Ti prosciuga, Luciano Spalletti. Ogni sua conferenza è una prova di forza per chi prende appunti o semplicemente prova a interpretarme le parole. Ieri al Suning Training Centre l'allenatore dell'Inter è parso un gran forma, con tanta voglia di parlare, rispondere, spiegare, puntualizzare. Chi va al di là dell'aspetto meramente temporale e non prende impegni prima di un'ora e mezza, non può che apprezzare l'esposizione semplicistica e tremendamente efficace di concetti per natura alla portata di tutti ma troppo spesso appesantiti da zavorre inutili.

Ho apprezzato numerose argomentazioni, soprattutto quelle che hanno ribadito la centralità dei giocatori rispetto a se stesso, l'elogio agli stessi per quanto mostrato durante questa prima quarantena di lavoro, la richiesta esplicita di scendere in campo per essere in blocco unico, anche con i tifosi che affidano a loro le proprie speranze. L'ennesimo richiamo alla responsabilità che i calciatori dell'Inter portano in dote, non solo per la maglia che indossano ma anche per la loro professionalità e per quanto accaduto la scorsa stagione. Sembrano concetti astratti, certo, ma a volte le parole giuste smuovono montagne.

Schietto oltre modo, Spalletti ha ovviamente parlato di un mercato al di sotto delle aspettative, sicuramente per i tifosi, probabilmente anche per lui. Ma chi si aspettava che sbroccasse contro la dirigenza alla sua prima occasione utile è rimasto deluso. Ha sì sottolineato come si fosse illuso leggendo i giornali, ha condito con tanta ironia queste sue aspettative (magari non al cancello del centro sportivo, però da dentro avrebbe accolto volentieri un paio di top player. Tutto improfumato), ha fatto da sponda a Sabatini quando le domande sono diventate più pungenti, ha ribadito la fiducia nei suoi attuali giocatori. Ma ha mostrato più di un segno di momentanea insoddisfazione, soprattutto quando ha analizzato quello che lui stesso ha definito un "mercato normale" come quelli a cui è abituato. Le tanto enunciate promesse? Mai esistite. O meglio, fingere che sia così.

Finora la campagna acquisti dell'Inter è stata decisamente meno roboante rispetto alle premesse, rispetto a quella arroganza citata dallo stesso Walter Sabatini, che mirava dichiaratamente in alto per implementare la squadra, consapevole delle difficoltà nel convincere i club a cedere i propri campioni. Il vero problema è quel misterioso punto di rottura che ha portato da cotanto oniriche aspettative alla necessità di prendere giocatori normali solo in prestito o a condizioni favorevoli. Si è passato da un budget di 50 milioni per Arturo Vidal o Angel Di Maria alla ricerca di un Mangala qualsiasi in prestito secco per carenza infausta di difensori, o di condizioni finanziarie leggere per Patrik Schick. Cosa è cambiato nel frattempo? Ci si è accorti della persistenza del Fair Play Finanziario? Suning ha subito restrizioni dal Governo cinese di cui ignoriamo le ragioni e l'esistenza? 

Ad oggi è un mistero, però le aspettative presso i tifosi non nascono solo dai titoli dei giornali. Anche chi rappresenta la società ha più volte ribadito le sue rinnovate ambizioni pure sul mercato. Che al momento potrebbe essere definito funzionale (suona meglio di normale), e si cadrebbe comunque in piedi perché alla fine conta quello che succede sul rettangolo di gioco. A partire da stasera, contro la Fiorentina. Provo a essere ottimista e lo sarò fino al 1° settembre: magari Suning sta semplicemente preservando il budget stanziato per un grande colpo, in arrivo a fine agosto. Chiave di lettura dura da accettare in questa fase storica, ma non scartabile. Perché se è vero che la proprietà finora ha investito 370 milioni di euro nell'Inter, è altrettanto insensato ritenere che non voglia rinforzarla a dovere. Altri undici giorni e sapremo, poi sarà tempo di bilanci e delle spiegazioni. Intanto, stasera tutti a sostenere la squadra senza se e senza ma.

Chiosa finale: Schick va preso a tutti i costi, sia perché è un fuoriclasse progetto sia perché sarebbe una goduria se qualcuno si pentisse di averlo sedotto e abbandonato; se Joao Cancelo imparasse presto a muoversi in campo senza TomTom, sfoderando il proprio talento, l'eredità migliore lasciataci da Kondogbia sarebbe proprio il suo ammutinamento.

Sezione: Editoriale / Data: Dom 20 agosto 2017 alle 00:00
Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
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