Il fatto che il derby sia finito come abbiamo visto non cambia quel che Stefano Pioli ha dichiarato qualche tempo fa: il finale di stagione serve per porre le basi in vista della prossima stagione. Anche con una gara in meno e con la zona europea un po' più difficile da raggiungere, l'obiettivo è lo stesso. Suning vuole vincere e per farlo, anche con tutti gli acquisti del mondo, serve carattere. Personalità. C'è una settimana di tempo per trovarla e dimostrare con la Fiorentina che da qualche parte ne è rimasta un po', in modo da doverne immettere di meno (tramite acquisti) per la prossima stagione).

Contro il Milan della personalità di cui sopra ne è mancata fin troppa, nella seconda parte della gara. Appena la squadra ha subito il gol del 2-1 non ha più capito nulla. Si è difesa, ha chiuso ogni spazio, si è rintanata nella propria metà campo, ma non ha più giocato il pallone. Solo rilanci, grandi calcioni alla palla, campanili a ripetizione. Anche da parte di giocatori dalla comprovata esperienza come Miranda o dalla buonissima tecnica come Gagliardini.

Chi oggi si affanna a sottolineare l'inserimento di Murillo, quinto difensore in campo al momento del suo ingresso, come una mossa perdente è magari lo stesso che nell'era Mourinho esaltava il pragmatismo del lusitano: se si perde o si pareggia va in campo un attaccante in più, se si vince entra un difensore. Se ne deduce che il problema non è di ruoli, dato che il portoghese vinceva. Il guaio è che se entra Materazzi non è come avere a disposizione il colombiano e mancano quei leader con anni di battaglie e di Inter alle spalle capaci di trasformare anche il Luis Jimenez di turno in un giocatore utile alla causa, libero da condizionamenti mentali.

Più di qualcuno vede Pioli come un "dead man walking" e non ha così torto. Purtroppo il tecnico non è riuscito a tirare fuori il sangue dalle rape per un periodo più lungo di quattro mesi e all'Inter non è sufficiente. Non c'è perdono per chi non fa punti, a prescindere dal materiale umano. Se non si riesce a far sì che la squadra renda, paga chi non la fa rendere. Il perché è facile da comprendere: un allenatore non si deve piazzare a nessuno, lo si esonera e il gioco è fatto. Provate voi a cedere un calciatore in esubero a due o tre milioni annui di ingaggio. La vera impresa di Suning sarà questa, ancor più che trovare gente in grado di reggere sotto pressione.

Sezione: Editoriale / Data: Mar 18 aprile 2017 alle 00:00
Autore: Mattia Todisco
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