tipo Poltergeist. Hernanes e Vidic sono sulla via del recupero abbiamo scritto. Vero. Il primo, relegato per svariate partite dal Mancio sulla fascia, si sta riprendendo fisicamente da un infortunio che lo ha perseguitato dal suo arrivo ad Appiano Gentile. E, con la condizione che lo sorregge, anche l’aspetto mentale di un atleta cambia. È una conseguenza logica. Non appena ha avuto il sentore di un miglioramento vero, non fittizio, ecco che l’allenatore gli ha consegnato le chiavi dell’attacco. E non ci sono stati né procuratori né amici di famiglia che sono andati a lamentarsi in Società. Al talentuoso centrocampista brasiliano non servivano; lui e Mancini parlano tecnicamente la stessa lingua, e il tecnico di fatto lo ha aspettato. Perché, magari mi sbaglio e mi correggerete, non ho sentito accostare seriamente in sede di fanta-mercato giocatori con le sue caratteristiche ai nerazzurri.
Il secondo, Nemanja, dal suo arrivo ne ha viste di tutti i colori. Costretto a disporsi sulla linea a tre, lui che nella sua lunga e luminosa carriera aveva solo e soltanto giocato a quattro, ha balbettato parecchio. Un paio di svarioni ne hanno poi minato anche certezze ed equilibri mentali sportivi. Con l’avvento dell’attuale allenatore il serbo è sembrato essere stato messo da parte. Ma, in realtà, si è semplicemente trattato di un accantonamento momentaneo, un periodo di riposo e relax psico fisico utile all’ex capitano dei Reds per ritemprare mente e gambe. Oggi Vidic è il leader. Riconosciuto anche dagli stessi compagni di squadra. Ormai è il titolare. E già l’aver ritrovato questi due è un punto di partenza importantissimo per la squadra che verrà. Si potrebbe ad esempio pazientare nella affannosa ricerca di un difensore. Così come sapremmo di avere in casa chi, in un ipotetico 4-2-3-1 che tutti considerano come il modulo dell’Inter manciniana del domani, sarà in grado e di stare al centro dei tre dietro la punta. Ma non solo. Perché la duttilità di Hernanes può consentire all’Inter di camuffarsi camaleonticamente durante la stessa partita.
Affiancate ai due succitati Santon, Shaqiri, Brozovic, Icardi e, perché no, tralasciando l’orrore di sabato sera anche Ranocchia. Il portiere non consideriamolo un problema, perché non lo è. Se Handanovic deciderà di restare saremo tutti contenti; se invece vorrà cercare fortuna in altri lidi… io me ne farò una ragione, con mille grazie per il suo prezioso lavoro. Dunque, dicevamo, al netto ne mancano tre. Tre innesti di rilievo per fare di questa squadra, spesso balbettante e troppo poco convincente, una signora squadra. Che forse non sarà in grado di lottare da subito per il tricolore. Forse no. Ma, di certo, sembra avere il giusto mix di gioventù ed esperienza, tecnica e agonismo.
Sarebbe quanto mai stupido negare errori dell’allenatore jesino. Ha sbagliato, come è giusto che sia. Mi è già capitato di aver scritto sul tema e lo rifaccio con piacere: Roberto Mancini non è Houdini e nemmeno il mago Merlino. Ha scelto di fare un lavoro assai stressante, dirigere un gruppo di calciatori. Dal mio punto di vista la sua carriera fino ad oggi parla per lui. Certo, quelli attenti obietteranno con ragione che mancano nel palmarès del tecnico trofei continentali. Vero. Ed è proprio per questa ragione che non lo annovero ancora nella schiera dei grandissimi. Ma, perdonatemi, dei grandi sì.
Non è, scrivevo, un mago. Però i continui attacchi… le critiche senza logica… il chiacchiericcio fine a se stesso… Ho la presunzione di conoscere il calcio, per se sommariamente; e il lavoro di un allenatore non si giudica dopo quattro mesi. È scorretto e illogico. Criticheremo, se e quando sarà il tempo giusto per farlo. Magari tra otto mesi, magari tra un anno. Ma con i suoi uomini, il suo credo tattico, la sua preparazione estiva.
Mi piace chiudere con un pensiero per i tifosi nerazzurri. Non credete a tutto ciò che vedete o ascoltate. Non credete a guru veri o presunti, a chi vi dipinge Appiano Gentile come un girone infernale di dantesca memoria, a chi cerca di alimentare polemiche laddove non ce ne sono. Ogni spogliatoio ha le sue luci ed ombre, liti e incomprensioni. Fa tutto parte del gioco.
Intanto sono contento per la gestione di Inter-Roma. Ho rivisto il Mancini di inizio carriera. Del vincere, al di là di tutto e di tutti.
Finalmente. Un sassolino dalla scarpa se l’è sicuramente levato. Vediamo di togliercene altri.
Buona settimana a Voi.
Autore: Gabriele Borzillo / Twitter: @GBorzillo
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